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Siria: disordini sulla costa non sono nell'interesse della Russia
di
Leandro Leggeri
Negli ultimi giorni, la costa siriana è stata scossa da un'ondata di violenza senza precedenti. Nelle province di Latakia e Tartus, roccaforti storiche del regime di Bashar al-Assad e aree a forte maggioranza alawita, oltre 300 civili sono stati giustiziati dalle forze di sicurezza del nuovo governo di Ahmed al-Sharaa.
Secondo le fonti locali, i rastrellamenti hanno coinvolto intere famiglie, con esecuzioni sommarie e arresti di massa. Questo massacro, che ha scatenato il terrore tra la popolazione, segna un punto di svolta nel conflitto siriano e rischia di compromettere seriamente la stabilità della regione.
A guidare la rivolta contro il nuovo governo è il generale di brigata Ghiath Suleiman Dallah, ex ufficiale della 4ª Divisione dell'Esercito Arabo Siriano (SAA) e figura di spicco con forti legami con l'Iran. Dallah ha assunto il comando del Consiglio Militare per la Liberazione della Siria, un gruppo che si oppone al governo di al-Sharaa e mira a ristabilire il controllo delle forze lealiste nella regione.
In un'intervista, il generale ha dichiarato di essere pronto a negoziare con Hayat Tahrir al-Sham (HTS), proponendo il rilascio di prigionieri in cambio del ritiro delle forze jihadiste dalla costa siriana. Definendo la sua offerta "semplice e senza complicazioni", ha assicurato che i prigionieri sarebbero trattati con cura e sicurezza, sottolineando che l’obiettivo della rivolta è la totale espulsione di HTS dalla regione. "HTS dovrebbe imparare la lezione: abbiamo centinaia di prigionieri e le nostre condizioni sono facili e non complicate", ha dichiarato Dallah, lasciando intendere che la resistenza sarà portata avanti con determinazione.
Per la Russia, che ha sempre considerato la costa siriana un'area strategica vitale, questa escalation rappresenta una minaccia concreta. Mosca ha investito ingenti risorse per consolidare la propria influenza in Siria, garantendo la sopravvivenza del regime di Assad fino alla sua caduta e, soprattutto, preservando il controllo sulle due principali basi militari: Tartus e Hmeimim. La riacutizzazione del conflitto, con il rischio di una frammentazione del paese, potrebbe mettere a repentaglio questi asset cruciali e costringere il Cremlino a rivedere la sua strategia nella regione.
Le basi di Tartus e Hmeimim: il fulcro della presenza russa in Siria
Il principale interesse di Mosca in Siria è il mantenimento della sua presenza militare sulla costa occidentale, un’area strategica fondamentale per il posizionamento geopolitico russo nel Mediterraneo. La base navale di Tartus, unica installazione russa nella regione, rappresenta un’infrastruttura essenziale per il supporto logistico alla flotta russa e per garantire un accesso permanente al Mediterraneo orientale. Questa base consente a Mosca di proiettare la propria potenza navale senza dipendere dalle rotte attraverso il Mar Nero e il Bosforo, il cui accesso è controllato dalla Turchia, un membro della NATO con cui la Russia ha relazioni spesso ambigue e competitive. Tartus funge inoltre da punto di rifornimento per le navi russe in missione a lungo raggio e come snodo per il supporto tecnico delle operazioni marittime in tutto il bacino mediterraneo.
La base aerea di Hmeimim, situata a Latakia, è altrettanto cruciale per la presenza russa in Siria e oltre. Oltre a ospitare caccia e bombardieri strategici che possono operare in tutta la regione, Hmeimim è un hub logistico di primaria importanza per le operazioni russe in Medio Oriente e in Africa. La sua posizione consente alla Russia di mantenere un rapido collegamento con le proprie forze in Libia e nella regione del Sahel, facilitando il trasporto di truppe, equipaggiamenti e rifornimenti attraverso un ponte aereo che collega la Siria alle basi russe in Nord Africa. Inoltre, la base ha giocato un ruolo chiave nel coordinamento delle operazioni contro le forze jihadiste in Siria e nella protezione dello spazio aereo siriano da incursioni esterne.
Queste strutture non solo garantiscono alla Russia un'influenza diretta sulla regione, ma le permettono anche di ridurre la dipendenza strategica da altri punti di accesso al Mediterraneo. L'importanza di Tartus e Hmeimim è aumentata ulteriormente dopo l'invasione russa dell'Ucraina, quando il controllo delle rotte nel Mar Nero è diventato più instabile a causa delle tensioni con la NATO e con la stessa Turchia. La possibilità di operare nel Mediterraneo senza dover necessariamente passare per il Bosforo rappresenta per Mosca un vantaggio strategico che le consente di proiettare forza in un'area chiave, proteggendo i propri interessi senza dover negoziare costantemente con Ankara.
Il rischio che la violenza in corso sulla costa siriana possa minacciare la sicurezza di queste basi rende i disordini un problema prioritario per il Cremlino. Qualsiasi scenario di frammentazione del paese o di avanzata di forze ostili nella regione costiera potrebbe costringere la Russia a rafforzare la propria presenza militare, con un costo economico e logistico non indifferente. Inoltre, se la situazione dovesse deteriorarsi al punto da compromettere la sicurezza delle installazioni russe, Mosca si troverebbe di fronte a una scelta difficile: intensificare il proprio impegno militare in Siria o negoziare con nuove forze emergenti, mettendo a rischio la continuità della propria presenza.
