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01 maggio 2024
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CPI: perché Israele teme i mandati d'arresto
di Paolo Mossetti

La diplomazia israeliana e i gruppi di pressione filoisraeliani occidentali stanno facendo i conti con una minaccia: un mandato d'arresto per i vertici governativi e militari d'Israele, compreso Netanyahu, da parte della Corte Penale Internazionale de L'Aia.

Al momento la notizia arriva da fonti governative e funzionari israeliani che hanno parlato sotto anonimato con diversi media internazionali. Non sappiamo cosa abbia in mente il procuratore della Corte Penale Internazionale, o se la macchina dell'istituzione si sia già attivata.

Ma è probabile che, se l'accusa scatterà, riguarderà da un lato i vertici di Hamas e dall'altro la strategia di Netanyahu di affamare Gaza: strategia confermata, peraltro, da diverse inchieste interne della stessa amministrazione Biden. Il rifiuto di Israele di permettere al personale della CPI di entrare a Gaza può aver rallentato le indagini, ma le prove sono facilmente accessibili.

Netanyahu ha chiesto a Biden di impedire che la Corte emetta mandati di cattura, e ha trovato subito ascolto: Karine Jean-Pierre, mediocre portavoce della Casa Bianca, sempre più infastidita dalle domande, in via di dismissione, ha già annunciato come gli Usa non sosterranno l’indagine. E poi ci sono alcuni segmenti filoisraeliani radicali dei Dem, come il senatore populista di sinistra John Fetterman, e ovviamente la destra trumpiana anti-araba, pronti a farsi beffe del cosiddetto «ordine internazionale basato sulle regole».

Il problema è che così si paleserebbe l'ennesimo double standard occidentale: dopo che Biden ha accettato l'uso della giurisdizione territoriale della Corte Penale Internazionale in Ucraina per perseguire Putin, due anni fa, sarebbe l'apice dell'ipocrisia (di fronte al mondo progressista in casa e musulmano all'estero) se Biden si opponesse all'uso dello stesso strumento per fare i conti con la destra etno-nazionalista israeliana.

È tuttavia quello che succederà, con segmenti moderati e di centro che ricorreranno ad argomentazioni «sovraniste» (si leggano le riviste Spiked! o Unherd) per disconoscere la giurisdizione della Corte: in nome di una civiltà superiore che non può essere toccata dalle stesse regole che vuole imporre al nemico antropologico.

Arrivare a conseguenze concrete e tangibili sarà comunque difficile. Stati Uniti e Israele non fanno parte della Corte, che non dispone di una sua forza di polizia.

Perché il mandato d’arresto della Corte dell’Aja preoccupa tanto Netanyahu e i suoi alleati ideologici occidentali, dunque? Perché sarebbe un altro colpo durissimo alla reputazione internazionale di Israele, dei suoi alleati più rigidi, al suo soft power culturale - amplificato da innumerevoli redazioni - nonché alla retorica ipocrita che è stata impossibile scalfire per molti anni con critiche dure, lasciando la questione in mano alla sola sinistra radicale.

Così come il processo in corso all'Aia per genocidio (qualunque sia l'esito finale) un eventuale mandato d'arresto sarebbe un precedente enorme: temuto proprio per la legittimazione di quelle critiche un tempo indicibili che esso rappresenterebbe.

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