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22 aprile 2024
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La bestia di Leopoli
di Rinaldo Battaglia *

“La gente spesso parla di crudeltà “bestiale” dell’uomo, ma questo è terribilmente ingiusto e offensivo per le bestie: un animale non potrebbe mai essere crudele quanto un uomo, crudele in maniera così artistica e creativa.” Sono parole di Fëdor Michajlovič Dostoevskij e le considero quanto mai idonee al profilo di un generale nazista, di cui oggi – 22 aprile – ricorrerebbe la sua nascita, 121 anni fa.

Ma risulta una di quelle date che è meglio dimenticare per il sangue che quella persona anni dopo procurerà, tanto da arrivare al soprannome di ‘La bestia di Leopoli’. E non potrebbe essere diversamente. Perché nel suo caso ad offendersi potrebbero essere le bestie, non viceversa.

Parlo di Karl Georg Eberhard Schöngarth, generale di Hitler e sadico nazista fino al midollo. Nativo di Lipsia ai tempi del Kaiser, fu persona molto colta. Studiò giurisprudenza, conseguì un dottorato in legge e dopo aver prestato servizio nell'esercito nel 1924, lavorò come professore all’Università Leibnitz, la prestigiosa Università di Hannover. Se ad aver successo e carriera nelle file del Fuhrer furono essenzialmente uomini prima mezzi falliti (come Hitler medesimo) o poco dotati di cultura, qui il caso è all’opposto. Eppure giovanissimo, alla fine della Grande Guerra fu tra i primi ad aderire convinto ai 'Freikorps' – quei corpi liberi e non inquadrati, per lo più composto da sbandati, disoccupati o delusi dalla sconfitta – e già nel 1922 (a soli 19 anni) alla 'Lega vichinga' (Bund Wiking) dove il suo comandante Eberhard Kautter usò, per primo e senza scrupoli, la violenza contro chi sosteneva la Repubblica di Weimar, considerata forma di potere debole ed inadeguata ai tempi. Poi fu tutto un crescendo continuo nelle file naziste aderendo al partito ufficialmente nel 1925, ove mise a frutto la sua alta formazione giuridica.

Eccolo così nel 1932 diventare procuratore nel Tribunale di Erfurt e da lì – col potere in mano ad Hitler nel gennaio ’33 – entrare nelle S.S. e, come ufficiale, nella Gestapo nel 1935 facendo anche qui una rapida carriera. Era colto e sapeva farsi valere. Dal novembre 1935 al 1936 fu assegnato alla sezione stampa della Gestapo di Berlino e durante la prima metà di quell'anno agì anche come avvocato politico del regime. Himmler lo volle responsabile dell'ufficio della Gestapo ad Arnsberg dal maggio 1936 al 1937 e incaricato come SS-Untersturmfuhrer il 9 novembre 1936. Himmler fu più volte colpito dalla sua rigidità e dalla totale assenza di scrupoli nel suo operare. Era quello che cercava. Più storici scrissero che ‘il dottor Schongarth era caratterizzato da un'eccezionale presa intellettuale veloce, una forte forza di volontà e un aspetto impressionante. Era una figura ingombrante, che esigeva rispetto e obbedienza’. All’inizio della guerra in Polonia, Schongarth venne così promosso a SS-Obersturmbannfuhrer ancora su preciso ordine di Himmler e in breve SS-Standartenfuhrer il 1 gennaio 1940 e nominato Oberst der Polizei il 1 marzo 1941, ossia ‘Comandante della Polizia di Sicurezza’, pronto per gestire la Shoah nei paesi occupati.

