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08 maggio 2024
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Conflitti internazionali non sono solo armati
di Gabriele Germani

Mentre la situazione in Ucraina procede a rapidi passi verso il caos (con parte dei paesi occidentali pronti a trattare - vedi la Svizzera che scongela parte dei beni russi- e altri pronti allo scontro totale "fino all'ultimo ucraino"), in Medio Oriente assistiamo a Israele rinchiuso in una sorta di auto-trappola, da cui risulta difficile pensare una soluzione fattibile per Tel Aviv.

Nel Sahel si rafforza il clima anti-francese e anti-occidentale. Dal Niger sono uscite le truppe USA e sono subentrate (pare) truppe russe.

Sao Tome e Principe, uno Stato isola lungo le coste atlantiche dell'Africa equatoriale, sta stringendo legami con la Russia. Namibia e Sudafrica sono tra i principali rivali di Israele nei consessi internazionali.

Non meglio per gli USA e alleati se pensiamo alle Americhe, dove dopo qualche alzata di testa di Milei (con raffreddamento considerevole dei rapporti con la Cina) e il caos Ecuador (tra paese sprofondato nel caos del narcotraffico e attacco all'ambasciata messicana in barba al diritto internazionale), torna un clima favorevole agli emergenti: Trinidad e Tobago e Bahamas di recente hanno riconosciuto lo stato palestinese.

Il Nicaragua, il Brasile e la Colombia sono tra gli attori più attivi nella causa palestinese; tralasciamo al riguardo il ruolo storico avuto da Cuba.

Negli USA stessi monta la protesta pro-Pal e anzi il clima ricorda sempre più da vicino quello delle proteste anti-guerra in Vietnam. Sale intanto la tensione tra Venezuela e Guyana, per i giacimenti petroliferi al confine della seconda, dati in gestione a compagnie Uk e USA.

A gettare benzina sul fuoco, pare che la Guyana nei prossimi sei anni sarà l'economia a più alto tasso di crescita mondiale, proprio per via dei giacimenti petroliferi.

Nel Pacifico, sempre più atolli e isolette si allontanano dal passato coloniale con Australia, Nuova Zelanda, Regno Unito, USA e Francia (già fatta fuori dagli alleati anglofoni con la mossa dell'AUKUS) per stringere accordi con la Cina.

In Asia, le cose non vanno molto meglio, con la Turchia, l'Azerbaigian e i vari -Stan centroasiatici che aprono alla Via della Seta. Il piatto è molto chiaro.

L'offerta degli USA al mondo sono: Ucraina e Gaza cioè la guerra permanente o Ecuador e Argentina e cioè caos narcotraffico (anche nella seconda), epidemie di dengue non gestite della autorità e violazioni del diritto internazionale.

L'offerta cinese è invece quella di infrastrutture, benessere e cogestione dei problemi per creare un futuro condiviso insieme. Non a caso, interrogati i cittadini africani, asiatici e latinoamericani prediligono quasi sempre investimenti e partner cinesi a investimenti e partner nordamericani ed europei.

I media europei e nordamericani dicono che quella cinese è una brutale dittatura e i cittadini si indignano, a nessuno viene il sospetto che ci sia un sottile conflitto di interesse, nell'accusare il proprio competitor di penetrazione economica, dopo seicento anni di colonialismo.

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