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Giornalisti: indipendenza, servilismo e codardia
di
Andrea Battantier *
Alessandro Manzoni ne I Promessi Sposi afferma: "Il coraggio uno non se lo può dare".
Il coraggio dell'indipendenza di pensiero rappresenta una delle virtù più ardue da coltivare, in contrasto con il servilismo e la codardia, che si manifestano come scelte più comode ma disonorevoli.
L'indipendenza di pensiero richiede una profonda forza interiore, un coraggio morale che va oltre il semplice atto di non conformarsi.
È una qualità che implica l'abilità di interrogare l'autorità, i potenti, di sfidare il consenso comune e di sostenere le proprie convinzioni nonostante le pressioni esterne.
Questo tipo di coraggio è raro e prezioso, perché spesso richiede di affrontare l'isolamento sociale, il biasimo e talvolta la persecuzione.
Nella psicologia sociale, l'indipendenza di pensiero può essere vista come una forma di dissidenza cognitiva, dove l'individuo non solo riconosce la dissonanza tra le proprie credenze e quelle del gruppo conformista maggioritario, ma sceglie anche di mantenere e difendere le proprie posizioni.
Questo processo è strettamente legato al concetto di "autonomia," come definito da psicologi come Deci e Ryan nella loro teoria dell'autodeterminazione, dove l'autonomia rappresenta la capacità di fare scelte coerenti con i propri valori e interessi, indipendentemente dalle influenze esterne.
Il servilismo implica un'attiva sottomissione all'autorità o al potere dominante.
È un comportamento caratterizzato dalla deferenza eccessiva, dalla mancanza di autonomia e dal conformismo.
Pensiamo al concetto di "personalità autoritaria," introdotto da Adorno e altri, dove gli individui mostrano una tendenza ad accettare e obbedire ciecamente alle autorità riconosciute, spesso a scapito della propria autonomia e dignità.
Il servilismo può anche essere interpretato attraverso la teoria dell'apprendimento sociale di Bandura, dove il comportamento servile è appreso e rinforzato attraverso l'osservazione e l'imitazione di modelli sociali (Vuoi fare carriera? Chiedimi come!).
Questo comportamento è spesso motivato dal desiderio di evitare punizioni (editti!) o di ottenere ricompense, creando un ciclo di dipendenza e sottomissione che è difficile da spezzare (o comodissimo non spezzare).
La codardia è la manifestazione più evidente della mancanza di coraggio.
Manzoni ne I Promessi Sposi offre un ritratto memorabile di Don Abbondio, il quale esemplifica la codardia morale.
La sua incapacità di agire secondo giustizia ed aderenza ai fatti non è dovuta a una mancanza di consapevolezza, ma a una paura di perdere così travolgente da renderlo inefficace e inetto (o abile ed arruolato tra le fila dei potenti).
Dal punto di vista psicologico, la codardia può essere associata a livelli elevati di ansia e insicurezza, dove la percezione del rischio e del pericolo (di perdere la poltrona) è amplificata a tal punto da rendere l'azione coraggiosa impossibile.
Questo stato può essere analizzato attraverso la lente della teoria dell'attaccamento (al potere) di Bowlby, dove l'ansia da separazione (dal potere) e l'insicurezza (oddio e poi che faccio senza la poltrona!?) possono portare a una paura cronica dell'abbandono del potente, riducendo così la capacità dell'individuo di agire con coraggio ed indipendenza di giudizio.
Il coraggio dell'indipendenza di pensiero, il servilismo e la codardia rappresentano diverse posizioni lungo uno spettro di risposte umane alla pressione sociale e alle sfide morali.
Il coraggio richiede una forza interiore e una volontà di sostenere la verità e la giustizia nonostante le avversità, il servilismo e la codardia rappresentano ritirate dalla responsabilità e dall'autenticità personale.
Ognuno fa quello che può, sapendo che il coraggio uno non se lo può dare.
* Psicologo, Componente del Comitato Tecnico-Giuridico dell'Osservatorio
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