E fu dalla sua sede Cracovia che Schongarth si meritò contro gli ebrei il soprannome di ‘Bestia di Leopoli’. Seppe infatti unire al suo carattere molto energico, talvolta vivace e non privo di senso dell'umorismo, soprattutto quand’era in preda all’alcol – venne considerato un ‘bevitore abituale’ – una violenza inusuale anche contro i suoi subalterni, che amava anche personalmente “picchiare” oltrechè offendere con ‘espressioni drastiche’. E ciò spaventava non solo i ‘nemici’ ma anche i ‘suoi’ uomini. Che lo temevano. Ma non era frutto di casualità ma di sadico programma. Schongarth da fanatico nemico degli ebrei, riteneva necessario per l’umanità il loro sterminio e voleva forgiare ed indurire i suoi collaboratori e i suoi soldati con la necessaria "durezza d'acciaio" per tale scopo. E a Leopoli darà scempio di questa sua strategia e criminale intransigenza. Durante lo sterminio del ghetto della città i suoi ufficiali praticarono perfettamente la ‘sua’ dottrina: nessuno scrupolo e massima durezza. E fu chiaro per tutti i nazisti una nuova regola, ideata proprio da Schongarth: qualsiasi ufficiale delle SS sarebbe stato fucilato anche solo se non avesse eseguito un singolo suo ordine e se contro gli ebrei non avesse operato senza nessuno scrupolo e senza la massima durezza. E lui personalmente avrebbe sostenuto, sempre e infinitamente, qualsiasi ufficiale che avesse sparato al suo compagno nel caso in cui questi non avesse rispettato i suoi ordini. Lo stesso dicasi per i soldati di truppa, le cui colpe sarebbero ricadute anche sui loro ufficiali. Sarà un massacro.

Nella città polacca di Leopoli prima della guerra vivevano almeno 110.000 ebrei; al momento dell’occupazione tedesca nel 1941 (quando con l’operazione Barbarossa anche la città passò dai sovietici, arrivati dopo il 17 settembre ’39 in virtù del patto Molotov-Von Ribbentrop, ai nazisti) erano già 220.000 avendo nel frattempo raccolto quelli che fuggivano dalla Polonia occidentale già occupata dalle truppe di Hitler. I nazisti nel novembre ’41 rinchiusero tutti gli ebrei della città nella zona settentrionale, creando un ghetto, da cui non si poteva uscire e che sarà liquidato nel giugno 1943 con tutti i suoi abitanti. Coloro che erano sopravvissuti alle precedenti uccisioni, vennero mandati a morire su carri bestiame nel campo di sterminio di Bełżec e nel vicino lager di Janowska. Solo in quest’ultimo, anni dopo, la ‘Commissione di Stato straordinaria sovietica’ quantificherà in oltre 200.000 persone le vittime (catturate a Leopoli e zone vicine).

Le Einsatzgruppen (le «unità operative», sia le Einsatzgruppen der Sicherheitsdienstes [SD] che Einsatzgruppen der Sicherheitspolizei [SIPO] specializzate nello sterminio degli ebrei, composti da uomini delle SS, della polizia e della Wehrmacht) che operarono nel ghetto di Leopoli erano guidate proprio dall’Oberst der Polizei Karl Eberhard Schöngarth. Ma non solo a Leopoli, anche Polonia orientale e nella Bielorussia occidentale. E furono responsabili dell'omicidio sul luogo di oltre 10.000 vittime, senza considerare le deportazioni nei lager. Il tutto senza nessuno scrupolo e massima durezza. Esistono ancora foto di donne ebree di Leopoli terrorizzate ed inseguite da soldati nazisti. Solamente capendo le regole di Schöngarth possiamo solo ad avvicinarci alla atrocità di quelle scene: quei soldati dovevano usare le manieri più criminali per non passare loro da carnefici a vittime e uccisi dai loro stessi ufficiali.

Non solo: i nazisti a Leopoli usarono contro gli ebrei, sin dai primi di luglio ’41 gruppi di nazionalisti ucraini con il supporto degli squadroni della morte paramilitari delle SS. E qui si parla di almeno 4.000 ebrei massacrati. Sarà chiamato il "massacro della prigione". Una seconda azione anti-ebraica avvenne negli ultimi giorni dello stesso mese (saranno chiamati i "giorni di Petlura", dal nome del leader e pogromista ucraino Symon Petliura, assassinato nel 1926) sempre organizzata dai nazisti, ma anch'esso eseguito da gruppi di nazionalisti ucraini. All'incirca tra 5.000–7.000 ebrei furono brutalmente picchiati o colpiti e più di 2.000 assassinati in questo massacro. Se non era l’inferno questo, cos’era? E il ‘colto’ Karl Georg Eberhard Schöngarth era lì a dirigere il massacro.

