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05 maggio 2024
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Il discorso del re
di Rinaldo Battaglia *

Il 5 maggio 1941 alle 17.00 un sovrano parlò al suo popolo. Non mi sto riferendo a Giorgio VI e ad un altro discorso, analogo a quello che fece due anni prima, il 3 settembre 1939, da Buckingham Palace, dopo che la Germania nazista aveva invaso la Polonia. È un altro discorso ed un altro re.

Il testo forse era già stato scritto il 6 aprile 1941, quando - dopo aver ‘cacciato’ gli italiani dalla Somalia - le forze britanniche provenienti da sud entrarono ad Addis Abeba e, assieme a quelle proveniente dal fronte nord, eliminarono gli ultimi centri di resistenza delle nostre truppe.

Pensate era il 6 aprile 1941: nello stesso giorno in cui l’Italia iniziava l’invasione della Jugoslavia, assieme ai nazisti ed in piena coerenza col Patto d’Acciaio (con l’obiettivo la Russia con la tragica ’operazione Barbarossa’ del 22 giugno 1941), Mussolini perdeva l’Abissinia e tutta l’Africa Orientale, cancellando il ricordo della ‘notte in cui si fece l’impero’.

Per il Duce probabilmente l’avvio della campagna d’Jugoslavia fu presa come un diversivo, un’altra terra da aggredire. Come spiegarlo altrimenti agli italiani che ‘il fascismo di conquista’ aveva totalmente fallito in Africa solo dopo 5 anni? Per quanto stupidi fossero - per il Duce - gli italiani che figura ci faceva? Per quanto addormentati dalla propaganda e da ‘La difesa della razza’ di Giorgio Almirante, per quanto li risultassero fessi - da cui il suo famoso detto: ‘come si fa a non diventare padroni di un paese di servitori’ - primo o poi anche gli italiani lo avrebbero preso per il sedere.

Serviva per davvero un diversivo, serviva un’altra terra da aggredire. Se non ci fosse stata la guerra di Jugoslavia, forse se ne sarebbe iniziata un’altra da qualche altra parte. Aveva per davvero ragione Ralph Bunche – premio Nobel per la pace 1950 (primo premiato afroamericano nella storia del Nobel e grande mediatore dell'ONU in Palestina, per la stipula dell'armistizio dopo la guerra del 1948 tra ebrei ed arabi – quando diceva che: ‘Non ci sono popoli bellicosi, ma solo leader guerrafondai”. E più guerrafondaio del Duce…

E in terra d’Africa dopo il 6 aprile 1941, in poche settimane vennero espugnati anche gli ultimi presidi italiani sull'Amba Alagi, nel Galla e Sidama e a Gondar. E così il 5 maggio 1941, cinque anni dopo l'entrata di Pietro Badoglio nella capitale etiope, il re, il negus Hailé Selassié, tornò trionfante ad Addis Abeba, recuperando - anche simbolicamente - il suo trono di imperatore d'Etiopia e decretando la fine dell'Africa Orientale Italiana, la grande A.O.I. fascista.

Sarà un’altra tragedia per gli italiani, non solo i militari, arrivati nei 5 anni precedenti per ‘colonizzarla’. Pensate: il comandante inglese Alan Cunningham dopo il ritorno del Negus nella sua capitale gli concesse, quale premio, la possibilità di 'vendicarsi' sugli italiani dando anche un tempo ben preciso: tre giorni. Tre giorni in cui gli etiopi – i malvagi, i selvaggi etiopi, la ‘razza inferiore’ per Mussolini, le ‘non-persone’- avrebbero potuto massacrare qualsiasi italiano, uomo, donna, bambino o soldato che fosse.

Non meravigliamoci, succederà ancora. Cosa sono state le 'marocchinate' del maggio ’44, soprattutto nelle nostre terre del Lazio, dopo lo sfondamento della linea Gustav da parte degli Alleati? Come premio alle sue truppe (reparti del Corpo di spedizione francese in Italia, composto per il 60% da reparti di origine nordafricana) il generale Alphonse Juin dette ai soldati ben cinquanta ore di "libertà", durante le quali si verificarono i saccheggi dei paesi e le violenze di ogni tipo sulla popolazione civile. La colpa di quelle povere famiglie: essere italiani, aver 'mantenuto' in vita un regime dittatoriale (alla fine la War Crimes Commission dell'ONU – repetita iuvant - indicherà in 1.283 i fascisti criminali di guerra) e aver costretto 'altri' a morire per eliminarlo.

Scriverà anni dopo Norman Lewis (in ‘Napoli ‘44’), all'epoca ufficiale britannico sul fronte di Montecassino: «Tutte le donne di Patrica, Pofi, Isoletta, Supino, e Morolo sono state violentate... A Lenola il 21 maggio hanno stuprato cinquanta donne, e siccome non ce n'erano abbastanza per tutti hanno violentato anche i bambini e i vecchi. I marocchini di solito aggrediscono le donne in due - uno ha un rapporto normale, mentre l'altro la sodomizza.»

