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La resa dei conti e dei bonifici
di
Rinaldo Battaglia *
‘Tutte le guerre sono combattute per denaro’.
Socrate lo disse 2500 anni fa. E probabilmente pochi altri, nel tempo, in così poche parole hanno descritto come gira il mondo.
In questi giorni che ci porteranno ad onorare il 25 Aprile – io sì, di certo – sento voci strane sulla condotta dell’Uomo della Provvidenza, il cui busto viene – sue parole – baciato tutte le sere dal nostro Presidente del Senato. Molti ‘figli della lupa’ oggi più che mai sono qui a santificare le sue ultime giornate, prima della grande fuga verso la Svizzera, dove oltre alla cioccolata da sempre esistono i forzieri delle grandi banche. Queste voci narrano che la grande fuga del Duce sia stata casuale, non prevista, magari ‘obbligata’ dai cattivi nazisti che lo costrinsero a scappare con loro, in quel modo così vigliacco.
Come spesso succede, riprendo ancora le sacre parole di Miguel de Unamunu: ‘Il fascismo si cura leggendo’ e sono sicuro che andrebbe studiato a fondo nei comportamenti dei suoi uomini, per capire la fame di denaro pubblico (cioè quello degli italiani) che caratterizzava il fascismo del Duce.
Del resto già il 10 giugno 1924 Giacomo Matteotti aveva preparato una completa e dettagliata relazione sui traffici illegali della famiglia Mussolini. Ma come noto, quella documentazione sul caso Standard Oil non fu mai presentata, essendo preventivamente stato rapito ed ucciso il suo relatore.
Nulla di cui sorprendersi, il fascismo del Duce, come tutti i regimi totalitari e dittatoriali, sono cloache di corruzione e ruberie. Cambia solo la tonalità del colore. Ma da noi, pochi ne parlano perché non è di moda citare i ‘ladri di regime’, come li chiamavano nei loro libri storici affermati come Mauro Canali e Clemente Volpini.
Elettoralmente non conviene.
Ma la Storia resta lì a ricordarcelo giorno su giorno.
Sappiamo bene – ad esempio - che Mussolini scappò da Milano dopo le ore 20 del 25 Aprile quando nella sede dell'arcivescovado il cardinale-arcivescovo di Milano Alfredo Ildefonso Schuster, lo stava aspettando per definire la sua resa.
Pochi sanno invece che già il 24 aprile, quindi il giorno prima, e nella prima mattinata dello stesso 25 (ossia molte ore prima dell’incontro prima menzionato) il ministro delle Finanze della RSI e banchiere del Duce, Giampietro Pellegrini - fascista d.o.c. e mussoliniano fedele fino al midollo – avesse firmato mandati di pagamento – bonifici, diremmo oggi - per oltre un miliardo di lire a favore dei gerarchi del PNF e avesse autorizzato persino il ritiro ‘dall’Istituto degli Scambi & Valute’ di tutte (o quasi) le monete in oro lì presenti. Per capire quanto allora valesse un miliardo di lire, giova ricordare che, a quel tempo, il reddito medio annuo di un operaio era di 4.238 lire (dati statistici nord Italia, anno 1943).
Quindi al momento della resa dei conti – anzi, qualche giorno prima – i vertici del fascismo si suddivisero il bottino.
Come di solito fanno i ladri dopo un colpo.
Ma l’operazione del 24 aprile non era la prima ‘anomala’ operazione del banchiere del Duce per conto del Duce.
Subito dopo la nascita della Repubblica di Salò, il 23 settembre 1943, quando l’Italia era alla fame in un contesto di disperazione e miseria, quel ministro delle Finanze su ordine del Duce e sicuramente su gentile richiesta di Hitler, bonificò dalle casse della RSI di Salò a quelle del Fuhrer, a Berlino (nel mese di ottobre 1943, nei giorni della retata degli ebrei a Roma) ben 12 miliardi e mezzo di lire ‘a titolo di riparazioni belliche’. Siccome probabilmente erano pochi, venne anche aggiunto l’invio a Berlino di altri 10 milioni in marchi, questa volta come ‘riserve auree’.
'Riparazioni belliche' poi di cosa? Abbiamo finanziato la retata del 16 ottobre e l’invasione dei nazisti? Capisco che per qualcuno erano ‘suonatori in pensione’ ma la cosa non ci fa onore.
A quel tempo - lo ricordo - un deportato IMI veniva pagato dalle fabbriche tedesche che lo sfruttavano a morte 6 marchi al giorno. 6 marchi che, ovviamente, non andavano al deportato ma al lager in cui era detenuto (un deportato costava al lager 0.70 marchi al giorno, non di più).
