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Ucraina: proposte di strategia dettate dal pensiero magico
di
Francesco Dall'Aglio *
A una lettura superficiale, anche questo articolo per Foreign Affairs di Richard Haas e Charles Kupchan dal titolo "Ridefinire il successo in Ucraina. Una nuova strategia deve bilanciare mezzi e fini" sembrerebbe rientrare nella categoria del "pensiero magico" di cui ho scritto l'altro ieri.
C'è, dicono gli autori, un "mismatch" tra fini e mezzi disponibili, ed è ora che gli USA e gli alleati europei convincano l'Ucraina a negoziare un cessate il fuoco e a passare dall'attacco alla difesa.
Ovviamente (qui parrebbe entrare in gioco il pensiero magico) questo non vorrebbe dire rinunciare a recuperare tutto il proprio territorio, ma "le priorità a breve termine devono passare dal liberare più territorio al difendere e riparare quello sotto il suo controllo che è più dell'80%".
Anche se non si arrivasse a un cessate il fuoco il cambio di strategia (altro pensiero magico) sarebbe comunque benefico, perché "limiterebbe la perdita continua di uomini, la metterebbe in grado di stornare più risorse per difesa e ricostruzione a lungo termine, e rinforzerebbe il sostegno occidentale dimostrando che Kiev ha una strategia funzionante e diretta a obiettivi raggiungibili", e in più farebbe capire alla Russia che non può sperare di durare di più dell'Ucraina e del sostegno occidentale, e la convincerebbe a negoziare.
Questi negoziati, non si sa come, porterebbero ovviamente alla ritirata da tutto il territorio ucraino. Pensiero magico, appunto.
Però il quadro che gli autori fanno della guerra fino a questo punto è assolutamente realistico, soprattutto per quanto riguarda le perdite subite dall'Ucraina e il fatto che l'economia russa è in grado non solo di resistere alle sanzioni, ma di aumentare a dismisura la propria produzione di armamenti.
E se si va a guardare alle considerazioni successive, pur concedendo che "l'Occidente non dovrebbe spingere l'Ucraina a rinunciare a recuperare le sue frontiere del 1991 o a considerare la Russia responsabile delle morti e della distruzione che la sua invasione ha causato", appare chiaro che questo cessate il fuoco che l'Ucraina dovrebbe "offrire" (e la Russia non si sa perché accettare) con tanto di zona smilitarizzata e supervisione di organismi internazionali, somiglia molto più allo "scenario coreano" di congelamento definitivo del conflitto che al "piano di pace ucraino", nonostante l'inizio dell'articolo sembri a prima vista andare in quella direzione.
E anche se non si dovesse arrivare a questo cessate il fuoco, il cambio di strategia, ossia l'abbandono di qualsiasi idea di controffensiva e recupero del territorio perduto, deve necessariamente diventare la strategia futura: "la realtà è che quella che per l'Ucraina è cominciata come una guerra necessaria - una lotta per la sua stessa sopravvivenza - si è trasformata in una guerra per scelta, una lotta per riconquistare la Crimea e la maggior parte della regione del Donbas nell'Ucraina orientale. Non è solo una guerra che non si può vincere; rischia anche di perdere il sostegno occidentale sul lungo periodo".
Certo c'è bisogno di indorare un po' la pillola, e la chiusura non può che essere un minimo ottimista: "Ha molto più senso per l'Ucraina assicurarsi che la maggior parte del paese sotto il controllo di Kiev emerga come una prospera e sicura democrazia piuttosto che rischiare il futuro della nazione in uno sforzo militare disperato per riprendere il territorio ancora sotto controllo russo. La rinascita dell'Ucraina come democrazia vincente e resistente capace di difendersi costituirebbe una sonora sconfitta per le ambizioni russe".
Ma il senso mi pare abbastanza chiaro, "prospera democrazia" o meno: quei territori non li recupererete più e rischiate di perderne altri, qui da noi sono finiti sia soldi che voglia, vediamo di limitare i danni. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoce 'o passato.
* Componente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio
 
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