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Il parroco di San Pietro Mussolino
di
Rinaldo Battaglia *
Nel 1944, in questi giorni inizio/metà luglio, tra Altissimo, sopra Crespadoro e San Pietro Mussolino, i tedeschi effettuarono uno dei più efferati eccidi del Veneto, uno di tanti nascosti e oggi quasi dimenticati.
Al comando nazista (della Luftnachrichten-Betriebsateilung zur besonderen Verwendung 11 ossia dei Regg. Trasmissioni dell’Aeronautica) vi era il maggiore Diebold Ludwig, uno dei tanti sanguinari nel nord-italia, colpevole anche di altri eccidi sempre nel vicentino e sempre in quel maledetto ‘44. Ma assieme operarono, talvolta superandoli in crudeltà e odio, i fascisti del 40° Btg motorizzato ‘Verona’ G.N.R. comandati da Ciro Di Carlo, il ‘siciliano dagli occhi sciacallo’, che prendeva ordini direttamente dalle S.S. di Verona. Ma non mancarono all’opera le Brigate Nere di Vicenza, sia il Btg. OP, la Compagnia GGL della GNR di Vicenza, il PAR di Vicenza, e le varie squadre d’azione del PFR locale, di Chiampo soprattutto.
Fu il classico esempio del matrimonio ‘nazisti-fascisti’ che tanto sangue provocò nelle terre venete. Matrimonio d’interesse e comunque destinato a fallire, come tutti i matrimoni non d’amore. Come poi avvenne. Inevitabilmente.
Tutto ebbe inizio il 5 luglio ’44 con l’impiego di oltre 4.000 uomini, con carri, autoblindo, cannoni, panzer. Neanche avessero avuto contro l’Armata Rossa e invece erano solo sui monti sperduti tra la valle del Chiampo e dell’Agno. Tutte le case, le contrade, che trovavano sul cammino, furono incendiate, distrutte, bruciate. Obiettivo: eliminare le sacche di resistenza partigiana e soprattutto rompere il cordone ombelicale che univa le famiglie locali con le forze antifasciste e antinaziste.
Vennero persino piazzati cannoni e mortai che spararono sui costoni dell’alta valle del Chiampo, colpendo proprio Altissimo e giù fino a San Pietro Mussolino. Neanche fossero
nelle Ardenne verso Bastogne e con Patton che mordeva loro ‘il culo’.
Le famiglie scapparono, si nascosero come meglio si potesse. Chi venne preso - donne, bambini, vecchi – subito ucciso sul posto. Bolca, poco lontano, il giorno 8 luglio venne incendiata, verso la zona dei mulini. Fiamme alte fino al cielo.
Neanche fossero a Stalingrado col solo Volga a difenderti dall’avanzata sovietica.
Domenica 9 luglio, tra un temporale di altre stagioni, e cannonate dei nazisti di tutti i tempi, la morte arrivò a San Pietro Mussolino. Uccisero i contadini che scappavano o che cercavano di proteggere le capre e le vacche, ricchezza importantissima in quel mondo rurale. In Contrà Bassa chi si trovava in osteria fu ucciso e, poco lontano, chi si trovava nei campi a lavorare. I partigiani reagirono e arrivarono ad uccidere un ragazzo della Luftwaffe (Hubert Tubbing) che, mentre sta bevendo da dentro un’osteria di San Pietro, continuava a divertirsi, sparando alle donne curve che cercavano, coi secchi d’acqua, di fermare gli incendi delle loro case.
A 21 anni: lo avevano educato davvero bene! Grande la scuola del Fuhrer.
In paese, al parroco - don Luigi Bevilacqua - un santo uomo che in precedenza aveva dato ospitalità a partigiani in fuga o forse solo feriti, venne presentato il conto. Fu ucciso a revolverate davanti agli occhi della povera madre, e della sorella, e, non ancora forse morto, gettato come fosse letame nella sua chiesa, messa prima a fuoco.
Le fiamme, che illuminavano il tramonto, si vedevano anche già da sotto, anche oltre Chiampo. Era da tempo che veniva minacciato per le sue simpatie non gradite ai ‘neri’. Ora doveva pagare. Era arrivato il tempo giusto per la ‘vendemmia’ con qualche mese d’anticipo.
E tra gli assassini soprattutto italiani: li avevano educati davvero bene! Grande la scuola del Duce.
