Palestinizzare l'Ucraina
di Paolo Mossetti

Credo che molti europei che hanno seguito per anni la guerra in una bolla stiano provando per l'Ucraina, oltre che uno shock per il susseguirsi di eventi negativi, la stessa indignazione e senso di ingiustizia che molti provano per la questione Israele-Palestina.

L'Ucraina è privata, d'un botto, di nozioni figlie di uno spazio privilegiato come "agency" o "pace giusta" (notare la frase "solo gli ucraini possono decidere che fare", riservata con molta reverenza anche agli israeliani) ed è umiliata, svilita e costretta a rinunciare a una fetta di territorio preso con la prepotenza proprio come Gaza, seppur con minore intensità genocida.

Questi osservatori all'improvviso vedono nel riarmo europeo, anche se maturato in condizioni molto più frettolose e opache di quelle in cui nasce l'apartheid in Palestina e la resistenza araba, un "test morale" a cui tutti devono rispondere con un entusiastico "sì"; lo stesso test che rifiutavano per quello che avviene dall'altra parte del Mediterraneo - che pure era un pezzo di mondo dove l'Italia e l'Europa avevano da dire la loro - invocando in quel caso equidistanza e diserzione.

In definitiva, ciò che li traumatizza non è tanto e non solo il rischio dell'invasione e le minacce esterne reali, quanto la perdita dello status di "occidentale" e "bianco" per un oggetto esclusivo del loro impegno e del loro amore, nonché la sua trasformazione - o forse il suo ritorno - in essenzialmente un paese del Terzo mondo, né "occidentale" né "bianco", che non ha più una piattaforma pubblica per difendersi.

Vedono in quella terzomondizzazione, in quella palestinizzazione un trattamento riservato anche al loro stesso impegno intellettuale e civile, durato tre anni.

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