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04 aprile 2025
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Piccola Elena
di Rinaldo Battaglia *

Queste le ultime parole scritte da Elena: “Devo darti una notizia meravigliosa! Oggi mi hanno annunciato che finalmente potrò raggiungere i miei genitori! Andrò anch’io nel campo tedesco dove lavorano e così li potrò rivedere e stare con loro. Non c’è bisogno che tu mandi pacchi, non preoccuparti più per me. Sono tanto felice! Parto domani per la Germania”.

La cartolina era del 4 aprile 1944 o almeno di qualche giorno prima del 5, perché dopo il 5 aprile Elena non scriverà più a nessuno. Aveva un biglietto, di sola andata, assegnatole sul treno che da Fossoli partiva in direzione di Auschwitz. Sarà un lungo viaggio, diverso dalle aspettative e dalle promesse ricevute. Durerà 5 giorni e all’arrivo, il 10 aprile, il suo posto sarà dentro una camera a gas.

Da sola, sebbene avesse soltanto 10 anni. Da sola senza papà e mamma, ma assieme ad altre migliaia di vite destinate alla morte.

Da sola perché era partita convinta di andare a riabbracciare il papà Sandro (Alessandro Colombo) e la mamma Vanda (Wanda Debora Foa), andati via senza di lei a fine gennaio per lavorare lontano. Non sapeva che la madre era stata gasata al suo arrivo, subito, immediatamente già il 6 febbraio ’44, in quanto ‘inutile’ e ‘non degna di vivere’ secondo le regole dei padroni nazifascisti.

Non sapeva dove fosse il padre, diventato matricola n. 173417 che di lavoro, nel lager dei lager, morirà qualche mese dopo (30 novembre). Eppure Elena era stata una bambina felice almeno fino ad una certa data. Suo padre Sandro nella Grande Guerra era stato 'soldato del re', grande uomo, onesto e lavoratore. Coi primi soldi aveva aperto una piccola fabbrica di imballaggi a Torino, amava sciare e quando conobbe Vanda capì che aveva raggiunto la felicità. Poco dopo il matrimonio, nel 1933 nacque Elena, desiderata come non mai. Era il frutto del loro amore.

Ma in ogni favola arriva sempre la strega cattiva, con le sue invidie e cattiverie. Erano italiani, erano ‘di razza inferiore’ secondo le leggi dei criminali fascisti che comandavano allora e nelle loro leggi era scritto che Sandro, Vanda e la piccola Elena erano nemici. Criminali fascisti, che altro?

Già il 5 ottobre 1939 ad Elena era stato vietato di di frequentare la scuola pubblica, come facevano invece gli altri suoi amichetti, ma ne aveva conquistati altri nella scuola ebraica di Torino. Ma con la guerra le cose peggiorarono e anche vivere a Torino – spesso di notte bombardata – non era facile. I genitori decisero così di trasferirsi a Rivarolo Canavese e oltre agli amichetti ora Elena doveva lasciare anche Flait, l’adorato cane pastore. Non si poteva portarlo con loro. Come non poteva più andare a sciare, come il padre le aveva bene insegnato.

L’8 dicembre 1943 – giorno di festa per gli italiani in onore dell’Immacolata – su gentile invito dei fascisti di Torino, arrivarono alla sua casa un reparto di nazisti. Con le bave alla bocca, come gli orchi nelle storie cattive. Papà Sandro e la mamma Vanda vennero spediti nel carcere alle Nuove di Torino, poi trasferiti a San Vittore e infine, il 30 gennaio 1944, il viaggio senza ritorno ad Auschwitz.

Si racconta che al momento dell’arresto un ufficiale fascista – in un attimo di coscienza in un mondo criminale - abbia diviso il 'destino' dei genitori con quello di Elena, che venne così destinata ed affidata ad una famiglia amica. Ma gli orchi non amano non potevano permettersi sconti o abbuoni: era ebrea, era solo una bambina di 10 anni, ma era ebrea. Per Mussolini e i suoi figli della lupa ' bambina di razza inferiore'.