La Russia ha tutto l’interesse a mantenere la stabilità della costa siriana, indipendentemente da chi governi a Damasco. Il Cremlino ha dimostrato di poter operare con pragmatismo, trattando sia con il regime di Assad che con altre fazioni, purché venga garantito il controllo strategico sulle proprie basi. Per questo motivo, l’attuale escalation della violenza non è solo un problema interno siriano, ma una questione che potrebbe ridefinire gli equilibri militari russi nella regione e, di conseguenza, alterare l’intero assetto geopolitico del Medio Oriente.
Perché i disordini sulla costa siriana danneggiano la Russia
L'attuale instabilità nella regione costiera siriana rappresenta una minaccia diretta per gli interessi russi, mettendo a rischio la sicurezza delle basi militari di Tartus e Hmeimim. Se la violenza dovesse espandersi ulteriormente, Mosca si troverebbe nella necessità di rafforzare la protezione di queste installazioni, aumentando il suo impegno militare in Siria in un momento in cui sta cercando di ridurre la presenza diretta per concentrare risorse su altri scenari strategici. La sicurezza di Tartus è particolarmente delicata, poiché rappresenta l’unico porto russo nel Mediterraneo e un avamposto fondamentale per la flotta russa, mentre Hmeimim funge da hub per le operazioni in Medio Oriente e Africa. Qualsiasi minaccia a queste basi destabilizzerebbe l’intero assetto strategico di Mosca nella regione.
Un altro fattore critico è il rischio di una frammentazione della Siria, che renderebbe estremamente complesso per la Russia mantenere accordi stabili e a lungo termine per la propria presenza militare. Mosca ha sempre sostenuto l'integrità territoriale siriana non per una questione ideologica, ma per garantire un quadro prevedibile e controllabile. Un paese diviso tra fazioni in lotta o con un governo debole e privo di autorità reale metterebbe in discussione il ruolo di Mosca come garante della stabilità, costringendola a negoziare continuamente nuovi accordi con attori locali meno affidabili e più instabili.
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L'escalation della violenza potrebbe inoltre offrire alla Turchia l’opportunità di rafforzare la propria influenza nel nord della Siria. Ankara ha già dimostrato in passato di essere pronta a intervenire per proteggere i propri interessi, soprattutto nelle aree di confine, e potrebbe usare l’instabilità sulla costa occidentale come pretesto per espandere ulteriormente la propria presenza militare. La Russia, che negli ultimi anni si è già trovata in competizione con la Turchia in Libia, nel Caucaso e nel Mar Nero, non ha alcun interesse a riaprire un nuovo fronte di tensione con Ankara in Siria.
Se il nuovo governo siriano dovesse spaccarsi lungo linee etniche e religiose, facendo precipitare nuovamente il paese nel conflitto, la Russia si troverebbe di fronte a uno scenario altamente instabile che potrebbe compromettere il fragile equilibrio costruito negli ultimi anni. Una Siria frammentata tra gruppi rivali e milizie locali renderebbe estremamente difficile per Mosca mantenere la propria influenza e gestire gli accordi militari con le diverse fazioni. La perdita di un’autorità centrale forte a Damasco costringerebbe il Cremlino a negoziare con attori regionali e locali meno prevedibili, aumentando il rischio di conflitti interni che potrebbero minacciare direttamente la sicurezza delle basi di Tartus e Hmeimim.
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Questa instabilità inciderebbe anche sui rapporti con Israele. Tel Aviv considera la presenza russa in Siria come un fattore stabilizzante, capace di contenere l’espansione iraniana e turca e di garantire un certo grado di prevedibilità nelle operazioni militari. Se la Siria dovesse nuovamente precipitare nel caos, con milizie di diversa appartenenza etnica e religiosa in lotta tra loro, il rischio per Israele sarebbe quello di trovarsi di fronte a un teatro di guerra ancora più frammentato e difficile da gestire. Mosca, dal canto suo, potrebbe perdere il controllo sul coordinamento con l'aviazione israeliana, aumentando le possibilità di incidenti o di scontri indiretti con forze filo-iraniane, Hezbollah o gruppi jihadisti riemersi dal vuoto di potere.
In un simile scenario, la Russia potrebbe essere costretta a prendere decisioni strategiche difficili. Mantenere una presenza stabile in una Siria dilaniata da nuovi conflitti interni richiederebbe un impegno militare ed economico che Mosca non può permettersi di sostenere nel lungo periodo, specialmente considerando la sua priorità su altri fronti come l’Ucraina e l’Africa. Allo stesso tempo, un’uscita precipitosa dal paese rischierebbe di far perdere al Cremlino la sua unica base navale nel Mediterraneo e il punto di appoggio logistico di Hmeimim.
L’eventuale ritorno della Siria a uno stato di guerra civile aumenterebbe anche il rischio di un’escalation con la Turchia. Ankara potrebbe approfittare della situazione per espandere la propria presenza nel nord della Siria, rafforzando le milizie filo-turche e ampliando la sua influenza ai danni della Russia. In questo contesto, la pressione su Mosca aumenterebbe, spingendola a cercare un equilibrio tra il mantenimento dei propri interessi strategici e la necessità di non impantanarsi in un conflitto senza fine.
Per la Russia, dunque, evitare una nuova frammentazione della Siria non è solo una questione di prestigio geopolitico, ma una necessità strategica per salvaguardare la propria posizione nel Mediterraneo e in Medio Oriente. Per questo motivo, il Cremlino cercherà con ogni mezzo di favorire una stabilizzazione politica della costa siriana, lavorando con gli attori locali per prevenire una nuova guerra intestina e consolidando la sua presenza nelle aree chiave, a partire da Tartus e Hmeimim.
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