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L'uomo dell'anno
di
Rinaldo Battaglia *
Quand'ero piccolo mia madre mi diceva che dopo Natale ogni giorno è carnevale. Credo sempre più che avesse ragione. Ne ho avuto conferma anche in queste ultime giornate.
L'ultimo giorno del 2024, 6 giorni dopo Natale, Libero a firma del suo direttore Mario Sechi (ex portavoce del Governo Meloni) ha scritto a lettere cubitali che per loro "l'Uomo dell'anno 2024" risultava senza dubbio un certo Benito Mussolini. Tempo prima un altro giornale aveva invece onorato di quel titolo Giacomo Matteotti, considerando il fatto che il 10 giugno 2024 ricorreva il centenario del suo vile assassinio.
L'Italia è un paese strano, senza memoria, tale da rasentare talvolta il ridicolo. Alcuni onorano un politico ucciso solo perché si era opposto per vie democratiche ad un regime criminale, altri chi dette ordini di uccidere per vie violente l'oppositore. C'è chi onora la vittima, chi l'assassino.
Aveva davvero ragione mia madre: siamo in pieno carnevale essendo già passato Natale.
Talvolta il fascismo italiano viene confrontato al nazismo tedesco. Personalmente, e se così non fosse gradirei di essere più correttamente edotto, però non ricordo che un giornale, vicino al governo in carica, in Germania sia mai uscito dichiarando che Hitler sia stato, in quel periodo, l'uomo dell'anno. Almeno dalla fine del Fuhrer.
Evidentemente il concetto del carnevale ha un tenore diverso da loro. Anzi, lì ancora oggi si stanno giudicando e condannando persone che da giovani erano legati al nazismo (vedasi la giovane stenografa Irmgard Furchner, nata nel 1925 e condannata nel 2022).
Noi siamo diversi. Noi onoriamo dopo 100 anni colui che proprio come oggi - il 3 gennaio 1925 - disse che:
“ Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi”.
Sono solo le 'non-famose' parole del 'non-famoso' discorso di Mussolini, il primo in Parlamento dopo il suo delitto Matteotti. Discorso così importante da essere considerato dagli storici quale una vera e propria istigazione alla violenza e un alibi per le orecchie deboli.
Un grande poeta contemporaneo (Roberto Vecchioni) anni dopo dirà ‘i delinquenti di oggi saranno i dirigenti di domani’. Ma credo che non si riferisse, di certo, al Duce perché in tal caso si sarebbe grossolanamente sbagliato: nel fascismo i due ‘ruoli’ si identificavano, sia nel ‘prima’ che nel ‘dopo’.
La delinquenza, i soprusi, la violenza vennero con quel discorso, in ogni caso, così legalizzati: se il cesto è marcio, le mele inevitabilmente ne saranno la conseguenza.
Ma forse, anche in quel breve attimo del 3 gennaio 1925, non vi fu vera onestà da parte del Duce. Quando disse:
“ Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere…… a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato..”
quando urlò quelle frasi, parlò soltanto di responsabilità ‘storica, politica e morale’, non giuridica né penale.
Le parole contano sempre e identificano per bene sempre chi le dice e come le dice.
Ma anche i fatti hanno il loro valore.
E non a caso lo stesso maledetto giorno, il 3 gennaio 1925, giorno in cui gli storici sul calendario - repetita iuvant - indicano l’inizio della dittatura ‘ufficiale’ (perché quella reale era già stata battezzata il 28 ottobre ’22), Mussolini fece inviare ai prefetti, via telegramma, ordini alquanto precisi e tali da non lasciar adito a dubbi, nemmeno a quelli più duri di comprendonio.
E i prefetti si mossero all’unisono.
Nei tre giorni successivi, entro la sera del 6 gennaio prima di festeggiare la Befana, verranno chiusi 95 tra circoli e ritrovi “sospetti”, 150 esercizi pubblici e 25 organizzazioni “sovversive”, sciolti 120 gruppi di opposizione, 611 le reti telefoniche e 4.433 i posti pubblici controllati, verranno effettuate 655 perquisizioni domiciliari e 111 “sovversivi” all’istante arrestati.
Mai vista nella Storia del nostro paese, né prima né dopo il Duce, una così immediata efficienza da parte dello Stato. Nulla da eccepire. Se qualcuno l’avesse utilizzata – prima o dopo il Duce - anche contro la mafia, contro le tangenti o l’evasione fiscale saremmo oggi il ‘paese di bengodi’.
