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01 maggio 2024
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Il primo maggio di Nicola che fu anche l'ultimo
di Armando Reggio

Era la notte fra il 30 aprile e il primo maggio, sulle due: una notte uguale come tante di 16 anni fa.

A Verona tre amici passano la serata al bar Malta, poi un giro in centro verso piazza delle Erbe: domani è la festa del lavoro. Giungono a Porta Leoni Andrea, Edoardo e Nicola, a due passi dal balcone di Giulietta. Nicola Tommasoli, 29 anni, brillante disegnatore di 'Negrar', sorridente, entusiasta della sua vita, capelli lunghi raccolti a coda con un elastico. Ha la vita in pugno: ottimi rapporti con i genitori, un lavoro appagante, la fidanzata 24enne, buoni amici, la passione per le moto. È un giovane uomo del proprio tempo, Nicola.

"Ehi, codino, dame na sigareta", si sente dire Nicola da uno dei cinque ragazzi, meno che ventenni, in cui i tre amici si imbattono. Un 'branco', a cui quel tipo proprio non piace: è rosso, senz'altro. I fascisti vanno per le spicce: aggrediscono, pestano...tanto un coltello lo hanno sempre con sé - di rossi è troppo piena la città - proprio per queste 'piacevoli evenienze'. Questa volta potranno farne a meno!

A quei fascisti non importa il nome di Nicola: bastava che fosse "codino". E a "codino" bisogna rivolgersi con il pretesto di una sigaretta: i cinque già pregustano il seguito, da lì a due secondi. Così, prim'ancora che Nicola lo intuisca, fugga, si riparari, i cinque lo aggrediscono a calci e pugni fino a tramortirlo. Vili e dall'indole assassina quali sono, i fascisti prendono alla sprovvista, rigorosamente più numerosi: cinque su uno, su Nicola. Cinque fascisti di una squadraccia di forza nuova.

Nicola stramazza sul selciato, arriva l'ambulanza. Picchiato perché appare "rosso" per il suo codino. Poi, le parole puntualmente incontrollate dei suoi carnefici fascisti, gli spintoni, l’intervento disperato dei suoi amici. E Nicola che cade e batte la testa, la fuga dei cinque fasci, che - neanche a dirlo - non chiamano i soccorsi. La sua agonia per quattro interminabili giorni in terapia intensiva, le macchine che gli procurano il respiro, spente il 4 maggio, perché nulla è possibile per salvarlo.

Un risvolto immediato fece ben sperare circa la condanna dei cinque fascisti: gli agenti della Digos li individuavano e arrestarono uno dopo l’altro. Due di loro provarono un'avventurosa fuga all'estero. Il processo, però, è durato ben 12 anni, condannandoli in Cassazione tutti per omicidio preterintenzionale.

Ai genitori di Nicola non sono mai giunte le scuse dei responsabili? Mamma Maria tentenna, poi rivela: «Solo uno dei cinque, a suo tempo, tramite il legale ci aveva fatto pervenire una lettera di scuse. E sempre solo lui si è sentito poi in dovere di contribuire economicamente al risarcimento. Fagli altri quattro mai una parola: spero almeno che abbiano riflettuto e capito, che siano cambiati».

Neppure una volta, nemmeno 'a caldo' o durante i processi, i genitori di Nicola si sono lasciati sfuggire una parola di troppo o hanno usato toni scomposti: «Di questo siamo anche stati criticati, ma se avessimo gridato di rabbia e di dolore avremmo forse riportato Nicola in vita? No, appunto: e questo, per noi, era tutto ciò che realmente contava, nostro figlio che non vedremo mai sposato né genitore, che non ci renderà mai nonni, nostro figlio di cui per la sedicesima volta consecutiva ci troviamo a ricordare la data della scomparsa. Nicola: come descriverlo a chi non l’ha conosciuto? Un vulcano di idee e iniziative, travolgente, con tantissimi amici, una persona super positiva che non ha mai guardato l’aspetto esteriore e che apprezzava il valore delle persone, senza fermarsi alle apparenze. Senza giudicare da un codino, senza reagire a calci e pugni per il no al dame na sigareta.

