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Siria per Ucraina: presunto accordo segreto fra Russia e USA
di
Leandro Leggeri
Negli ultimi mesi, gli equilibri geopolitici globali hanno subito una drastica trasformazione, alimentando speculazioni sull’esistenza di un accordo tacito tra Mosca e Washington.
Dopo oltre un decennio di conflitto, l'8 dicembre 2024 il governo di Bashār al-Asad è crollato, segnando un punto di svolta per la Siria e l'intero Medio Oriente. Il 27 novembre, una coalizione di forze ribelli guidata da Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) ha lanciato un’offensiva su larga scala, denominata "Operazione Deterrenza dell'Aggressione". Il piano, condotto con precisione, ha portato alla caduta di Aleppo e all’isolamento di Ḥamā, aprendo la via per la conquista di Damasco.
L’avanzata delle forze insorte ha incontrato una resistenza sorprendentemente debole, permettendo ai ribelli di prendere la capitale senza difficoltà significative. Asad ha abbandonato il potere in modo repentino, senza rivolgersi alla popolazione né dare ordini alle forze armate per una difesa prolungata. L’assenza di una battaglia finale e la rapidità con cui il regime si è dissolto hanno alimentato dubbi sul fatto che questa resa potesse essere il risultato di un’intesa preesistente, frutto di accordi riservati tra attori geopolitici con interessi convergenti nella ridefinizione dell’assetto regionale.
Nonostante il pieno controllo dello spazio aereo siriano, la Russia non ha intrapreso alcuna azione offensiva contro Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), permettendo di fatto l'avanzata dei ribelli senza ostacoli significativi. Questo atteggiamento passivo potrebbe suggerire che Mosca avesse già accettato un nuovo assetto politico in Siria, scegliendo di concentrare le proprie risorse altrove piuttosto che difendere attivamente il regime di Assad.
La mancata reazione russa potrebbe non essere stata solo il frutto di un'indecisione tattica, ma il risultato di un accordo segreto con gli Stati Uniti, volto a riequilibrare le rispettive sfere d'influenza e a concedere a Mosca maggiore libertà d'azione in altri scenari strategici.
Un ulteriore elemento che rende questa ipotesi ancora più plausibile è che tra le prime decisioni prese dalla nuova amministrazione Trump, insediatasi nel gennaio 2025, vi è stata la sospensione del supporto all'Ucraina, con il blocco di 3,85 miliardi di dollari in aiuti militari e l'interruzione della condivisione di informazioni d’intelligence. Questa mossa ha privato Kiev di un elemento cruciale per la propria difesa contro la Russia, rendendo il contesto ancora più favorevole a Mosca.
La sequenza di questi eventi solleva interrogativi sulla possibilità di una connessione tra le due decisioni, suggerendo che la riduzione dell'impegno russo in Siria possa aver coinciso con un rafforzamento delle operazioni in Ucraina, reso più agevole dal disimpegno statunitense.
Senza il sostegno degli Stati Uniti, Kiev si trova in una posizione critica: le scorte di munizioni si stanno esaurendo e le truppe ucraine sono sempre più sotto pressione. Il rischio di una capitolazione o di negoziati svantaggiosi con Mosca appare sempre più concreto.
Si potrebbe quindi ipotizzare che vi sia stato un tacito accordo tra Vladimir Putin e Donald Trump. La Russia potrebbe aver scelto di non opporsi al cambiamento di potere in Siria, ritenendo più vantaggioso concentrare le proprie risorse su un'espansione dell’influenza in Ucraina, senza ostacoli da parte degli Stati Uniti. Questo spiegherebbe la rapidità con cui Trump ha smantellato il supporto a Kiev, lasciandola esposta all’offensiva russa senza un reale contrappeso occidentale.
Altri indizi sembrano rafforzare questa ipotesi. Pur mantenendo il controllo delle sue installazioni strategiche di Hmeimim e Tartus, la Russia ha reindirizzato le sue risorse dalla Siria verso scenari africani, in particolare in Libia e nel Sahel, dove ha rafforzato la sua presenza attraverso il supporto al generale Haftar e la costruzione di basi militari strategiche, consolidando così la propria influenza in un’area cruciale per i traffici energetici e le rotte migratorie.
Allo stesso tempo, ha intensificato il proprio coinvolgimento in alcune regioni centroasiatiche, approfittando della ridotta presenza occidentale per espandere la sua rete di alleanze. Parallelamente, l’amministrazione Trump sembra ridefinire le priorità strategiche degli Stati Uniti, privilegiando il contenimento della Cina e dell’Iran rispetto al confronto diretto con la Russia. La decisione di limitare il sostegno all’Ucraina potrebbe essere parte di una ricalibrazione delle alleanze, con un rafforzamento dell’asse Washington-Riad-Tel Aviv a discapito del fronte europeo e di un maggiore impegno nella regione dell’Indo-Pacifico per contenere l’espansione cinese e consolidare le alleanze con i partner strategici della zona.
Le implicazioni di questo presunto scambio di interessi potrebbero ridisegnare il panorama geopolitico globale. L’Europa si troverebbe costretta a colmare il vuoto lasciato dagli Stati Uniti nel sostegno a Kiev o a considerare soluzioni diplomatiche con Mosca. Nel frattempo, il Medio Oriente e l’Africa diventerebbero nuovi teatri di competizione tra le grandi potenze, con un ruolo sempre più rilevante della Russia nelle regioni precedentemente sotto influenza occidentale.
Se questa ipotesi fosse confermata, ci troveremmo di fronte a una delle più rilevanti ristrutturazioni geopolitiche degli ultimi decenni. Gli Stati Uniti ridimensionerebbero il loro impegno in Europa, mentre la Russia consoliderebbe la propria influenza su più fronti. Resta da capire fino a che punto Washington sia disposta a sacrificare l’Ucraina in questa nuova logica strategica e quali saranno le reazioni degli alleati occidentali.
Quanto durerà questo presunto equilibrio tra Mosca e Washington? E quali saranno le conseguenze di questa ridefinizione degli assetti globali?
Mentre il mondo osserva questi cambiamenti epocali, la possibilità di un accordo segreto tra le due superpotenze rimane un’ipotesi inquietante, ma sempre più plausibile, del nuovo ordine mondiale in costruzione.
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