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Il sangue impunito della certosa
di
Rinaldo Battaglia *
“Il fascismo non è definito dal numero delle sue vittime, ma dal modo con cui le uccide”. Sono parole di Jean Paul Sartre che bene identificano il massacro di cui il 10 settembre ricorre l’80° tragico anniversario. Sui libri degli storici è identificato come ‘la strage della Certosa di Farneta’, già iniziata il 7 settembre 1944 coi primi morti sulle pendici del Montemagno e conclusa con il ‘clou’, nella zona tra Massa e Lucca, il 10 settembre.
Eravamo in territorio ancora in mano ai fascisti di Salò, con gli Alleati in arrivo, e coi nazisti in difficoltà ma – per questo – più velenosi e non sazi delle molteplici stragi dell’estate toscana. Ricordo che soltanto nel periodo giugno ’44-settembre ’44 i morti ‘senz’armi in pugno’ in Toscana furono ben 3.979 in quantificati 713 atti criminali compiuti dai nazisti, quasi tutti con l’accertato e documentato apporto dei nostri fascisti.
Come avvenne a Sant’Anna di Stazzema o nelle paludi del Fucecchio. O nella strage di Bergiola con la X Mas in piena azione, qui peraltro senza necessitare dell’aiuto tedesco. Ma non ditelo in giro visto, che da tempo esponenti di due dei tre partiti di governo esaltano con forza le doti degli uomini di Junio Valerio Borghese, soprattutto nel mio Veneto. Da noi – lo si sa – la Storia è sempre stata un optional. Anche nel Veneto.
Qui, nella strage della Certosa, i responsabili furono identificati invece nella 16a SS-Panzergrenadier-Division "Reichsführer-SS" del maggiore Helmut Loos e soprattutto il suo braccio destro, il tenente Hermann Langer, e quello sinistro, sergente Eduard Florin. Alla fine, si contarono almeno 44 morti di cui 12 erano i monaci che gestivano la Certosa di Farneta. Il tutto su istigazione dei fascisti locali, che avevano individuato nel monastero e in quei monaci il luogo dove molti ebrei, partigiani e antifascisti – oltre un centinaio probabilmente - in quel periodo avevano trovato rifugio, asilo e protezione.
Già dalla notte tra il 1° e il 2 settembre – quando gli Alleati stavano sfondando il fronte nazifascista in Versilia - i tedeschi avevano dato corso ad un feroce rastrellamento verso la Certosa, operazione che proseguirà anche dopo la strage e almeno fino al 16 settembre 1944, con un nuovo massacro – quello chiamata delle ‘Fosse del Frigido’ – che vedrà la vigliacca fucilazione di 159 prigionieri, prima detenuti nel castello Malaspina di Massa. E anche in quel caso si trattava ancora di partigiani, ebrei, antifascisti a vario titolo, tutti arrestati nelle settimane precedenti e già destinati probabilmente ai lager del Terzo Reich (e qualcuno di loro prima era ‘ospite’ nella Certosa).
Nel caso specifico, le SS entrarono con violenza nella Certosa di Farneta poco prima di mezzanotte del 1° settembre 1944, mentre i monaci erano in preghiera. Vennero tutti arrestati e rinchiusi nel piccolo parlatorio, uno quasi sull’altro. Furono peraltro quasi tutti costretti a svestirsi dall’abito religioso. In segno di chiara offesa e forte umiliazione. Ma malgrado le minacce e le violenze, all’alba, alcuni padri vollero e riuscirono ugualmente a celebrare la Santa Messa. In nome di Dio e della sua Giustizia Eterna.
Preso atto della difficoltà di gestire in quel luogo i monaci, le S.S. li caricarono già il 2 settembre quasi tutti su tre camion e deportati presso un frantoio verso Nocchi di Camaiore, dove arrivavano anche altre vittime del rastrellamento in corso. Rimasero lì per altri tre giorni, con un solo pasto giornaliero ma purtroppo accompagnato da frequenti e inutili violenze. Il 4 settembre, infatti, 35 persone – di cui una buona metà erano gli ‘ospiti’ della Certosa fino allora salvati dai monaci – vennero portate fuori e poco lontano da Nocchi, a Pioppetti, fucilate a freddo, senza tante storie e senza alcuna pietà.
I rimasti al frantoio, due giorni dopo il 6 settembre, vennero divisi in tre gruppi.
