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E continuavano a chiamarsi Tantana
di
Rinaldo Battaglia *
Il 15 giugno 1944 a Catena di Quarrata un gruppo di fascisti, aiutato da alcune S.S., uccisero Ruggero Tofani, detto “Tantana” partigiano di Prato. Era il fratello maggiore di Marcello, poi diventato alla sua morte uno dei capi partigiani della zona (riprendendo il 'nome di battaglia' del fratello).
I Tofani provenivano da una famiglia molto povera e numerosa, erano 4 fratelli e tre sorelle. I genitori Amos (di professione becchino) e Bindi Florinda (o Clorinda) seconda moglie, non riuscirono a mandare nessuno dei figli a scuola, tanto che qualcuno di loro imparò a scrivere solo quand’era in carcere, dove più volte finirono sia perché poco ligi alle leggi e soprattutto oppositori di chi allora a Prato deteneva il potere, usando il fascismo a proprio uso e consumo.
Tra questi un vigile urbano del Comune di Prato, Guido Cecchini, che si distinse nell'azioni contro Marcello e Ruggero, anche per futili motivi, vietando ad esempio di ‘pescare sul fiume Bisenzio’, in quel periodo e per quella famiglia talvolta fonte primaria di ‘reddito’ se non di sopravvivenza.
In documenti storici Cecchini veniva ricordato come
"...Un fascista persecutore, il Cecchini, un po' vanitoso e un po' vendicativo...trasferiva i riflessi della sua militanza politica nel suo operare quotidiano... facendo pesare l'autorità della divisa che portava su chi non si era piegato al potere o comunque ne dissentiva”.
Col 25 luglio 1943 e la caduta di Mussolini e del fascismo, anche a Prato le cose si sperava che cambiassero e i due fratelli Tofani pensarono bene di restituire al Cecchini i torti subiti.
Ruggero fu tra i primi ad aiutare i nostri soldati che scappavano dalla caserma Settesoldi di Prato e con l’occasione si procurò armi e bombe a mano pronto a reagire al vecchio potere, in particolare quando questo – e Cecchini era uno dei leader – si vestì poi con l’uniforme della Repubblica di Salò.
Cecchini e i fascisti di Prato non erano infatti cambiati: proseguirono le minacce, le ingiustizie, le violenze. I due fratelli Tofani pertanto si ritirarono coi partigiani sulle colline di Siena, mentre un terzo fratello (Omero) quasi ragazzo, venne portato al Castello di Prato, sede della Guardia Nazionale Repubblicana e picchiato duramente più volte per fargli raccontare dove si trovassero i fratelli. Lo stesso fecero col padre.
Ad inizio 1944, Ruggero tornò a Prato unendosi a tutti gli effetti alle formazioni partigiane di pianura. Ma ai primi di giugno venne invitato ad una sorta di 'cena di riappacificazione' con i fascisti pratesi, per superare le divergenze di carattere puramente personali del decennio precedente. Si diceva che la guerra oramai stava finendo (in quei giorni venne liberata Roma) ed era arrivato il momento di aprire una fase nuova a Prato. Ruggero accettò, si fidò e la cena si svolse senza apparenti problemi.
Ma solo alcuni giorni dopo, mentre dormiva in località Catena, nel Comune di Tizzana, oggi chiamato Quarrata, venne sorpreso e catturato da un gruppo di fascisti del posto unitamente ad alcune S.S.. Il giorno prima si era lì recato a ritirare alcuni moschetti e dopo aver nascosto le armi si era fermato a dormire da un amico di famiglia, Vasco Tempestini. Vennero entrambi selvaggiamente picchiati. Non soddisfatti presero Ruggero e lo uccisero a colpi di mitra.
Ma prima ancora vivo gli infilzarono i piedi con dei pugnali, gli tagliarono i testicoli e glieli misero in bocca. Ma la loro festa non era completa. Presero il corpo della vittima, lo impiccarono con un fil di ferro alla finestra del primo piano perché fosse ben visibile da fuori e gli diedero fuoco.
Il cadavere rimase appeso così per alcuni giorni.
Ovviamente il fascismo è fascismo: sul certificato di morte vennero taciute le condizioni reali del cadavere. Fu solo scritto del 'ritrovamento sul pavimento di un morto a cui avevano sparato'.
