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La "retorica" del 25 aprile?
di
Rinaldo Battaglia *
“A me sembra che il 25 aprile nell’Italia di oggi sia a rischio soprattutto perché c’è una parte del paese che ha imparato dalle proprie famiglie che il fascismo non era poi così male e che Mussolini in fondo ha governato bene, ha fatto tante cose buone. E i partigiani invece erano dei poco di buono, dei delinquenti. E che tutta la retorica che si è fatta da allora in poi sulla Resistenza è esagerata, insopportabile.
Poi ci sono quelli che fanno finta di credere che la resistenza l’abbiano fatta solo i comunisti. Come se a Torino la Casa del Fascio presa dai Partigiani non fosse stata ribattezzata Palazzo Campana in onore del marchese Cordero di Pamparato, ufficiale di carriera, medaglia d’argento in Africa, nobile, cattolico e comandante partigiano.
Ci sono quelli che, siccome loro sono di destra e nazionalisti, arricciano il naso quando sentono ‘Bella Ciao’, ‘una canzone comunista!’ quando questa è una canzone in cui si parla di un italiano che si sveglia al mattino e trova il Paese invaso dallo straniero e decide di andare a combattere. Bel modo di essere italiani ostentare disprezzo per questa canzone!
Ma è proprio a questa gente, io credo, che il 25 Aprile dovrebbe parlare. È a loro che dobbiamo rivolgerci per dirgli: i vostri padri, i vostri nonni, sono stati fascisti, hanno creduto in Mussolini! E va bene, un sacco di gente perbene è stata fascista e ha creduto in Mussolini. Questo nessuno ha paura di dirlo.
Ma voi, voi davvero avreste preferito che vincessero Hitler e Mussolini?
Davvero avreste voluto che le camere a gas continuassero a ingoiare gente?
Davvero preferireste vivere nell’Italia delle leggi razziali e della camicia nera invece che in questa nostra Italia uscita dalla Resistenza?
Io credo che anche queste persone che ostentano disprezzo per il 25 Aprile e che rifiutano di celebrarlo farebbero molta fatica a rispondere a queste domande.”
Non avrei mai potuto dire di meglio se non usando le parole del probabilmente più grande attuale storico italiano, Alessandro Barbero.
Ma quello che preferisco dire in prima persona è il carattere offensivo che alcuni ‘figli della lupa’ o ‘legati a quel mondo’ nutriscono verso gli eroi del 25 Aprile, verso coloro che ci liberarono - pur con tutte le loro colpe - dai ‘padri della lupa’ o ‘legati a quel regime’.
Ed è offensivo anche per loro. Solo quando si è piccoli o bambini dell’asilo e quindi meno di dotati di energia e capacità, ci si difende usando parolacce o vere e proprie offese verso chi temiamo, perché questi risultano più forti o strutturalmente dotati.
Deve essere così, però, anche da grandi. Di età, ovviamente, intendo.
Un noto giornalista, nell’aprile 2020 in piena pandemia ringraziò pubblicamente il covid per aver evitato quell’anno' la retorica del 25 Aprile'.
E ovviamente sfruttando l’ignoranza storica tipica dell’italiano medio.
Pochi sanno infatti che quel noto giornalista è nipote di Biagio Sallusti, tenente colonnello del Regio Esercito che dopo l'armistizio aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana di Salò e che fu giustiziato dai partigiani per aver presieduto il Tribunale speciale che, il 20 dicembre 1943, a Erba condannò alla fucilazione un ragazzo di 20 anni (Giancarlo Puecher Passavalli) solo perché partigiano. Peraltro nell'estate del 1944, Piero Pisenti, l’allora ministro guardasigilli di Salò - quindi il suo capo - riconoscerà la nullità del processo e l'arbitrarietà delle condanne medesime, facendo liberare gli altri imputati incarcerati a suo tempo assieme al giovane Puecher Passavalli. Ossia, in altre parole: persino il suo ministro della giustizia non aveva condiviso quell’ingiustizia.