Un periodo buio, quello, per Verona, che respira ancora di violenza, di rancori, di odio. Dove, se non ti comporti, o almeno appari, con la postura fascista, puoi rischiare di soccombere inesorabilmente.

Ma la Verona bella, fiera e luminosa, la Verona antifascista, ogni anno ricorda il suo Nicola, in piazza Leoni, lì dove i cinque fascisti lo aggredirono a morte 16 anni fa. Lì dove una targa commemora Nicola, affinché si rifletta ancora sulla sua tragica vicenda e sul clima da cui scaturì.

Inoltre, il Festival 'È festa d'Aprile' dal 25 al primo maggio dedica un pensiero alla memoria di Nicola. Eppure, i ceri, i fiori e i messaggi lasciati da tanti sul luogo dell'aggressione a Nicola vennero immediatamente rimossi dall'azienda servizi di igiene urbana. Il segnale del tentativo di una rimozione collettiva.

Va ricordato che al tempo dell'assassinio di Nicola Flavio Tosi - ora deputato di 'forza Italia' - era il sindaco leghista di Verona... Peraltro, quando, dopo qualche anno, i genitori di Nicola portarono alla sindaca Sboarina di 'Fratelli d'Italia' un libro sulla vicenda del figlio, lei replicò: "E allora, vogliamo parlare dell'omicidio Ramelli?"! Cosa commentare mai?!

"Nessuno muoia più come nostro figlio", il monito, che mamma Maria e papà Luca, pur nel dolore indescrivibile - o, forse, proprio per questo - hanno sin dai primi giorni pronunciato in pubblico. Ancor oggi dicono di Nicola: «L’orgoglio per cui andare fieri». «Anche quest’anno, per la sedicesima volta consecutiva, ci troviamo a rivivere la perdita di un figlio, la pagina più crudele che possa riservarti la vita». La sua voce è necessariamente travolta dalla commozione: «Più passa il tempo, più la ferita diventa lacerante. Uno strappo».

La signora Maria ha la civile necessità di rivolgere un accorato monito: «Ma la tragedia di nostro figlio non va dimenticata, il suo ricordo è fondamentale per non lasciare mai più prevalere le botte sul dialogo, le violenze sul confronto. Morire come Nicola non dovrà accadere mai più. Le parole della targa affissa in sua memoria a Corticella Leoni, con quel “richiamo ai valori di rispetto della vita umana, di tolleranza e convivenza”, siano e restino sempre da monito, affinché non si ripeta mai più un “caso Tommasoli”. Ecco, è tutto ciò che noi genitori ci auguriamo da quando ci hanno strappato nostro figlio, che non succeda mai più». Non solo il monito, anche un'iniziativa di impegno etico: «Nostro figlio c’è anche nelle borse di studio indette a suo nome dall’associazione 'Prospettiva Famiglia' per richiamarne i valori, quest’anno il tema scelto è la gentilezza».

Uno strappo - sente nell'animo mamma Maria - non avere più Nicola ammazzato da cinque fascisti. E proprio «Uno strappo» è il titolo dell’opera di denuncia, che dal 2018 Ture Magro dirige e interpreta nei teatri italiani «come monito contro la violenza, per richiamare il valore della diversità, per far prevalere dialogo e confronto, per non dimenticare l’amara fine di Nicola Tommasoli, ucciso per la sua diversità».

La targa, il ricordo ogni primo maggio, l'associazione, l'opera teatrale, il libro. Iniziative, tutte, perché Nicola non venga dimenticato, ma sia ricordato quale il simbolo dello spietato e gratuito odio, che ha radici orrendamente lontane.

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