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21 aprile 2024
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Fuga per la vittoria
di Rinaldo Battaglia *

Il 21 aprile del 1914, 110 anni fa, quando il mondo era ancora in pace, a Sarnano sulle colline marchigiane nasceva Mario Maurelli. So che non dice niente a nessuno, ma è stato un arbitro di calcio, non famoso come quanto avrebbe meritato. Era sicuramente uomo serio, corretto e degno di memoria. Almeno per come arbitrò una partita di calcio all’età di 30 anni. Anch’essa non famosa ma meritevole indubbiamente di esser ricordata. Pochi sanno, infatti, che anche in Italia negli anni maledetti di guerra ci fu una ‘partita della morte’, sull’analogia della ‘Fuga per la vittoria’ il famoso film di John Houston che oltre 40 anni fa, ebbe molto successo, con partecipazione peraltro, oltre a Sylvester Stallone, anche del grande ‘O Rey’ Pelè. Ma nel nostro caso non hanno mai girato film illustri.

Avvenne ad inizio aprile del 1944 (la data non è stata identificata con esattezza, probabilmente il 1° aprile) a Sarnano, un paesino sulla strada che dall’Adriatico portava a Roma (siamo vicino alla Linea Gustav). Si racconta che il 29 marzo ’44 il paese venne circondato dalle SS Alpenjager (II Reggimento della Divisione Brandenburg) e i militi fascisti della GNR (tra cui il Battaglione M «IX Settembre» dove M stava ovviamente per Mussolini), forse (mai però provato) per rappresaglia di altre uccisioni. In breve, si minacciò l’impiccagione di tutti i maschi (per lo più contadini ed anziani) a meno che fosse stato detto loro il luogo in cui nella zona si nascondevano i partigiani, che facevano capo all’ex-tenente romano Decio Filipponi, ad un noto antifascista locale (Zeno Rocchi) più volte già arrestato durante il regime di Mussolini e ad un esule istriano (Mario Depangher) molto ‘stimato’ in zona.

Non avendo avuto collaborazione, i nazifascisti iniziarono un rastrellamento, soprattutto verso il borgo di Piobbico. Seguirono vari scontri a fuoco, con più morti. Una spia alla fine indicò la casa dove effettivamente si rifugiava Filipponi, che venne preso e subito impiccato ad un lampione e lasciato lì per molte giornate, quale monito. I nazifascisti decisero di fermarsi a Sarnano e farne la loro base operativa. E fu lì che vennero a sapere che in paese abitava un arbitro di calcio, proprio Mario Maurelli, famoso pure in Germania avendo, a suo tempo, anche là diretto delle partite.

A dire il vero, nel dopo guerra arbitrerà anche in Serie A e pure alcune partite internazionali, fino ad arrivare nel 1961 alla dirigenza di Roma dell’AIA (Ass. Arbitri Italiani). La sua carriera si era prima fermata causa la guerra e prima dell’8 settembre ’43 era stato congedato, per ferite subite in battaglia. Era ora a casa in convalescenza. Pur avendo combattuto assieme ai tedeschi su più fronti, non li amava molto, forse per il fatto che suo padre nella Grande Guerra era stato ucciso sull’altopiano di Asiago, durante un assalto, dagli austriaci. Si racconta che un anonimo sergente nazista, grande appassionato di calcio, abbia cercato Maurelli e quasi imposto una sua soluzione, di certo anomala e strana dato il contesto del momento: organizzare una partita, che lui avrebbe arbitrato, tra tedeschi e giovani italiani della zona (e quindi, se non erano soldati impegnati al fronte, potevano solo essere partigiani). E se non fosse avvenuto il paese sarebbe stato messo a ferro e a fuoco. Poche settimane prima a Roma vi era stato l’eccidio delle Fosse Ardeatine e la notizia era già inevitabilmente arrivata anche da quelle parti, creando panico e terrore.

Vista l’alternativa, Maurelli dopo essersi convinto che la proposta tedesca non era un ‘gioco’, cercò di raccogliere una quindicina di ragazzi per la partita e non fu cosa facile convincerli. Dovette ricorrere anche al fratello Mimmo e al cugino Ennio, che già erano coi partigiani, che dettero la loro disponibilità a giocare e questo quale ‘garanzia’ per gli altri. Mimmo Maurelli, dopo aver combattuto in Grecia e in Albania e, dopo aver spalato le macerie del bombardamento di San Lorenzo a Roma del 19 luglio 1943, era stato fra tra i primi dopo l’8 settembre a scegliere la strada della lotta partigiana, rifugiandosi sull’Appennino insieme ad altri civili e militari della zona.

Secondo testimoni, come Angiolino Ghiandoni allora di soli 13 anni, Mauro Maurelli fece intervenire anche il Commissario prefettizio del Comune e questi sembra abbia pure sondato i membri del Comitato Liberazione locale, allo scopo di evitare una strage nel paese. La minaccia venne presa da tutti molto sul serio: non era uno scherzo. Alla fine, la squadra venne raccolta, come descrisse in un documentario, molti anni dopo, Umbero Nigri intitolato non a caso: ‘La leggenda di Sarnano’.

Per la sede della partita venne scelto dai ‘padroni’ tedeschi e dai compari fascisti il ‘Campo della Vittoria’, piccolo campo di calcio inaugurato solo 12 anni prima dalle più alte cariche del fascio della zona. E al fine di evitare brutte figure invitarono, con avvisi affissi sui muri, tutta la popolazione a vederla, informando che ‘non avrebbero accettato assenze ingiustificate’.

