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14 agosto 2023
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Solo l'amore crea (e il fascismo distrugge)
di Rinaldo Battaglia *

«Lei non ha capito nulla della vita....l'odio non serve a niente... Solo l'amore crea!». Queste le ultime parole dette da un santo uomo al suo assassino, Hans Bock, un delinquente comune di Auschwitz nominato dai nazisti capo-blocco dell'infermeria dei detenuti e incaricato, quel giorno, di effettuare l'iniezione mortale di acido fenico nel suo braccio. Le sue penultime parole, a dire il vero, perché chiuderà gli occhi dicendo «Ave Maria».

Quel giorno era il 14 agosto 1941 e il giorno successivo la Festa dell’Assunta, dedicata proprio alla Madonna. Quel santo uomo era nato in terra polacca, sotto l’impero zarista di Russia, nel gennaio 1894 col nome di Rajmund Kolbe, ma 16 anni dopo, il 4 settembre 1910, quando divenne novizio nell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, assunse il nome di Massimiliano Maria. Padre Massimiliano Maria Kolbe.

Papa Paolo VI lo beatificò 70 anni dopo quel giorno di Auschwitz e sarà un suo conterraneo, il papa polacco Giovanni Paolo II a canonizzarlo il 10 ottobre 1982. Quel giorno, quando il Papa lo nominò «santo martire, patrono speciale per i nostri difficili tempi, patrono del nostro difficile secolo e martire della carità» volle essere presente anche il testimone di quelle ultime parole. Si chiamava Franciszek Gajowniczek e se era lì, con il peso dei suoi 81 anni, a piangere di gioia e commozione lo aveva dovuto solo a quel santo uomo.

Nel settembre ’39 quando Hitler invase la sua Polonia, Franciszek Gajowniczek era un sergente dell’esercito di Varsavia. Arrestato poco dopo dalla Gestapo, dopo mesi di prigione a Zakopane e poi a Tarnów, venne spedito, tra i primi, ad Auschwitz (8 settembre 1940).

Qui nei lager dei lager, il 29 luglio 1941, un deportato del blocco 14, dove si trovava anche Gajowniczek, tentò la fuga. Gli ordini del Kommandant Rudolf Höß (Hoess) erano chiari: ad ogni prigioniero che cercava di scappare immediatamente altri 10 dello stesso blocco sarebbero stati uccisi. Ma non subito fucilati, troppo comodo: sarebbero stati spediti nel ‘bunker della fame’ senza né pane e tanto meno acqua, fino al loro ultimo respiro.

Tra gli sfortunati venne scelto dalle S.S. anche Franciszek. Non riuscì a trattenere le lacrime e gridò ai suoi assassini che aveva a casa una moglie e dei bambini piccoli. Nel silenzio più totale dei prigionieri del blocco 14, tutti presenti e terrorizzati, un uomo anch’egli deportato, quel piccolo frate francescano di nome Massimiliano Kolbe, uscì dalla fila e offrì la sua vita al posto di Franciszek. Non lo conosceva, non si conoscevano.

Padre Kolbe era arrivato ad Auschwitz il 28 maggio 1941, immatricolato col numero 16670 e mandato subito ad uno dei lavori peggiori, il trasporto dei cadaveri. Essendo stato sorpreso a celebrare una messa, proprio pochi giorni prima di quel 29 luglio – tra una bastonatura e l’altra - era stato trasferito al terribile blocco 14.

Non conosceva Franciszek, ma per Padre Kolbe era un uomo, un figlio di Dio, un padre di famiglia, suo fratello. Insistette così forte che la SS-Lagerführer Karl Fritzsch, accettò la sostituzione. Tra la sorpresa degli altri nazisti: il regime aveva ideato e realizzato i lager affinchè venissero eliminati i sentimenti di pietà, il concetto di solidarietà, gli affetti tra gli esseri umani. Coloro che arrivavano lì erano ‘non-persone’, vite non degne di esser vissute. Scarti del mondo.

Padre Kolbe venne quindi rinchiuso a morire nel bunker. Ma le sorprese per i nazisti non erano finite. Dopo oltre 15 giorni senza acqua e senza niente altro, 4 condannati risultavano ancora vivi e avevano ancora energia in corpo per continuare a cantare e pregare. Tra questi Padre Kolbe. Le S.S. decisero così, al 16° giorno, di ucciderli col veleno. Non avrebbero potuto sentirli ancora cantare inni alla Madonna (anche se di certo non interessava loro sapere che il giorno dopo era la Festa dell’Assunta) o sentire le loro preghiere.