Il primo comprendeva una quindicina di monaci e soprattutto il priore Martino Binz e il vescovo venezuelano Bernardo Montes de Oca, il padre maestro e il vescovo–novizio, considerati i ‘capi’ della Certosa e quindi i più responsabili dell’aiuto agli ‘ospiti’. Trasferiti poi a Camaiore, la mattina dopo furono tutti fatti incamminare alle pendici del Montemagno con direzione il Forte Malaspina di Massa, ma lungo il percorso furono improvvisamente fucilati e i loro cadaveri cosparsi di benzina e dati alle fiamme. In segno di chiara offesa e forte umiliazione. In nome del Fuhrer e del suo Terzo Reich.
Il secondo gruppo, composto da tutti gli altri padri certosini, dopo un faticoso percorso a piedi di oltre 4 km e un trasferimento su un autocarro, venne condotto al Sammellager, il campo di raccolta, di Carrara. Qui 8 di loro – considerati inadatti fisicamente al lavoro - vennero trasferiti poi al forte Malaspina. Gli altri riaggregati al terzo gruppo – quelli più giovani e validi per il lager – furono tutti deportati in Germania.
Per chi rimase al forte Malaspina di Massa il destino fu chiaro e divenne realtà il 10 settembre. Quel giorno i 37 lì rimasti (di cui 10 monaci e altri 27 rastrellati dentro o vicino alla Certosa) furono mitragliati due/tre per volta, in più orari della giornata. In modo che i candidati alla morte sentissero il suono dei colpi e le grida strazianti di chi li precedeva. In segno di chiara offesa e forte umiliazione. In nome della guerra e dell’odio. Criminalità allo stato puro. Il resto di tutti gli altri rastrellati troverà, infine, la morte il giorno 16 in quella che abbiamo prima chiamato come ‘la strage delle Fosse del Frigido’.
A guerra finita si cercò di fare giustizia, in attesa di quella Celeste, la più ‘giusta’. Per quella terrena fu un ennesimo atto di vergognosa sconfitta. In coerenza, peraltro, con tutto il resto delle stragi nazifasciste commesse in Italia.
Il tenente Hermann Langer, diretto superiore di Florin, venne assolto nel 2004 dall'accusa di essere responsabile della strage, ma nel 2005 da un tribunale militare italiano a Roma in appello fu riconosciuto colpevole e condannato in contumacia all'ergastolo. Nel 2005, 61 anni dopo. Ma nessuno si attivò per rendere esecutiva la sentenza. Il perché non è noto, forse per l’età. Il 13 settembre 2016 comunque il giornale ‘La Nazione’ a firma di Paolo Pacini uscì con un eloquente articolo che così esordiva: «È morto serenamente nei giorni scorsi alla bella età di quasi 97 anni a Giessen, a due passi dalla sua cittadina di Linden, in Germania, dove si era ritirato da tranquillo pensionato. Una bella e lunga vita. Non si può dire lo stesso, purtroppo, delle decine di vittime innocenti che quest’uomo aveva sulla coscienza».
Il sergente Eduard Florin fu processato a La Spezia nel settembre 1946 ma assolto "per non aver commesso il fatto", in quanto sarebbe stata provata solo la sua presenza al ‘solo’ rastrellamento della Certosa. Che poi i rastrellamenti finissero sempre come sappiamo, cosa voleva poi dire?
Peggio ancora per il maggiore Helmut Loos, capo del servizio Ic (servizio informazioni della divisione) e comandante della sicurezza, già ‘riconosciuto’ attivo in molte altre stragi naziste e nel 1951 processato unitamente a Max Simon e a Walter Reder, i grandi criminali a Sant’Anna e Marzabotto. Ma, malgrado le condanne in contumacia, non venne mai ricercato e quando morì di vecchiaia a Brema nella sua Germania il 19 agosto del 1988, si scoprì che dal dopoguerra era sempre vissuto lì (e inizialmente in Austria) e nessuno lo aveva mai, mai cercato. Una delle tante ‘ strane dimenticanze’ nascoste fino al 1994 ‘nell’armadio della vergogna’.
Nessuno si interessò di colpire i criminali, tanto meno la giustizia italiana e – perché no? – anche quella del Vaticano, visto che quei monaci erano pur sempre uomini della Chiesa di Roma. Ma a quel tempo, nell’immediato dopoguerra, anche i vescovi di Pio XII erano più impegnati a proteggere i criminali nazifascisti – la Rat-Line di Alois Hudal salverà 30.000 di loro – che a far giustizia delle loro vittime.
“Il fascismo non è definito dal numero delle sue vittime, ma dal modo con cui le uccide”. E – se mi è permesso umilmente integrare il grande Jean Paul Sartre – anche da come poi salva dalla punizione gli assassini.
Da noi – lo si sa – la giustizia è sempre stata un optional.
10 settembre 2024 – 80 anni dopo
* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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