Dopo Cassino vennero dati 2 giorni (50 ore), dopo Addis Abeba 3 giorni invece. Un giorno in più. Il 5 maggio 1941 il negus Hailé Selassié – Imperatore dei malvagi, i selvaggi etiopi, la ‘razza inferiore’ per Mussolini, le ‘non-persone’ – verso le ore 17.00 rifiutò sdegnosamente e si rivolse alla sua gente: «Non ripagate dunque il male con il male. Non vi macchiate di atti di crudeltà, così come ha fatto fino all'ultimo istante il nostro avversario. State attenti a non guastare il buon nome dell'Etiopia.»

Al mio paese c’è ancora oggi chi ricorda le parole di nostri soldati allora prigionieri dopo il 5 maggio 1941. Bruno, un mio amico di Cornedo, conosceva un vecchio ex-prigioniero degli inglesi che ogni volta che vedeva il Negus in TV piangeva e diceva "io devo la vita a quell'ometto".

Abbiamo oggi in Italia bande musicali – come a Caprino Veronese il 14 febbraio 2023 - che suonano ‘Faccetta Nera’, qualche anno fa un assessore regionale delle mie parti cantava contenta alla radio ‘Faccetta Nera ti daremo un nuovo duce, un nuovo re’ perché forse - stando al testo della canzone – il nostro Duce era migliore del loro Re, del loro Negus.

Da vergognarsi di essere italiani e da vergognarsi che ci siano ancora retaggi così meschini dell’epoca fascista. A me spesso succede di vergognarsi, non sarà patriottico ma umano sì. E per me quello conta molto. “I malvagi, i selvaggi, la razza inferiore, le non-persone” lo siamo stati noi italiani e lo siamo forse anche oggi in molti frangenti. In quel 5 maggio 1941 il Negus, il loro Re, con poche chiare parole - in un discorso al suo popolo - ci ha insegnato quello che per vent’anni l’Italia fascista aveva dimenticato e cancellato. Peccato che non tutti, oggi, in Italia ancora non lo sappiano. Vivono di altre narrazioni. Dicono per persino Mussolini sia stato uno 'statista', anzi sul web girano discorso dell'attuale Premier quando, anni fa, diceva che è stato 'il più grande statista italiano del secolo scorso'.

Per meglio capire il valore del discorso del Re Hailé Selassié va detto che, dopo la rapida evacuazione degli oltre 100.000 militari dell'A.O.I. nella primavera ‘41, in Etiopia rimasero non solo alcuni gruppi di sbandati, di clandestini o fascisti ‘scappati di casa’ ma restarono soprattutto 'i civili' delle città, la cui evacuazione andò molto a rilento. Sin da subito.

Gli storici indicano che 50.000 civili italiani lasciarono l'A.O.I. tra il maggio 1941 e il luglio 1943, diretti in Italia con le navi della Croce Rossa, ma molti altri vennero ‘internati’ nelle colonie britanniche. Parliamo di numeri impressionanti di famiglie (soprattutto da donne, bambini e uomini sopra i 60 anni) che dovevano essere sfamate, curate e mantenute. Gli inglesi, sentito Churchill, intavolarono così nel marzo 1942 trattative segrete con il governo italiano per il rimpatrio di oltre 60.000 civili.

Si arrivò ad un accordo e tra l'aprile 1942 e agosto/settembre 1943 quattro nostri transatlantici (Saturnia, Vulcania, Caio Duilio e Giulio Cesare) riportarono in Italia oltre 28.000 persone. Senza tanti 'aiuti' comunque da Roma, almeno fino alla caduta di Mussolini. Dopo l’8 settembre ’43 le cose cambiarono e i civili rimasti raggiunsero il nostro paese (porto di Napoli soprattutto) in modo meno organizzato ma costante.

In un censimento del 12 novembre 1949 i profughi d'Africa risulteranno 206.000, di cui ben 112.000 dall’Etiopia, Eritrea e Somalia (la vecchia A.O.I.) e altri 94.000 dalla Libia. Erano profughi di numero inferiore ai profughi dell’Istria e Dalmazia (questi furono dai 250.000 ai 350.000, ma non ci furono mai censimenti in merito) ma di certo con pari dignità e sofferenze alle spalle.

E allora una domanda sorge spontanea: perché di questi in Italia non se ne parla mai e mai se ne è parlato? Anzi la mano chi di voi ne sa qualcosa... Erano profughi o esuli di serie B? Esiste per loro un minuto nel ‘Giorno del Ricordo’ del 10 febbraio o in qualsiasi altro dei rimanenti 364 giorni? Perchè politicamente molti hanno usato solo i profughi 'inseguiti' ignobilmente dalla ex-Jugoslavia di Tito? E altri figli? Erano quindi di un ‘dio minore’? Domande aperte anche alle menti chiuse ovviamente…anche a quelle che non sanno nulla del discorso del re del 5 maggio 1941.

Gradita risposta, no perditempo. Grazie.

5 maggio 2023 – 82 anni dopo

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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