Il caso di Leopoli fu talmente sconvolgente – siamo prima del massacro di Babi Yar o della ‘festa del raccolto’ a Majdanek – che non poteva che dare soddisfazione ad Himmler e al suo braccio destro Heydrich. Pochi mesi dopo, quando decisero la Conferenza di Wannsee, Schöngarth venne ovviamente invitato – tra i 13 eletti – per pianificare la Soluzione Finale. Era lì per rappresentare agli altri – se ne avessero avuto bisogno – come procedere per velocizzare la Shoah e come ‘sfruttare’ a tale scopo i soldati del Terzo Reich.

(...) A non aspettare e dare il giudizio che anche altrove avrebbe subito meritato, ci pensarono gli inglesi col supporto degli olandesi. Ma dovevano trovare il giusto ‘reato’ in terra d’Olanda, trovarlo e che fosse indiscutibilmente valido.

Vi riuscirono i magistrati del tribunale militare britannico di Burgensteinfurt, in Germania ma nella zona di occupazione inglese, che lo processarono (dal gennaio all'aprile del 1946) per una vicenda del 21 novembre 1944. Quel giorno l'equipaggio di un bombardiere alleato salpato presso Enschede in Olanda fu costretto a scendere fuori zona, in un terreno di una villa fuori città. Ma sfortuna volle che quella era la sede di un quartier generale delle S.S. Uno dei membri dell'equipaggio, il secondo tenente Americo S. Galle di New York, venne – illeso - così catturato dalle S.S. e condotto nei sotterranei della villa. Lì quel giorno era presente anche Schongarth e testimoni confermeranno che, in preda all’alcol stesse festeggiando ‘con reminiscenze dei "giorni passati" a Cracovia e Leopoli’. E senza pensarci due volte dette l’ordine di uccidere l’americano, peraltro prima vestendolo da civile per confondere eventualmente le tracce o le colpe e sparandogli poi a sangue freddo, all’aperto, con un colpo alla nuca. I giudici provarono che non erano state minimamente rispettate le norme della Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra, mai peraltro ipocritamente negate dalla Germania di Hitler. La sentenza fu di morte e venne confermata dall'istituto penale del tribunale militare britannico di Hameln. Qui verrà giustiziato per impiccagione il 15 maggio 1946. Aveva allora 43 anni.

Sembra strano a dirsi, ma a guerra finita per rispettare la legge - su cui studi Schongarth si era specializzato – si dovette cercare una caso minore, (pur ovviamente nel rispetto totale della vita del tenente Americo S. Galle ucciso a tradimento) per ‘ compensare’ l’infinità di crimini commessi nell’est Europa. La Bestia di Leopoli non pagò per i massacri di Leopoli e corse il ‘rischio’ forse di non pagare mai. Forse ci avrebbe pensato, anni dopo, Simon Wiesenthal, il 'cacciatore di nazisti', uno dei pochi abitanti ebraici del ghetto di Leopoli a sopravvivere alla guerra (come indicano le sue memorie in "I carnefici tra noi" dove dichiarò che fu salvato dall'esecuzione da un poliziotto ucraino), anche se venne poi deportato in un lager e questo probabilmente gli permise la sopravvivenza, meno certa se fosse rimasto nel ghetto. Ed è tutto dire.

Karl Georg Eberhard Schöngarth non pagò per i massacri di Leopoli e corse il ‘rischio’ di non pagare mai. Come avvenne per molti altri criminali nazisti fuggiti in Sud America, in barba al diritto e alla decenza. E – mai dimenticarlo – assieme a molti fascisti italiani e grazie alla vaticana Rat-line del vescovo di Pio XII, Alois Hudal. Senza nessuno scrupolo e con la massima ipocrisia. In barba al diritto e alla decenza.

22 aprile 2024 – 121 anni dopo

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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