Lunedi 10 ci fu una lotta estrema, furibonda, tra i nazifascisti che procedevano col forte rastrellamento e le forze partigiane, giunte in aiuto dai colli veronesi e da Recoaro e Giazza. L’atrocità nazifascista si sfogò tanto per cambiare, vigliaccamente, sui civili. Non riuscendo appieno sui partigiani. Era il loro piatto forte, il marchio di fabbrica. A Contrà Negri Pilota (Chiampo Alto) vennero uccise sul posto davanti alla loro casa 7 persone, lo stesso a Contrà Cappello e poi a Contrà Pezzati. I tedeschi e i loro soci vestiti di nero colore, vollero riposare e dormire a Campodalbero, sopra Crespadoro, più fresco d’estate. E sul cammino ogni contrada che trovarono fu segnata da incendi e morte di tutti gli animali che vedevano. Solo per il gusto di uccidere e bruciare. Non i civili, tutti già scappati, impauriti, spaventati, terrorizzati.
Mangiarono e soprattutto fecero fuori tutto il vino che trovarono. Seccarono tutte le osterie, vuotarono tutte le cantine.
Martedi 11, erano più ubriachi che svegli, più sbronzi che criminali, più criminali che vivi . Avevano l’ordine di proseguire fino a San Pietro, dove avevano il ‘punto base’. Scendendo, sotto Campodalbero viderono una donna stanca che portava al pascolo una vecchia mucca. Le uccisero tutt’e due.
Più giù in Contrà Lovatini, dove il giorno precedente un anziano contadino si era lamentato perché gli avevano rubato l’unico maiale che gli fosse rimasto, uccisero cinque contadini, forse neanche parenti del derubato che aveva osato, osato protestare. Avvicinandosi a San Pietro Mussolino, dove la chiesa stava ancora fumando, i fascisti e i nazisti fecero la gara a chi uccideva, prima, un altro vecchio, che voleva solo salvare la sua mucca in Contrà S. Pietro Vecchio e, poi, in Contrà Sansini, dietro al mulino, altri 6 civili. Erano spaventati, stavano solo scappando.
Per chiudere la giornata, tutti gli uomini, donne e ragazzi, che erano stati presi, mentre si nascondevano sui colli tra Crespadoro e San Pietro, furono portati in Contrà Cappello, verso la chiesa bruciata, e per ordine diretto dei loro comandanti messi al muro e fucilati, senza alcuna pietà.
I comandanti erano Diebold e tra i nostri Ciro Di Carlo, Paolo Antonio Mentegazzi, Giovan Battista Polga, Otello Gaddi, il meglio del peggio del fascismo in valle. Cinque uomini che, messi assieme, non ne valevano neanche uno, o forse nemmeno mezzo.
Cinque uomini che di ‘uomini’ non avevano neanche l’odore.
Cinque vigliacchi cresciuti nella scuola del Duce, cinque falliti che solo con la camicia del Duce si sentivano ‘uomini’.
La ‘festa’ qui si concluse. Missione compiuta. Si poteva tornare alla base e prepararsi per il prossimo massacro, al prossimo eccidio. C’era un calendario da riempire di date e croci.
Alla fine si conteranno 54 morti. Giornate fruttuose di caccia all’uomo. Tra i morti, il sacerdote Don Luigi Bevilacqua, due partigiani (‘Stella’ e ’Medico’) e 51 civili. Di cui 4 ancora bambini o ragazzi (Lorenzo di 5 anni, Rosa di 3 e poi Biagio e Cesare di neanche 16 anni). Vennero bruciate e distrutte 210 case, 195 fienili, 129 stalle messe a fuoco, 2.483 animali da cortile uccisi oltre ad altri almeno 100 da pascolo. Oltre 800 persone rimasero senza un tetto sulla testa.
Neanche fossimo a Coventry nel novembre ‘40 e ci fosse passata la Luftwaffe. Neanche fossimo a Stalingrado e da lì dipendesse l’esito della guerra.
Giornate davvero fruttuose di caccia per i nazisti e i fascisti della zona. Alla sera se ne andarono lasciando il fumo nella Chiesa di San Pietro e il corpo di don Luigi steso per terra, per ricordare ai posteri cos'è stato il fascismo.
9 luglio 2023 – 79 anni dopo -
liberamente tratto dal mio ‘Alla sera mangiavamo al neve’ - ed. AliRibelli – 2021
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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