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26 gennaio 2024
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Riforme della giustizia e del governo: rischio di dittatura
di Renato De Vecchis

Le prossime linee direttrici della riforma liberticida e pseudogarantista di Nordio: responsabilità civile per i giudici; divaricazione dei percorsi di carriera giudiziaria senza il mantenimento dei minimi spiragli di comunicazione e intersezione tuttora vigenti tra funzione requirente e funzione giudicante; abrogazione del vincolo dell'obbligatorietà dell'azione penale; revisione dell'istituto della prescrizione per riprodurre la vecchia regolamentazione antecedente al dispositivo di legge Bonafede e alla riforma Cartabia.

Con Nordio è ripresa e si è perfezionata l'offensiva contro un sistema giudiziario reputato pericoloso per la stabilità degli equilibri politici conseguiti attraverso il voto elettorale. Il vecchio sogno piduista teorizzato nei documenti programmatici della massoneria atlantica rinvenuti a Castiglion Fibocchi nel 1981 poteva essere compendiato identificandolo come un sistema di governo basato su una suddivisione non paritaria del potere attraverso la subordinazione sostanziale del momento legislativo e dell'articolazione giudiziaria rispetto alla estrinsecazione egemone rappresentata dal potere esecutivo del primo ministro e del consiglio dei ministri.

L'evoluzione presente è conforme a questo progetto carezzato da Licio Gelli e dai suoi adepti, e originariamente qualificato come disegno politico eversivo. Il cambiamento che Nordio vorrebbe imprimere va infatti verso uno svuotamento progressivo dell'autorità parlamentare e verso una sterilizzazione e annacquamento del potenziale di manovra, di decisione e di intervento dell'istituzione giudiziaria.

Per giustificare il cambiamento imposto a suon di decreti- legge, i meloniani approntano la loro "marcia su Roma" metaforica, ovvero l'opera di stravolgimento surrettizio delle garanzie costituzionali di equilibrio fra i poteri, facendo riferimento alla necessità di sfrondare e semplificare l'ordinamento penale in nome di istanze popolari che la Destra si arroga l'impegno di coerentemente interpretare ed esaudire ma che sono in realtà inesistenti.

In particolare, nessuno si è mai sognato di richiedere alla Meloni e a Nordio l'abolizione delle fattispecie giuridiche del concorso esterno mafioso, del traffico di influenze e dell'abuso d'ufficio, se non rappresentanti della casta insidiati dalle inchieste giudiziarie per malcostume amministrativo. Se ci sono istanze volte alla depenalizzazione di qualche reato, esse partono dal cuore dell'apparato del potere politico e non certo dal popolo.

Inoltre la devitalizzazione delle prerogative della magistratura e l'accentramento del potere nelle mani dell'esecutivo si iscrivono nella traiettoria degli atti di smantellamento istituzionale che sono funzionali all'avvento quanto più agevole possibile di una forma di governo autoritaria.


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Dossier giustizia

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