Otto anni dopo, anche quel suo migliore allievo del Duce, copierà lo spartito, usando sempre il Parlamento (incendiato il 23 marzo 1933) e facendosi concedere i pieni poteri (Ermächtigungsgesetz), potendo così proporre e firmare tutte le leggi che voleva, senza necessitare il minimo e formale consenso dell’aula.
Otto anni dopo. Del resto non fu casuale che Primo Levi scrisse che il nazismo di Hitler fosse la 'metastasi di un tumore prima creato e sviluppatosi in Italia'. E si arrivò alla Seconda Guerra Mondiale.
Quanta verità nell’analisi di Primo Levi. Era tutto già segnato nell’oroscopo da anni: ‘l’Angelo sterminatore’ - o se preferite 'Uomo dell'anno' - era già in movimento da quasi 20 anni. E nessuno lo fermò o riuscì a fermarlo per tempo. Troppi si erano già iscritti – molti anche sgomitando per non restare indietro – a quella strana associazione a delinquere.
Un’associazione a delinquere, solo una grande, grandissima associazione, nulla di meno.
Un’associazione a delinquere, protetta e sponsorizzata anche dal Re.
Del resto se le colpe del ventennio fascista vanno inevitabilmente imputate al Duce, non è che Vittorio Emanuele III fosse escluso dal gioco. Anzi. E se, nel ‘46, l’Italia scelse la Repubblica fu indubbiamente la diretta conseguenza o – volendo - il giusto ‘premio’ ai comportanti della Corona.
Se durante ‘la marcia’, infatti, il Re era caduto nella trappola preparata da Mussolini e non aveva capito per tempo il rischio corrente, in altre occasioni non seppe minimamente correggere il tiro, assumendosi pesanti responsabilità.
Dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, il 24 giugno 1924 ben 130 deputati di quasi tutto l’arco parlamentare si rifiutarono di restare nella Camera, come solenne e democratica protesta contro la violenza e i soprusi dei fascisti di Mussolini: era stato ucciso uno di loro, un rappresentante dello Stato, dagli uomini del Capo del Governo.
Mai successo prima in Italia, da quando era stata creata. La chiamarono ‘secessione dell’Aventino’ riprendendo ricordi lontani dai tempi di Roma.
Il Re – che in base allo Statuto allora vigente e in quanto Capo dello Stato avrebbe avuto tutti i poteri, legali e formali, per sostituire Mussolini – fu più volte interessato anche da importanti esponenti dell’opposizione ed invitato ad intervenire, ma ancora una volta fece finta di nulla.
Anzi si dice che, in un incontro ufficiale ai primi di novembre 1924, a Ivanoe Bonomi (che vent’anni dopo, dal 18 giugno 1944 al 19 giugno 1945 guiderà il governo post Badoglio e gestirà la difficile fase del fine guerra) Vittorio Emanuele rispose di ‘essere cieco e sordo’ e pertanto non poteva capire e sapere le violenze del capo del Governo e delle sue camicie nere.
Fu così che il Duce si sentì forte, protetto ed autorizzato e il 3 gennaio 1925 lo farà ben capire alle opposizioni, col suo discorso in Parlamento, ufficializzando, a tutti gli effetti, la dittatura. Anche a chi non voleva ‘vedere e sentire’.
Il tutto coerente peraltro con la precedente minaccia – nel famoso ‘discorso del bivacco’ - quando Mussolini, il 16 novembre 1922, alla Camera dei Deputati nella richiesta ufficiale di fiducia per far partire il suo primo governo, urlò senza tanti giri di parole: «Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto.»
E’ sorprendente che in Italia, oggi, pochissimi conoscano questi fatti storici, così importanti e determinanti e sottovalutino, parimenti, i crimini di Mussolini e le forti responsabilità del Re nel condividerli.
Pochissimi sanno, così nessuno giudica. Perchè?
Anzi molti, in Italia, si saranno esaltati nel vedere oggi la 'promozione' del Duce all'Uomo dell'anno 2024.
Forse bisognerebbe studiare a fondo e capire chi siano stati Giacomo Matteotti e Benito Mussolini. Ma costa fatica e capacità di giudizio. Ma ne abbiamo oggi?
Che avesse ragione Immanuel Kant, oltre due secoli fa, quando diceva che : ‘la mancanza di capacità di giudizio è ciò che viene chiamato ‘stupidità’, e per una tale mancanza non vi è niente che possa aiutare’?
Credo sia molto vero e la cosa non giova a nessuno. A nessuno. Ma anche questa - si sa - è un’altra storia, nel nostro carnevale quotidiano.
3 gennaio 2025 – 100 anni dopo – Liberamente tratto dal mio ‘A Podhum io scrivevo sui muri’ – ed. AliRibelli – 2022
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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