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18 novembre 2023
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Salvatore di nome e di fatto
di Rinaldo Battaglia *

Il 18 novembre 1909, nella lontana Sardegna e precisamente a San Nicolò Gerrei (Cagliari) nasceva Salvatore Corrias. Sono passati molti anni da allora e altrettanti dalla sua morte, quando il 28 gennaio 1945, venne catturato dalle Brigate nere di Salò, i fascistoni della Brigata nera "Tucci" e subito fucilato nel recinto della sua caserma della Guardia di Finanza di Bugone. Erano mesi che era sulla lista dei grandi colpevoli per gli uomini di Mussolini e quel giorno si saranno scambiate, tra di loro, le congratulazioni e i complimenti.

Quel giorno Salvatore stava tornando da uno dei suoi ‘giri’ dopo aver portato in salvo in Svizzera un ex prigioniero inglese. Uno dei tanti. Talvolta inglesi, talvolta partigiani o civili antifascisti ricercati dalle Brigate Nere, talvolta ebrei e spesso bambini.

Grande colpa, vero? Ricordiamocelo il suo nome quando qualche politico di turno, oggi magari molto in alto, dichiara in pompa magna che tra fascismo ed antifascismo non vi sono differenze. Prendete il caso di Salvatore, ad esempio, e poi che aspetto che qualcuno mi dica se è ancora convinto che gli assassini della "Tucci" – molto operativa in quella zona – e il giovane finanziere Salvatore Corrias, l’ucciso, siano uguali.

Salvatore, non ancora ventenne, entrò nel 1929 nella Regia Guardia di Finanza e al termine del corso di formazione destinato alla Compagnia di Cernobbio. Poi vari trasferimenti: tipico di chi si impegna per far carriera. Il 10 giugno 1940, quando il Duce dichiarò guerra al mondo, si trovava di servizio a Torino, nella locale Brigata volante della GdF Poco dopo, con altri commilitoni della sua Compagnia Comando, venne destinato a Marignane, nella Provenza francese da noi allora occupata, con incarico di vigilare la dogana presso il locale idroscalo.

Niente di particolare, niente di anomalo. Le cose cambiarono col cambiare della guerra. Dapprima (giugno ’42) a Domodossola, ma soprattutto dall’aprile ’43 venne spedito a a Ribnica, poco lontano da Lubiana, assegnato al 3ª Compagnia del X Battaglione della Regia Guardia di Finanza, dove i partigiani locali si stavano velocemente rafforzando e reagendo alle nostre violenze di occupazione, prima dettate dal gen. Roatta e poi dal gen. Robotti, due criminali di guerra per la War Crimes Commission dell’ONU.

Fu qui che venne colpito dall’armistizio dell’8 settembre, ma per una serie di eventi fortunati riuscì con molti fanti del 52º Reggimento a scappare verso Trieste e qui – aiutati dal Comandante della Legione della Regia Guardia di Finanza, il colonnello Persirio Marini – arrivare in fretta a Milano, al Centro di Mobilitazione. Passati i primi giorni nella confusione più totale fu aggregato il 15 settembre alla "Brigata Volante" delle fiamme gialle di Uggiate, sotto il comando della Compagnia della GdF di Olgiate Comasco.

Ma durò poco: aveva visto cos’era stato il fascismo in Italia e la nostra guerra di occupazione in Slovenia. Alla prima occasione, già il 15 ottobre 1943 si unì convinto ai partigiani della formazione "Giustizia e Libertà", che sarebbe poi diventata la Brigata "Emanuele Artom". Ma restando dentro il corpo della finanza, perché indossare quella divisa gli permetteva di muoversi più agevolmente lungo la frontiera italo-svizzera. Già dall’estate ’44 aveva iniziato ad accompagnare ‘disperati’ in fuga verso la Svizzera. In pochi mesi si parla di oltre centinaia di ebrei, ricercati dai nazifascisti per sterminarli ad Auschwitz. Ma non solo anche di ‘perseguitati politici di ogni orientamento’.

In pochi mesi i ‘viaggi’ aumentarono e il suo nome iniziò a passare tra i comandanti delle varie brigate nere, che aspettavano il momento giusto ‘con le mani nel sacco’. Salvatore aveva intuito che la corda gli si stava restringendo attorno al collo, ma non volle fermarsi. Troppe persone avevano bisogno del suo ‘contributo’. Tutto si fermò in quel 28 gennaio e il suo corpo buttato con disprezzo in una fossa vicino. Solo a guerra finita e liberata l’Italia, nel maggio ’45, quel corpo fu recuperato e seppellito nel cimitero di Moltrasio. Oggi una lapide lo ricorda: "Ancor giovane, generosamente donò la vita per l'ideale supremo della Patria".

Nel 2006 lo stato Lo Yad Vashem di Gerusalemme lo ha riconosciuto come ‘Giusto tra le nazioni’ e più tardi anche il il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, gli ha concesso la Medaglia d'oro al merito civile, il massimo nostro riconoscimento: «Nel corso dell'ultimo conflitto mondiale si prodigava, con eccezionale coraggio ed encomiabile abnegazione, in favore dei profughi ebrei ed i perseguitati politici, aiutandoli ad espatriare clandestinamente nella vicina Svizzera. Animato da profonda fede nella democrazia e nello Stato di diritto partecipava con impegno tenace alla lotta partigiana. Arrestato dai nazifascisti veniva barbaramente fucilato, immolando la giovane vita ai più nobili ideali di solidarietà umana, di rigore morale ed amor patrio. 1943-1945/Bugone di Moltrasio (CO).»

Tutto più che meritato: peraltro tempo una decina di anni fa alcuni ricercatori e storici locali - Il giornale ‘La Provincia di Como’ più volte se ne è occupato – hanno recuperato molti documenti ufficiali che comprovavano la sua attività di ‘spola sul confine svizzero’. Nel 2008 inoltre il suo nome fu più volte esaltato nel libro di Luciano Luciani e Gerardo Severino ‘Gli aiuti ai profughi ebrei e ai perseguitati: il ruolo della Guardia di Finanza (1943-1945)’, pubblicato a cura del Museo Storico della Guardia di Finanza.

Era un semplice finanziere, era un uomo. Salvatore di nome di fatto. Come si fa a dire che non aveva differenze dai fascisti della Tocci che lo uccisero affinchè non portasse in salvo altri ebrei? E porsi questa domanda in Italia nel 2023 è veramente vergognoso oltreché deprimente.

Un giorno, Sandro Pertini probabilmente il Presidente della Repubblica più amato dagli italiani - quello che diceva che “Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi”- in un discorso pubblicò affermò questa verità:“I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo".

Come la vita e la morte del giovane Salvatore Corrias. Salvatore di nome e di fatto.

18 novembre 2023 – 114 anni dopo – libere pagine del mio prossimo libro 'Il tempo che torna indietro'.

*Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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