Jean Paul Sartre diceva che “il fascismo non è definito dal numero delle sue vittime, ma dal modo con cui le uccide": la morte di Ruggero Tofani, da tutti chiamato ‘Tantana’, credo lo confermi.
Il prezzo della libertà è stato il sacrificio di molti di questi eroi.
L’antifascista li onora, chi non lo è li ignora.
Ma senza distinzioni, pause, compromessi o sconti per nessuno.
La fine di Ruggero costò, infatti, molto al fratello Marcello e ne rovinò la vita, anche e soprattutto dopo la guerra. La ripresa del nome ‘Tantana’ per continuare la lotta contro il fascismo tra le fila partigiane ne era la prova più eloquente.
E ne pagò le spese anche l'ex-vigile urbano del Comune di Prato, il grande fascistone Guido Cecchini, cresciuto ed ingrassatosi nel mito del Duce.
Dopo la morte di Ruggero Tofani (il vero primo ‘Tantana’), Guido Cecchini scomparse da Prato ma Marcello (il secondo ‘Tantana’, il clone) lo cercò assiduamente. A guerra appena finita, pochi giorni dopo, quando la gioia della liberazione faceva a pugni con la confusione quotidiana, Marcello si recò con altri partigiani a Milano, dove all'albergo Locarno il 4 maggio 1945 trovò solo l'amante di Cecchini, Argia Zamparutti, che venne arrestata e minacciata, ma alla fine ne permise l’arresto nel carcere della caserma ex Cantore di Milano.
Malgrado il CLN di Milano volesse mandare Guido Cecchini a Prato per gli accertamenti del caso, Marcello Tofani riuscì a farselo consegnare il giorno dopo, prelevandolo con l'aiuto di due partigiani di Porta Ticinese. Sfruttando il suo nome, la sua credibilità, la sua storia personale. Nel giorno stesso, dopo averlo spogliato lo uccise, gettando il corpo in un canale sebbene il cadavere non sia mai stato ritrovato. Un canale del milanese a memoria forse del Bisanzio, dove Cecchini impediva ai fratellini Tofani di pescare e sopravvivere.
Grazie alla denuncia dell'amante, Marcello venne arrestato dai carabinieri a Prato, in piazza Duomo, il 7 giugno 1949. Ben 4 anni dopo. Confessò l'omicidio, ma sembrò a tutti che per lui la guerra non fosse ancora finita. La guerra e l’odio subìto lo avevano distrutto dentro. Se il fratello era morto tradito dai fascisti il 15 giugno 1944, lui era morto dentro assieme.
Col fascista Cecchini aveva solo fatto la ‘sua ‘ giustizia. E non era acconsentito a nessuno, nemmeno se ti continuavi a chiamare ‘Tantana’ in memoria dei torti subiti, in memoria del fratello partigiano.
Diede più volte segni di squilibrio e finì ricoverato in manicomio criminale di Reggio Emilia per due anni, dal 1 novembre 1949 al 2 ottobre del 1951.
Venne processato ugualmente per omicidio, occultamento di cadavere, sequestro di persona, furto, minacce, percosse ed altro. La sentenza di primo grado della Corte d'Assise di Milano del 1 dicembre 1951 fu di 15 anni. La sentenza d'appello del 20 marzo 1953 portò invece la condanna a 25 anni, 10 anni in più. Seguirono altri processi, come quello per l'omicidio del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Vivo - con altri - e la sua condanna nel processo di appello del 1953, fu a 18 anni. Nel 1954, gli sconti di pena gli permisero di essere già in libertà.
Le amnistie, dalla Togliatti in poi, non salvarono solo gli uomini del Duce, in minima parte – ma pure loro - a beneficiarne furono anche gli avversari, i partigiani, per gli abusi che fecero nella ricerca della ‘loro’ giustizia, quella ‘ingiusta’ perché la giustizia ‘fai da te’ non può che essere tale.
Dopo, Marcello Tofani si diede al commercio di pelli e terminò la sua vita il 22 giugno 1986, nel bolognese dove si era trasferito.
La guerra uccide sempre, dentro e fuori, e chi ritorna, se ritorna, non è più la stessa persona.
15 giugno 2023 –79 anni dopo - Rinaldo Battaglia
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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