Non c’erano giornalisti o bordo-campisti quel giorno. L’articolo della partita uscirà solamente 57 anni dopo, su 'Repubblica', a firma di Antonio Dipollina, in occasione dell’intitolazione del nuovo impianto sportivo proprio all’arbitro Mauro Maurelli, deceduto il 5 settembre del 2000. Non ci sono ad oggi voci unanimi sull’esito della partita, se non che finì in pareggio (probabilmente 1 a 1) e ciò per grande merito dell’arbitro Maurelli. Soprattutto quando già al 10° minuto di gioco, tramite un perfetto cross del compagno Lucarelli, Giacomo Grattini il centravanti segnò il primo gol. Ma con chiare occhiate l’arbitro fece capire che non era il caso di esultare troppo e in quel modo anche i civili – che ovviamente tifavano da quella parte – capirono e si adeguarono. Non solo: cercò infatti sempre di evitare ‘problemi’, usando - ad esempio - il cartellino rosso per un brutto fallo di un tedesco, un certo Walter Kobler, e magari subito dopo mandando fuori senza motivazioni un ‘italiano’ (guarda caso il fratello Mimmo). Forse per proteste, senza però ...che avesse protestato.

Ma i tedeschi malgrado i loro sforzi non riuscivano a segnare. A quel punto intervenne Mario come arbitro e il fratello Mimmo come ‘capitano’ della squadra, sebbene non più in campo: «Qui bisogna farli pareggiare, altrimenti rischiamo grosso».

E così a pochi minuti alla fine, con il risultato sull'1-0, il partigiano Libero Lucarini, con un suo madornale errore davanti l’area, mise in condizioni che la squadra nazista facilmente segnasse. E pochi minuti dopo, ma Mario, vedendo un pericoloso contropiede dei ‘nostri’, come arbitro decise di concludere la partita con qualche attimo in anticipo.

Alla fine, quindi riuscì a mantenere un clima ‘sportivo’, senza toni ‘politici’ e questo fu forse la chiave della partita. Si racconta che, con probabilità, era quello il senso della richiesta dei tedeschi e dei fascisti, quello di inscenare una normalizzazione dei rapporti con la popolazione locale, sebbene ‘tifasse’ apertamente per i ‘banditi partigiani’. A quest’ultimi, che preferirono non umiliare gli avversari e allo stesso tempo evitare probabili ‘ritorsioni’ sui civili, venne dato il tempo di fuggire via dopo la partita. Il sergente tedesco lo aveva promesso all’arbitro: nessun giocatore, partigiano o meno che fosse, sarebbe stato ‘toccato’ e tanto meno deportato nei lager nazisti, vero terrore allora per le popolazioni dell’Italia occupata dai tedeschi e dai fascisti di Salò.

Erano promesse verbali ma si sa bene quanto contassero allora le promesse degli uomini di Hitler e del suo compare Mussolini. Si racconta che il fratello di Mario, il partigiano Mimmo, più volte a guerra finita abbia detto che per il senso di quella partita e per la volontà di salvare vite umane, già prima di giocare si era tra loro deciso di far vincere i nazisti. Perché di certo era quello che tutti pensavano che questi volessero.

«Giochiamo, però facciamoli vincere, senza dare nell'occhio. Sbagliamo un paio di passaggi nella nostra area, tiriamo fuori anziché mirare e novanta minuti passano in un attimo» Altro non fu necessario, ma anche il sergente nazista quel giorno si era impegnato e fu di parola. Strano forse a dirsi. Anni dopo, la politica volle ‘far sua’ la storia di quella sfida e dare un colore diverso, evidenziando essenzialmente il fatto che la popolazione di Sarnano si fosse prestata ‘a giocare con l’occupante nazifascista’, convincendo anche i partigiani in tale ‘sceneggiata’. Venne tutto messo in cassetto, chiuso a chiave e fatto dimenticare.

Dopo la guerra - come già detto - Mario Maurelli riprese ad arbitrare e tra il 1945 e il 1958 diresse ben 98 partite di Serie A (e a quel tempo si giocava solo la domenica, quindi un numero molto elevato per gli standard di allora) e persino come ‘arbitro internazionale’ 2 partite della Coppa dei Campioni.

Ogni tanto qualche protagonista ne parlò magari ad una cena con gli amici, come il goleador Giacomo Grattini che poi sposò una ragazza di Sarnano. Oppure Leo Birzoli, che divenne giornalista e vicepresidente della Rai (nel 1986). O il portiere Lino Bianconi o il centrale Stelvio Papetti, che poi proseguirono la lotta partigiana (Papetti, peraltro, si laureò e si trasferì a New York, dove divenne un affermato legale). Probabilmente, anche in questo caso la propaganda – essendo sempre propaganda, di destra o sinistra propaganda rimane - alla fine rovinò tutto, portando a nascondere un evento di certo curioso. Forse era partito per gioco o per ‘svagare’ i civili e i soldati. Forse, alla fine, stava sfuggendo di mano. Ma permise a tutti di uscirne vincitori, chi salvando la pelle e chi salvando la faccia. In questo caso il pallone risolse dei seri problemi, in un momento molto tragico oltrechè pericoloso. Il calcio, ancora ‘panem e circenses’, refrain che da duemila anni ritorna sempre. In questo caso la fuga finale dei giocatori partigiani fu una vittoria di tutti, anche dell’anonimo sergente nazista che mantenne fede alla parola data, forse per rispetto della sua dignità o - chissà - per le regole d'onore e lealtà reciproca su cui si basa il calcio. Di certo anche – per tutti quel giorno - quella è stata una 'fuga per la vittoria'.

21 aprile 2024 – 110 anni dopo la sua nascita

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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