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Da eliminare perché disturbano una narrativa perfetta
di
Rossella Ahmad
C'è chi si è risentito perché in precedenza ho parlato di Israele definendolo "un pezzo di Polonia in Medioriente".
Ho già esplicitato più volte il mio punto di vista a riguardo, ma la pazienza non mi difetta. E quindi:
Israele è un progetto assolutamente e squisitamente (si fa per dire) occidentale ed europeo. Nessun ebreo orientale o mediorientale avrebbe mai pensato di creare uno stato basato sull'appartenenza religiosa per due motivi fondamentali: intanto perché l'idea stessa è una bizzarria che solo un continente decadente come l'Europa poteva produrre.
E poi perché gli ebrei orientali e mediorientali vivevano benissimo nei loro paesi di provenienza, in cui non hanno mai sperimentato aberrazioni come persecuzioni religiose, pogrom ed affini, fenomeni anche questi squisitamente europei.
Della composizione etnica degli immigrati poco ce ne cale. So perfettamente che vi partecipano anche i mizrahi, che occidentali non sono. Il loro trasferimento in Israele tra l'altro è stato piuttosto "coatto", e preparato e facilitato, diciamo così, da attentati opportunistici verificatisi nei loro paesi di provenienza, propedeutici chiaramente all'immigrazione di massa nel nuovo stato. Ma non è questo il punto.
Che Israele sia un progetto coloniale occidentale è dimostrato dal fatto che, sin dall'inizio, ha goduto dell'appoggio di tutti gli stati coloniali europei, interessati alla creazione di una costola dell'imperialismo in Medioriente, e dal fatto che gli europei hanno sin dall' inizio occupato le maggiori cariche dell'establishment, che di fatto è stato, ed è, a guida ashkenazi.
E comunque il punto focale è quello detto in precedenza. Trattasi di un progetto europeo, piaccia o no, ed è questa la verità. Negarlo significa avere seri problemi di accettazione della realtà. La Polonia ci entra come iperbole. Avrei potuto parlare di altre aree geografiche ed il succo del discorso sarebbe restato sostanzialmente lo stesso.
Dice: il fatto che sia nato e continui ad allargarsi come agglomerato colonico implica la sua distruzione? Dipende da cosa si intenda con questo termine. Non si tratta di distruzione materiale, come quella inflitta a Gaza, ad esempio, ma di dissoluzione di frontiere artefatte.
L'illegalità di ciò che è accaduto è lampante, adesso più che mai. Il pronunciamento di ieri da parte della Corte dell'Aja in merito alla illegittimità delle colonie in Palestina e alla improrogabilità di Israele di obbedire alla legge internazionale implica il rispetto delle risoluzioni dell'Onu.
L'adempimento di una sola di esse basterebbe a mettere fine pacificamente a questo fatale errore nato da una bugia storica colossale, già schiantatasi contro la realtà innumerevoli volte dal 1948 ad oggi, e cioè che esisteva una terra senza popolo e bla bla bla. Il ritorno dei profughi alle loro terre e case metterebbe fine senza colpo ferire allo stato per soli ebrei.
Si sarebbe potuto fare altro, parlare di altro oggi, settant'anni dopo. Ma così non è stato. In mezzo, vi è un intero popolo massacrato senza pietà per il solo fatto di esistere e di rovinare con la sua presenza una narrativa altrimenti perfetta. E ciò cambia tutto.
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