Per chi non lo sapesse, il Tribunale speciale era un 'organo speciale' politico del regime fascista, istituito da Mussolini ancora con le leggi fascistissime del 25 novembre 1926, competente a giudicare i reati contro la sicurezza dello Stato e del regime.
Il Tribunale speciale operava secondo le norme del Codice penale per l'esercito sulla procedura penale in tempo di guerra, anche prima della guerra. Le sue sentenze non erano suscettibili di ricorso né di alcun mezzo di impugnazione, salva la revisione. Il Tribunale operava in modo sommario senza alcuna garanzia per gli imputati. E quel Biagio Sallusti condannò a morte il giovane Giancarlo Puecher Passavalli ‘senza alcuna garanzia di difesa’.
Si racconta che nel corso dell'interrogatorio Puecher Passavalli da parte del Presidente Sallusti, il partigiano abbia rivendicato orgogliosamente le proprie responsabilità: "Appartengo al vero esercito italiano" e che abbia ammesso di aver partecipato a qualche azione partigiana. Il questore di zona presentò allora ai componenti del tribunale militare una lista con i nominativi dei prigionieri da condannare a morte, inizialmente quattro, poi ridotti a tre.
L'avvocato della difesa Gian Franco Beltramini, vista anche l'inconsistenza delle accuse, nel tentativo di impedire le condanne a morte concordò con Sallusti un ultimo contatto con il prefetto Scassellati che portò a fissare il numero dei condannati a morte a uno solo. Proprio Giancarlo Puecher Passavalli, scelto dallo stesso Sallusti.
Il 21 dicembre ’44 il giovane partigiano fu così giustiziato mediante fucilazione per aver "promosso, organizzato e comandato una banda armata di sbandati dell'ex esercito allo scopo di sovvertire le istituzioni dello stato" (parole della sentenza del Presidente Biagio Sallusti).
Il padre del partigiano, Giorgio Puecher Passavalli, già arrestato ed in carcere fu liberato subito dopo l'esecuzione del figlio, ma venne arrestato dai fascisti nuovamente a inizio 1944 con l'accusa di opposizione politica e condotto al carcere milanese di San Vittore, dove subì torture e vessazioni al pari degli altri detenuti. Non soddisfatti venne trasferito nel campo di prigionia di Fossoli e poi deportato nel campo di concentramento di Mauthausen dove morì il 17 aprile 1945.
Pochi giorni dopo, nei giorni convulsi di fine aprile, mentre molti suoi ‘amici di merende’ - iniziando dal suo amato Duce - scappavano verso la Svizzera, anche il tenente colonnello Biagio Sallusti troverà la morte: sarà fucilato dai partigiani proprio per aver ordinato l’esecuzione di Giancarlo Puecher Passavalli.
La retorica del 25 Aprile?
C’è chi la usa per ridimensionare meriti e colpe o per offendere e chi, magari dall’alto delle sue cariche dello Stato, preferisce il 25 Aprile andare al mare dimenticando che se ha raggiunto quelle cariche è per merito della libertà e della democrazia, ottenute grazie ai vari tanti giovani che hanno sacrificato la loro vita, come Giancarlo Puecher Passavalli e non certo per chi lo ha fatto uccidere, come il Presidente del Tribunale Speciale fascista di Erba.
La retorica del 25 Aprile e quel modo di ‘manipolare’ il 25 Aprile possono (e devono) essere sconfitti se ricorriamo all’uso di un’arma micidiale: la memoria storica. Nessuno ce la può togliere. Perché come diceva Josè Saramago:
"Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo.
Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità non meritiamo di esistere".
Massimo onore a Giancarlo Puecher Passavalli, ‘no respct for you’ invece per chi lo ha condannato a morte, rinnegato peraltro dopo dal suo stesso ministro, Piero Pisenti.
Noi siamo la memoria che abbiamo.
25 aprile 2023 – Rinaldo Battaglia.
* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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