Il 9 marzo 1944 le S.S. così la ripresero e la trasferirono inizialmente alla Charitas, un istituto laico torinese che accoglieva ‘l’infanzia abbandonata’ e qualche settimana dopo, il 25 marzo, la deportarono a Fossoli in attesa del primo vagone utile. Per non avere problemi le guardie fasciste della R.S.I. e le S.S le dissero che quel treno l'avrebbe portata 'da papà e mamma' che da tempo la stavano aspettando. Elena contentissima. Come tutte le bambine felici non riuscì a contenere la sua gioia e volle subito trasferirla, a mezzo lettera, anche alla sua amica Bianca, che diverrà presto una staffetta partigiana col nome di battaglia di Kira.

La Storia di Elena si fermò qui e se oggi se ne parla è grazie ad un’anziana signora torinese, Piera Billotti, che ave a promesso di far ricordare ‘quella famiglia di ebrei che viveva nel loro palazzo, a Torino, in via Piazzi’. Piera ha consultato archivi e raccolto testimonianze, e nel gennaio dell’anno scorso tre pietre d’inciampo sono state posate davanti al portone di via Piazzi. E grazie a lei - in occasione della Giornata della Memoria 2023 - sulla storia di Elena 'Rai Storia' ha prodotto e divulgato un documentario.

Il Sommo Poeta un giorno scrisse, con la sua immensa poesia, che ‘è da uomo malvagio ingannare colla menzogna’ e non si riferiva, di certo, al caso in cui ad esser tradita fosse stata una bambina. L’Italia del ventennio fascista è stata anche questo.

Io continuo a chiedermi perché ci siano ancora persone che lo difendono, che dedicano vie a uomini di Mussolini, premier che neanche hanno il coraggio di dire chi ha promulgato le leggi razziali che hanno ucciso migliaia di nostri connazionali (Meloni, Roma 13 dicembre 2022). O Presidenti del Senato che ogni sera - sue parole - baciano il busto del Duce tenuto come un sacrario sul comodino. Del resto non sanno distinguere musicisti ed invasori di Kappler. Un giorno, il Dante tedesco, Johann Wolfgang von Goethe, scrisse con altrettanta poesia due parole in croce che amo ricordare: ‘Mi stia lontano chi ha il cuore arido e le ciglia asciutte'.

In altre parole preferisco star lontano da chi – oltre 80 anni dopo – non ha ancora l’onestà intellettuale di dire, con forza e chiarezza, di quali crimini si è macchiato il fascismo di Mussolini e che – storicamente e giuridicamente – almeno 1.483 fascisti italiani sono stati giudicati ‘criminali di guerra’. Anche se capisco che molti di loro non hanno mai reciso il cordone ombelicale con quel periodo così criminale e con i protagonisti di allora. Non posso dimenticarlo. Non possiamo dimenticarlo, lo dobbiamo anche le sofferenze della piccola Elena.

Tutto il resto non conta, tutto il resto è solo vergogna e spazzatura. E personalmente sempre più capisco che l'Italia è ancora molto fascista, capace di mitizzare un regime razzista, antisemita, illiberale ed assassino.

Come aveva ragione solo pochi giorni fa Aldo Cazzullo a dire in tv (il 25 marzo 2025 a 'La torre di Babele') che "La guerra della memoria noi antifascisti l’abbiamo perduta. Non è una sconfitta elettorale. L’abbiamo persa perché tanti italiani non hanno un giudizio in negativo del fascismo. Il problema non è l’ignoranza, è il compiacimento di essere ignoranti."

Perdonaci, piccola Elena. Perdonaci. Se puoi.

4 aprile 2025 – 81 anni dopo - 21 giorni alla Festa della Liberazione dal fascismo (così mi hanno insegnato a scuola) - liberamente tratto dal mio 'L'ultimo viaggio da Vò Vecchio ad Auschwitz - Storie brevi' - Ed. AliRibelli - 2024

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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