A raccontare ai posteri le ultime parole di padre Kolbe non fu solo il sopravvissuto Franciszek Gajowniczek o altri testimoni, lì deportati come Michał Micherdziński e Kazimierz Piechowski, ma anche dei nazisti, tra cui un tenente medico del lager. Soprattutto quella frase: "Solo l'amore crea" che venne ricordata più volte anche da Paolo VI nei suoi discorsi.

E di amore ma anche di sofferenza nella sua vita, Padre Kolbe ne aveva visto e vissuto. Aveva girato l’Europa per gli studi teologici (conseguendo due lauree) e non solo quelli (si dedicò alle scienze e alla matematica, compresa la trigonometria, la fisica e la chimica, poi allo studio della filosofia). Fermandosi anche a Roma, alla Pontificia Università Gregoriana.

Poi arrivò la Grande Guerra e ne capì l’orrore sin da subito. Suo padre Julius Kolbe, peraltro di origine tedesca e già nel 1914 diventato ufficiale nelle legioni polacche in lotta contro l’esercito russo, presto venne fatto prigioniero dagli uomini dello zar e di lui non si seppe più nulla.

A Roma venne ordinato sacerdote ma solo a guerra finita, nel 1919, tornò nella sua terra ora indipendente e libera di Polonia. E fu a Roma durante la guerra, nel 1917, che si dedicò soprattutto al culto della Madonna tanto da fondare con altri confratelli la "Milizia dell'Immacolata", per diffonderne la devozione, sfruttando anche i nuovi mezzi che il progresso permetteva. Non solo la stampa, ma soprattutto la radio.

Fu uno dei primi uomini della Chiesa a capire l’importanza e i pericoli della propaganda – che bene sarà usata dalle ideologie totalitarie negli anni immediati – e della necessità di adeguarsi come evangelizzazione ai nuovi tempi e al progresso tecnologico. Oggi diremmo un prete attento ai ‘social’. Nel 1938 conseguì persino la licenza di radioamatore (fu operativo per alcuni anni con il nominativo SP3RN) e ancora oggi è il santo patrono dei radioamatori di tutto il mondo.

Non mancò mai il suo impegno, malgrado uno stato di salute debilitato dalla tubercolosi, e già nel 1922 Padre Kolbe riuscì a pubblicare il primo numero de 'Il Cavaliere dell'Immacolata' (Rycerz Niepokalaney), la rivista della ‘Milizia dell'Immacolata’. La tiratura iniziale fu di 5.000 copie, ma prima dello scoppio della nuova guerra saranno oltre il milione (anno 1938). Il suo nome era conosciuto anche in terre lontane: nel 1930 era stato missionario in Giappone (a Nagasaki nel 1936 aprì un seminario cattolico) e si era fermato nelle Filippine e nuovamente in Italia (Roma, Piglio, Assisi, Padova), sempre molto amata. Pensate che il 4 giugno 1939 celebrò la sua messa nel Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei.

Nel frattempo nel 1927 aveva fondato in Polonia, vicino a Varsavia, un convento chiamato ‘Niepokalanów’, cioè ‘Città di Maria’ (o "Proprietà dell'Immacolata"), ove operava, oltre a un seminario missionario, anche una tipografia. Le parole in uso in quel luogo e in quel momento erano la sintesi del suo essere: «Chi ha Maria per madre, ha Cristo per fratello.» Al momento dell’invasione nazista nel convento di Niepokalanów vivevano già oltre mille persone tra frati, novizi e seminaristi, tanto da essere considerato uno dei conventi cattolici più grandi al mondo, se non una città autonoma. Ma quelle 1.000 persone presto aumentarono: le porte del convento spesso si aprivano per raccogliere disperati in fuga e tra questi anche molti ebrei.

I nazisti più volte lo arrestarono e più volte riuscì ad esser liberato. Ma il 17 febbraio 1941 la Gestapo – che da tempo le seguiva – lo catturò definitivamente: aveva trasformato le macerie della città di Niepokalanów, bombardata e distrutta dai nazisti - non solo il suo convento - in un immenso ospedale da campo dando riparo ed asilo a migliaia e migliaia di profughi polacchi. Troppo per i figli di Hitler!

«...l'odio non serve a niente... Solo l'amore crea!». Il resto della sua vita terrena si ferma a quelle ultime parole e al suo insegnamento. Padre Massimiliano Kolbe fu una grande, grandissimo maestro. Peccato che noi uomini siamo sempre dei pessimi allievi e studenti falliti. Allora e dopo, qui e altrove. Basta guardare anche oggi sulla terra di Ucraina, poco lontano dalla sua Polonia e dal lager in cui pronunciò quelle sante parole. Solo l’amore crea.

14 agosto 2023 – 82 anni dopo il suo martirio

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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