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20 marzo 2025
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Gaza cimitero a cielo aperto mentre il mondo resta a guardare
di Leandro Leggeri

L’ennesima invasione di Gaza da parte dell’esercito israeliano segna un nuovo capitolo di sofferenza e oppressione per il popolo palestinese. Con la scusa della "sicurezza", Tel Aviv ha lanciato un’operazione di terra brutale e devastante, riconquistando il corridoio di Netzarim, un’arteria strategica che taglia in due la Striscia di Gaza, dividendo il nord dal sud e bloccando il passaggio tra le comunità palestinesi.

Questo corridoio, precedentemente abbandonato dalle forze israeliane come parte di un fragile cessate il fuoco, rappresentava un raggio di speranza per migliaia di sfollati che erano finalmente riusciti a tornare a casa. Ma oggi, quel corridoio è diventato un simbolo di oppressione e violenza, ripristinando l’isolamento e la divisione.

L’offensiva è accompagnata da bombardamenti a tappeto che non risparmiano nessuno. Gaza è in fiamme, soffocata da un cielo carico di missili e droni. Le vittime si contano a centinaia: donne, anziani, bambini strappati alla vita senza alcuna pietà.

Tra le storie più strazianti c’è quella di Lubna al-Najjar, una giovane madre uccisa da un bombardamento su una tendopoli a Khan Younis, lasciando orfano il piccolo Izzam Wadi. A al-Mawasi, un altro attacco ha ucciso il piccolo Mohammed, di appena un anno, insieme alla madre incinta. Una vita intera spezzata nel silenzio complice della comunità internazionale.

L’ipocrisia del governo israeliano è palese quando afferma di colpire solo obiettivi militari: i fatti raccontano altro. A Deir al-Balah, una guest house dell’ONU è stata colpita, uccidendo due funzionari e ferendone altri quattro. Anche di fronte all’evidenza, Tel Aviv ha negato ogni responsabilità, mentre il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha condannato l’attacco come una grave violazione del diritto internazionale.

Israele, invece di riconoscere l’errore e fermare l’orrore, ha attaccato verbalmente lo stesso Guterres, accusandolo di "bancarotta morale". Ma quale morale può avere un governo che bombarda civili inermi e colpisce persino le strutture umanitarie?

Mentre Gaza brucia e i suoi abitanti muoiono tra le macerie, in Israele migliaia di persone si riversano nelle strade per protestare contro l’arroganza e la brutalità del governo Netanyahu. Il licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, e il ritorno nel governo di estremisti come Itamar Ben-Gvir, hanno scatenato manifestazioni di massa a Tel Aviv e Gerusalemme. Ma Netanyahu sembra sordo al malcontento, arroccato nella sua posizione di forza e determinato a proseguire con la repressione interna e l’espansione militare.

Dietro questa offensiva si cela il consueto sostegno incondizionato degli Stati Uniti. Non importa se sotto Trump o Biden, il copione non cambia: armi, supporto politico e protezione diplomatica garantiti a un governo che calpesta i diritti umani e impone una brutale occupazione. La collaborazione USA-Israele resta salda, mentre il popolo palestinese paga il prezzo più alto.

Anche all’interno degli Stati Uniti, il dissenso è represso con accuse di antisemitismo e intimidazioni, come dimostra il caso di Mahmoud Khalil, studente palestinese arrestato solo per aver espresso il proprio dolore e la propria rabbia per le stragi a Gaza.

Il prezzo di questa guerra non si misura solo in vite umane ma anche nella distruzione di ogni speranza di pace. Il rischio di una destabilizzazione regionale è altissimo, con il Libano, la Siria e l’Iran pronti a reagire alla brutalità israeliana. Ma la comunità internazionale continua a restare in silenzio, timorosa di infrangere il tabù del sostegno a Israele, mentre milioni di palestinesi lottano per la loro sopravvivenza.

Ogni giorno che passa, Gaza diventa un cimitero a cielo aperto. I bambini muoiono senza colpa, le famiglie vengono annientate, e l’ingiustizia si perpetua sotto gli occhi di un mondo indifferente. Fino a quando Israele continuerà a godere di impunità, la sofferenza palestinese non avrà mai fine.

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