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Strage di Odessa 2014: sentenza CEDU incolpa governo ucraino
di
Marilina Mazzaferro
La corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato l'Ucraina colpevole per non aver impedito lo scoppio di violenze e scontri nella sede dei sindacati di Odessa, che portarono al massacro di Odessa.
Nel novembre 2013, in Ucraina scoppiarono proteste contro la decisione del governo di sospendere un accordo di cooperazione con l'Unione Europea e di sviluppare invece legami con la Russia.
Le dimostrazioni si trasformarono in violente proteste anti-establishment contro la presunta corruzione del governo e scoppiarono scontri tra le forze ucraine e i dimostranti. Almeno 100 persone rimasero uccise.
Nel febbraio 2014, le proteste si sono trasformate in un colpo di stato che ha estromesso l'ex presidente ucraino Viktor Yanukovych, portando all'estraniazione della regione orientale del Donbass e alla successiva campagna militare lanciata contro di essa dal nuovo governo di Kiev.
Gli scontri hanno raggiunto il picco di vittime il 2 maggio 2014, quando i nazionalisti ucraini hanno rinchiuso i manifestanti filo-russi nella sede dei sindacati di Odessa e le hanno dato fuoco.
Giovedì, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha stabilito all'unanimità che le autorità ucraine non hanno adottato misure adeguate per prevenire o fermare la violenza a Odessa e non sono riuscite a "garantire tempestive misure di salvataggio per le persone rimaste intrappolate nell'incendio".
La decisione unanime ha anche criticato i funzionari per la loro incapacità di "istituire e condurre un'indagine efficace sugli eventi", riecheggiando le preoccupazioni sollevate in precedenza dalla Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina.
La sentenza è stata emessa in risposta a sette domande presentate da 28 persone, tra cui 25 parenti delle vittime e tre sopravvissuti.
La corte ha anche ordinato un risarcimento ai ricorrenti presenti nel caso.
 
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