 |
La Palestina chiede giustizia
di
Leandro Leggeri
La tregua tra Israele e Hamas, durata appena due mesi, è stata infranta il 18 marzo 2025 quando Israele ha lanciato una massiccia offensiva sulla Striscia di Gaza. L’attacco, descritto come il più violento dall’inizio del conflitto, ha causato oltre 400 morti e centinaia di feriti in una sola notte.
Netanyahu ha giustificato l’operazione come risposta al presunto rifiuto di Hamas di accettare un nuovo accordo per il rilascio degli ostaggi, ma fonti indipendenti confermano che l’offensiva era stata pianificata con largo anticipo, indipendentemente dall’esito delle negoziazioni.
La Striscia di Gaza, simbolo del martirio del popolo palestinese e dell’oppressione israeliana, è tornata a essere il teatro di una guerra di annientamento. Il diluvio di fuoco scatenato da Israele ha travolto centinaia di civili innocenti, trasformando le città della Striscia in un cimitero a cielo aperto. Con ospedali al collasso e migliaia di sfollati costretti a rifugiarsi tra le macerie, Tel Aviv ha dimostrato ancora una volta come la sua strategia bellica non faccia alcuna distinzione tra combattenti e popolazione civile.
Israele ha scatenato un massacro senza precedenti, colpendo non solo infrastrutture militari, ma anche scuole-rifugio, ospedali e tende per sfollati. I bombardamenti su Gaza City, Jabalia, Beit Hanoun e Khan Younis hanno provocato un’ecatombe di civili, con almeno 150 bambini tra le vittime.
Testimonianze dirette raccontano di famiglie sterminate nel sonno, di corpi dilaniati raccolti tra le macerie e di ospedali ormai incapaci di fornire cure per mancanza di personale e materiali di base. L’UNICEF e Medici Senza Frontiere parlano apertamente di "massacro di civili", mentre Human Rights Watch denuncia violazioni sistematiche del diritto internazionale.
Nel frattempo, la comunità internazionale assiste in silenzio. L’Unione Europea, che si proclama baluardo dei diritti umani e della pace, ha scelto di ignorare il genocidio in atto a Gaza, fornendo sostegno politico ed economico a Israele. Il governo statunitense, con la sua retorica ambigua, ha continuato a inviare armi a Tel Aviv, garantendogli la copertura diplomatica necessaria per perpetrare questi crimini impunemente. Gaza è diventata il laboratorio della brutalità possibile, il luogo dove si è dimostrato che si può sterminare un popolo senza temere conseguenze.
Ma il popolo palestinese non è solo vittima: è anche simbolo di una resistenza che non si piega. Nonostante gli ordini di evacuazione, le minacce di distruzione totale e le condizioni di vita disumane, i palestinesi di Gaza continuano a lottare per la loro autodeterminazione. Israele può distruggere le case, può bloccare gli aiuti umanitari, può costringere intere famiglie alla fame e alla sete, ma non può cancellare l’identità di un popolo che resiste da oltre 75 anni.
Il mondo deve scegliere da che parte stare. Rimanere in silenzio significa essere complici. Se la comunità internazionale non interviene ora per fermare il massacro, la storia giudicherà severamente chi ha voltato lo sguardo davanti all’ennesima catastrofe umanitaria. La Palestina non chiede pietà: chiede giustizia. E il tempo per garantirla sta per scadere.
VAI A TUTTE LE NOTIZIE SU GAZA
 
Dossier
diritti
|
|