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10 marzo 2025
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Il "merito" del fascista di Villa Triste
di Rinaldo Battaglia *

Il 10 marzo 1942 Mussolini istituì uno specifico corpo di repressione contro i partigiani slavi, attivi nella Venezia Giulia e nei ‘territori annessi’ con sede a Trieste. Fu l’unica struttura dedicata esclusivamente a tale scopo in Italia. Si distinse per l’efferatezza dei metodi di tortura utilizzati negli interrogatori.

A capo ‘dell’Ispettorato Speciale di Pubblica sicurezza di Trieste’ fu nominato Giuseppe Gueli che mise in atto una repressione violentissima, che si estendeva non solo verso chi combatteva, ma anche verso chi organizzava il supporto e il vettovagliamento della resistenza. E alle loro famiglie. In un secondo momento la repressione poi non si limitò più al rastrellamento e alla retata, ma cominciò a raccogliere informazioni ricorrendo alla delazione ed alla tortura sistematica. Sul livello dei nazisti, o forse peggio.

All’interno di questa logica le attività dell’Ispettorato comprendevano oltre alla tortura dei prigionieri, soprattutto furti e saccheggi ai danni degli arrestati ed esecuzioni sommarie dei partigiani e civili slavi.

Dopo l’8 settembre 1943 l’Ispettorato continuò la propria attività, questa volta agli ordini del comandante delle SS dell’Adriatisches Küstenland. Cambiava qualcosa? Il Duce e il Fuhrer erano diversi verso gli oppositori? È il nazismo di Hitler che è nato dal fascismo di Mussolini, non viceversa. Anche se oggi in Italia molti non lo sanno.

L’Ispettorato aveva sede a Trieste, prima in via Bellosguardo, anch’essa chiamata col famigerato nome di «villa Triste» come per la Banda Carità, e dall’autunno del 1944, fino al 1° maggio del 1945, in via Cologna 6-8, già sede di una caserma dei Carabinieri. Forte la sua collaborazione nella gestione della Risiera di San Sabba con l’arresto e deportazione di ebrei e slavi, soprattutto se ‘patrimonializzati’.

Giuseppe Gueli era entrato già nel 1909 nella Pubblica sicurezza. In Sicilia si distinse nella lotta contro il banditismo, in particolare fece parte delle squadriglie contro il brigantaggio comandate dall’allora vicequestore Cesare Mori, che portò Gueli con sé a Torino nel 1917 e a Bologna nel 1921.

Nel 1942 Gueli venne nominato a capo dell’Ispettorato a Trieste fino al luglio del 1943 quando fu scelto, da Roatta e Badoglio, come 'agente di guardia personale' a Mussolini, imprigionato sul Gran Sasso. E al momento opportuno della sua liberazione, il 12 settembre, non fece nulla per impedirne la fuga. Come poteva tradire il suo referente, il suo eroe?

E il Duce, ritornato in Italia dopo che i nazisti lo avevano tenuto in custodia a Vienna per qualche settimana, lo chiamò a dirigere l’Ispettorato, che dagli ultimi mesi del 1943 riprese a pieno ritmo la sua attività, ancora una volta a base di violenze e torture di ogni genere. Il 'merito' va sempre riconosciuto e premiato.

La repressione violentissima, che comprendeva ancora e soprattutto, tra le altre cose, la tortura dei prigionieri, provocò, nella primavera del 1943, anche le rimostranze del vescovo di Trieste, Antonio Santin - un santo uomo - che scrisse più volte in proposito al sottosegretario agli Interni, Guido Buffarini Guidi. A partire da una di queste denunce, di cui venne a conoscenza lo stesso Mussolini, fu disposta anche un’inchiesta, che però «pare si sia chiusa concludendo che nulla di grave era avvenuto, che v’erano molte esagerazioni».

Come poteva tradire il suo allievo, il suo pupillo fascista?

E poi che fine fece?

Alla fine della guerra la Corte di assise di Trieste che, con sentenza del 28 aprile 1948, condannò definitivamente Gueli a otto anni e undici mesi di reclusione per collaborazionismo, violenza privata e lesioni. La condanna, però - tanto per cambiare - fu poi dichiarata estinta in seguito all’amnistia del 22 giugno 1946.

Non solo: Giuseppe Gueli, che era stato ‘collocato’ a riposo subito dopo la Liberazione, insistette più volte per essere riassunto in servizio, ricorrendo anche per questo motivo al Consiglio di Stato.

Ad ulteriore conferma che il merito va sempre riconosciuto e premiato.

Tuttavia non arrivò mai a vedere l’esito del ricorso, dal momento che morì improvvisamente nel maggio del 1951 a Taormina.

10 marzo 2025 – 83 anni dopo - Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Prima Parte” - Amazon – 2024

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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