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28 marzo 2025
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Colonialismo e mondo orwelliano
di Rossella Ahmad

Se si vuole davvero capire cosa sia il colonialismo e cosa abbia rappresentato per i popoli colonizzati non si può prescindere dall'opera di Frantz Fanon. Da psichiatra quale era, analizzò in maniera cruda la psicologia dell'oppresso, e lo fece nel periodo epico in cui le lotta anti coloniali erano al loro apice, e movimenti rivoluzionari di liberazione nazionale nascevano un po' dovunque, dall'America Latina all'Africa. La sua unicità e grandezza risiedono nell' avere analizzato non solo gli effetti storici e sociali ma anche quelli psicologici della dominazione coloniale sui popoli oppressi.

Pensavo a Fanon ed alle sue parole immortali proprio oggi, mentre discorrevo di violenza, non violenza, resistenza ed oppressione con un'amica. Se non si considerano i risvolti intimamente legati alla psicologia dell'oppresso, si fallisce nel comprendere quali dinamiche vengano messe in moto dai popoli colonizzati. Tralasciamo per un attimo la legge internazionale e ciò che essa dice in merito al diritto alla resistenza, che è sacrosanto. Concentriamoci sull'aspetto psicologico, quello messo in luce da Fanon.

Le sue parole più celebri possono suonare crude alle orecchie di noi privilegiati abitatori del primo mondo di oggi, ma sono quanto di più vero e di più reale esista: il colonizzato sogna giorno e notte la sua liberazione. La sua vita è pura violenza in un mondo a scomparti, in cui la città del colono è un mondo inaccessibile, fatto di strade asfaltate, piedi coperti da scarpe robuste e secchi della spazzatura ricolmi di avanzi sconosciuti al ventre dei colonizzati. L'aria che questi respirano, invece, è tossica, la loro città è accovacciata, in ginocchio, a testa in giù.

Il processo di decolonizzazione, per Fanon, non può che essere traumatico. Il colonizzato intuisce e sa che non potrà liberarsi dall'oppressione coloniale se non con la forza. Poiché il colonialismo è la violenza che racchiude in sé tutte le violenze e che fatalmente le genera, il colonizzato, deumanizzato e depersonalizzato, potrà trascendere il suo status solo recuperando con la forza la propria umanità, l'altissimo vivere, in un processo di catarsi. Ci piaccia o non ci piaccia.

D'altro canto, il colonizzatore sa che la sua condizione di privilegio, di dominio ed intrinseca violenza lo pone a rischio della violenza di ritorno dell'oppresso. Non è mai esistito nella storia un colonialismo che chieda sicurezza. Non è mai esistito un colonizzato che debba garantire e rispettare la sicurezza del colonizzatore. In un mondo normale sarebbe molto facile comprendere che il colonialista debba scegliere tra l'occupazione e la sicurezza.

Non può avere entrambe le cose, sicurezza ed occupazione. Nel mondo orwelliano in cui vegetiamo accade invece che ai palestinesi, ad esempio, venga chiesto di garantire la sicurezza dei coloni d'occupazione. I civili.

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