Serve altro?
Sempre per ‘indennizzo spese di guerra’, i tedeschi riceveranno da Salò 7 miliardi mensili da novembre 1943, 10 miliardi da gennaio 1944 e 12 miliardi da gennaio 1945, per un totale di 189 miliardi di lire.
Studiare (i documenti della ‘Fondazione della RSI – Istituto Storico’) per credere. Come diceva anni fa una nota pubblicità.
(...)
E per curiosità che fine fece dopo Giampietro Pellegrini, il banchiere di Mussolini ai tempi di Salò?
(...)
Giampietro Pellegrini – va detto - non era stato un fascista ‘ordinario’, lui era un fascista d.o.c. ancora prima della marcia su Roma e già allora era un affermato squadrista (aveva solo 23 anni). Farà con Mussolini veloce ed importante carriera.
Membro autorevole della direzione del PNF, docente di diretto e dottrina del fascismo all’Università di Napoli, e prima del 25 luglio 1943 sottosegretario al Min. delle Finanze.
E qui sarà un vero maestro a dettare le regole operative nel sequestrare e confiscare i beni immobiliari e mobiliari degli ebrei. Ci voleva qualcuno di capace a farlo!
Lo fece talmente bene che – da uomo fedele al Duce - appena nacque la Repubblica di Salò, Mussolini lo promosse subito a Ministro delle Finanze.
Ma in quel 24 e 25 aprile 1945 era talmente impegnato nel lavoro (firmare ordini di pagamento) che non riuscì a fuggire verso Dongo e così venne subito arrestato a Milano dagli Alleati. Poi, il 28 agosto la Corte d’Assise Straordinaria CAS di Milano lo condannò a 30 anni di carcere e la confisca dei beni a lui intestati.
Ma neanche 3 mesi - come detto - dopo fu 'indotto' a scappare da San Vittore e nascondersi in attesa dell’amnistia che quanto prima sarebbe di certo arrivata. Era solo questione di tempo, non altro. I voti 'fascisti' servivano ad ogni elezione.
Ritornò così subito attivo, aveva fama, riconoscenza, prestigio.
Era stato un fascista d.o.c. Non uno ordinario e qualunque.
Fu infatti subito uno dei promotori, con Almirante, della nascita del MSI, il Movimento Sociale Italiano.
Anzi: se ad Almirante va riconosciuto l’onore del simbolo, la fiamma recuperata dalla tomba a Predappio del Duce, a Pellegrini spetta il brevetto del nome MSI.
Sarà forte protagonista nel partito fino al 1949 quando preferì espatriare in Uruguay e a godersi - assieme a molti altri fascisti d’infanzia – le ricchezza là trasferite a tempo debito.
Con Nave Giulio Cesare insieme a Orio Ruperti e Carlo Strazza, piloti ANR (l’Aeronautica di Salò), il 25 luglio 1949 espatriò da Genova in Brasile, per un lavoro offertogli dall’emigrato Eduardo Matarazzo. Poco dopo, già nel 1950 a Montevideo lo raggiunsero il figlio Gaetano, già Sottotenente G.N.R (Guardia Nazionale Repubblichina) e il resto della famiglia. E lì a Montevideo morirà nel 1970.
Resta una domanda di fondo che pongo a tutti voi: ma qualcuno ha mai sentito parlare di Giampietro Pellegrini? E dei suoi mandati di pagamento a favore dei gerarchi del PNF e delle sue autorizzazioni per il ritiro ‘dall’Istituto degli Scambi & Valute’ di tutte (o quasi) le monete in oro?. Qualcuno sa qualcosa oggi dei suoi bonifici?
Eppure non sembra siano state operazioni così insignificanti. O sbaglio?
Un giorno Ernest Hemingway scrisse due parole che a me spiegano molto e che condivido appieno:
‘Sei comunista?’
‘No, sono un antifascista.’
‘Da molto tempo?’
‘Da quando ho capito il fascismo’.
Se si studiasse il fascismo lo si capirebbe e per qualcuno che oggi rivendica epoche passate o matrici perdute, il successo politico sarebbe di certo meno positivo.
O sbaglio ancora?
E a proposito: perché un mausoleo coi fondi pubblici al gen. Rodolfo Graziani (160.000 ad Affile nell’agosto 2012), vie a Giorgio Almirante e niente, nessuna piazza o via anche secondaria a Giampietro Pellegrini?
Scommetto che qualcuno ci starà già pensando.
In questi tempi di futuro remoto non è mai troppo tardi e tutto è possibile.
23 aprile 2024 – 79 anni dopo - Rinaldo Battaglia
* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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