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076 giugno 2023
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Mele avvelenate
di Rinaldo Battaglia *

Il 7 giugno 1954 Alan Turing, uno dei più grandi geni della storia dell’umanità, a soli 41 anni, si tolse la vita con una mela avvelenata coperta di cianuro.

Da anni, molti storici sostengono, peraltro, che il famoso logo della Apple derivi proprio da quella mela, morsicata solo in parte, e - considerando quale sia stato l’oggetto della genialità di Steve Job - molti riferimenti portano veramente ad Alan Turing, il vero ‘padre’ dell’informatica.

Ma chi era Alan Turing?

A guerra finita, un giorno a Winston Churchill bastarono solo due righe per definirne i meriti: “Grazie ad Alan Turing la seconda guerra mondiale è durata dai 2 ai 4 anni in meno, salvando così quattordici milioni di vite”.

Com’è noto, il 3 settembre 1939 la Gran Bretagna, con la Francia, dichiarò guerra alla Germania di Hitler dopo la sua invasione della Polonia. Le cose si misero subito male e portarono il 10 maggio ‘40 proprio Churchill al governo. Questi, scaltro com’era, capì che sarebbe stata una guerra diversa, senza linee Maginot, senza lavoro ‘esclusivo’ dei soldati al fronte, ma una guerra totale, di tutti contro tutti. Servivano quindi armi nuove.

Fu così, in quel particolare contesto, che venne assunto come crittografo dall'esercito inglese a Bletchley Park, (per la Government Code and Cypher School, una base militare segretissima localizzata nel Buckinghamshire e nota come Stazione X) un giovane matematico, che aveva sorpreso tutti per la sua molesta arroganza ma anche per le sue evidentissime capacità intellettive. Si chiamava Alan Turing, aveva allora neanche 28 anni, ma anche una laurea a Cambridge e un dottorato a Princeton.

Gli venne affidato un incarico unico, quasi impossibile, a cui prima nessuno vi era prima riuscito: ‘decrittare’ Enigma, il sistema cifrato di una macchina creata dai nazisti, via di comunicazione principale delle strategie tedesche, se non forse l’unica. I nazisti erano talmente sicuri della potenza impenetrabile di Enigma che neanche sospettavano che qualcuno potesse carpire i loro messaggi. Carpirli, decrittarli ed usarli contro di loro.

Tutti i giorni a mezzanotte precisa cambiavano il sistema cifrato, con nuove chiavi tanto così da annullare il lavoro del giorno prima e chi cercava la ‘porta’ d’entrata doveva ripartire da zero. Per Turing e la sua squadra (poche persone peraltro, nella famosa ‘capanna 8’) fu una corsa contro il tempo e ad ogni mezzanotte un ennesimo fallimento.

Enigma era stata inventata da un ingegnere tedesco (Arthur Scherbius) subito dopo la sconfitta del 1918. Riusciva a generare dei codici basandosi sullo scambio di segnali, inviati tramite messaggi criptati alterati nella forma, ma non nel contenuto, in modo tale che non potessero essere decifrati nel caso che qualcuno li intercettasse.

Per Turing non fu compito facile, ma era davvero il ‘genio’ fatto persona. Già nel 1940 sviluppò una macchina battezzata ‘Bombe’ (una parola polacca che indica un tipo di gelato) - all’interno dell’operazione chiamata da Churchill ‘Ultra’ - con la quale poi riuscì a decifrare con successo le trasmissioni di Enigma.

All'inizio del 1942 furono intercettati e decifrati circa 40 mila messaggi, che in un mese raddoppiarono, giungendo infine al totale di due messaggi decriptati al minuto. Senza che i nazisti lo sapessero o, meglio, facendo sempre sì che questi non sospettassero di nulla e quindi non cambiassero o sostituissero Enigma. Altro colpo di genio. Fu così che Churchill e gli Alleati poterono agire in anticipo e prevedere il futuro, lasciando ogni tanto qualche ‘soddisfazione’ ai nazisti ma intervenendo quando e dove era più opportuno. Forse anche nella preparazione del D-Day.

Ma, a guerra finita e vinta, ad AlanTuring rimasero pochi meriti e nessuna medaglia. Motivo: era gay. L’aver anticipato la fine della guerra e aver salvato milioni di 'potenziali morti' era poco in confronto a quella ‘colpa’.

Nel 1952 venne condannato per ‘atti osceni’ e al tribunale inglese che gli chiedeva spiegazioni in merito rispose con un semplice: “Non scorgo nulla di male nelle mie azioni”.
Come pena, gli venne chiesto se preferiva il carcere o il trattamento ormonale con DES, ossia la castrazione chimica. Scelse la seconda, aggiungendo al suo dolore altro dolore, per poter continuare a lavorare per “proteggere” e “far crescere” la sua "creatura", che aveva permesso di decrittare i codici militari nazisti e vincere la guerra.
Si fermò il 7 giugno 1954.

Il verdetto ufficiale di morte fu il suicidio, ma le indagini condotte non trovarono indizi certi che le cose fossero andate veramente in quel modo. Non mancarono tesi di complotti, ideati dai servizi segreti inglesi per ‘liberarsi’ di un genio che per le sue conoscenze di criptoanalisi poteva far paura o – perché no? – esser un domani reclutato da Mosca . Eravamo in piena ‘guerra fredda’.
Non fu mai approfondito.

Solo 55 anni dopo, nel 2009, il premier inglese Gordon Brown chiese scusa verso la storia ed il mondo, a nome del governo britannico, per il trattamento «assolutamente ingiusto» riservato al genio di Alan Turing. Nel 2013, quattro anni più tardi, la stessa regina Elisabetta completò l’azione azione concedendo ‘l’indulto reale’ alla figura, la massima riabilitazione possibile.

Resta da chiedersi, oggi, quale fosse la colpa di Alan Turing e – in quel modo di ragionare e vivere alquanto medievale – di cosa e di quanto la sua condanna abbia privato il mondo e l’umanità intera. Quella sentenza ci ha rallentato il progresso, impoverito la scienza, ritardato il futuro.
E in cambio di cosa?

Ma forse le domande peggiori risultano altre: se un genio, eroe della Seconda Guerra Mondiale, a causa della sua sessualità è stato bruciato nel rogo come le streghe al tempo della Santa Inquisizione, chi non era genio o eroe come veniva trattato e considerato allora?
E oggi, oggi dopo quasi 70 anni dalla ‘mela avvelenata’ di Alan Turing, a che punto siamo?

Gradita la risposta, anche dai Pillon di turno. Astenersi perditempo.

7 giugno 2023 – 69 anni dopo - Rinaldo Battaglia

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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