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                    Nostro silenzio pretesto per i criminali 
                     di 
 Nevio Gambula
 
                   
                    
Nella parte Nord della Striscia di Gaza è in corso una pulizia etnica di proporzioni immani, nel silenzio generale di media e politici occidentali.
 Le immagini sono terribili, così come le testimonianze; si parla di civili palestinesi schiacciati vivi da bulldozer – «i soldati hanno dovuto piallare terroristi, morti e vivi, a centinaia», scrive la CNN – e di file interminabili di persone costrette ad abbandonare le proprie case.
 Israele sta distruggendo tutto, rendendo la zona un cumulo di rovine sotto le quali sono sepolti migliaia di palestinesi e il futuro stesso di chi sopravviverà alla mattanza. 
Più questa tragedia va avanti e più ci accorgiamo che nessuno può sfuggire a una responsabilità collettiva che sta rendendo possibile un orrore indicibile.
 Il nostro silenzio – quello di chiunque appartenga alla specie umana – e la nostra inazione sono un ulteriore pretesto che il criminale usa per uccidere senza rimorso; d’altra parte, se il mondo civile è indifferente alla sorte dei “civili” palestinesi, perché dovrebbe fermarsi?
 Sono sempre più convinto che noi – noi esseri umani, intendo – abbiamo ormai interiorizzato l’indifferenza al nostro reciproco divorarci, al nostro riconoscerci e sentirsi sempre più disponibili al massacro.
 In questo status di abulia e di distacco, ci siamo resi indegni di appartenere alla specie umana.
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