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Democrazia come alibi
di
Elisa Fontana
Dobbiamo prendere atto che noi in Italia siamo sempre avanti rispetto al resto del mondo che arranca dietro il nostro fulgido esempio, tentando di emularci.
Da noi il pochissimo compianto Cavaliere è stato il primo 30 anni fa a rivendicare la supremazia della politica rispetto agli altri poteri dello Stato. E segnatamente la supremazia dell’uomo politico votato dal popolo sulle azioni che la magistratura poteva esercitare su di lui. Il lavacro delle elezioni tutto ripuliva, l’uomo votato dal popolo poteva permettersi di essere al di sopra e al di fuori della legge.
E se la legge non piaceva, si faceva una serie di leggi ad personam, ci si ritraeva inorriditi davanti al palese conflitto di interessi che veniva descritto come inesistente, si arrivava a far votare al Parlamento la certificazione in vita di inesistenti nipoti di Mubarak. Il tutto inframmezzato da chiassose e intimidatorie manifestazioni di rappresentanti del popolo sulle scale dei Palazzi di Giustizia, o da dossieraggi sui magistrati, o, infine, anche dalla loro corruzione pur di avere partita vinta.
Tutto sotto il farlocco ombrello della autorizzazione data dal voto popolare.
Abbiamo visto che l’azione della magistratura non ha contrastato la carriera politica di Berlusconi, nemmeno davanti a sentenze passate in giudicato. Forse i tempi non erano ancora del tutto maturi, ma il seme del picconamento delle democrazie era stato gettato. E oggi siamo circondati da una pletora di neofascisti (smettiamola di chiamarli pudicamente di destra destra) che si sentono investiti dal voto popolare che li mette al di sopra e al di fuori della legge.
Meloni, ad esempio, quando deve difendere l’indifendibile dice che ha avuto il mandato dalla maggioranza degli italiani, sorvolando sul fatto che non è per niente la maggioranza degli italiani e che sopra tutti gli italiani c’è la Costituzione che stabilisce le forme e i limiti della sovranità popolare.
Meloni sa benissimo che ci sono questi limiti, ma sa anche che a furia di ripetere la stucchevole lezioncina a memoria ha convinto una bella fetta di elettorato che basti votarla per farle fare quel che vuole. Che è esattamente quel che ha fatto Orban in Ungheria e sta facendo Trump negli USA.
E oggi, ultima arrivata nel club, anche Marine Le Pen, fresca di condanna e di incandidabilità alle prossime presidenziali, invece di spiegare l’amaro caso di come quasi tre milioni di euro dei fondi europei siano andati a finire dentro il suo partito, parla di “sentenza politica” e “di stato di diritto totalmente violato”. Con Bardella che le fa da coro greco e parla di “Attacco alla democrazia”.
E, naturalmente tutta la coorte mondiale di autocrati, aspiranti tali o estimatori si è lanciata a difesa di Le Pen: Musk, Orban, Putin, Salvini. Tutti grandissimi difensori della democrazia, come ciascuno può vedere.
E a me viene in mente che il titolo del libro di Vannacci, Il mondo al contrario, si sta rivelando esattamente per quel che è in realtà: lo sberleffo finale e senza freni di una Internazionale nera che sta usando i mezzi della democrazia per svuotarla di senso e significato.
La democrazia usata come paravento impudico per prendere quel popolo che si sta gabellando e infilarlo dentro le gabbie delle dittature, spiegandogli che è il migliore dei mondi possibili, non quello schifo di democrazia dove i giudici comandavano sui bravi politici impedendogli di fare il bene del popolo.
Il mondo al contrario, appunto.
 
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