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20 marzo 2023
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Memoria: parole che feriscono
di Rinaldo Battaglia*

Il 20 marzo 1944, in quella zona che passerà alla Storia come il “Triangolo Rosso” o “Triangolo della morte” ovvero in quella fetta di Emilia tra le province di Modena, Ferrara e Reggio Emilia con epicentro Castelfranco Emilia, Mirandola e Carpi - a due giorni dalla strage della vicina Monchio - la stessa divisione nazista, la Hermann Goering, con la collaborazione provata della GNR fascista (di Regio Emilia questa volta), procedette nel suo percorso di morte e sangue.

Ne fecero le spese i contadini di Civago e Cervarolo, colpevoli per i nazifascisti di aver forse nel passato dato ristoro a dei partigiani. Dapprima a Civago con 3 uccisi e le loro case bruciate e prima saccheggiate e derubate. Arrivati a Cervarolo, presero tutti quelli che trovarono, 23 persone, vecchi soprattutto, qualcuno come Cesare Borea di 82 anni, altri che avevano combattuto da eroi nella Grande Guerra, qualche ragazzo di 17 anni, come Italo Rovali, assieme al padre Celso e al nonno Toni.

Furono radunati e bloccati per ore nel cortile della chiesa, al freddo. Don Battista Pigozzi, il parroco, intervenne con vigore e si rifiutò alla precisa richiesta dei fascisti di dichiarare per iscritto che quei contadini fossero partigiani. Neanche con atti di forza e tortura volle cedere. Venne messo assieme agli altri 23, portati sull’aia antistante la chiesa e tutti fucilati.

Nel luogo dell’eccidio esiste oggi una cappella con due lapidi, una nostra in italiano e una in parte in tedesco, dalla comunità di Berlino, a memoria di quell’inutile e ingiustificato crimine. Solo due giorni prima, il 18 marzo ’44, dopo settimane di scontri e morti tra nazifascisti e partigiani, la divisione corazzata del cap. Kurt Von Loeben e del ten. Von Poshinger e i repubblichini modenesi di Arturo Mori, sollecitati forse dal podestà fascista locale Francesco Bocchi, fecero una strage di civili, tra Monchio, Susano e Costrignano. Vennero distrutte con granate e cannonate tutte le case lì vicino, razziato tutto il razziabile, rubato tutto il rubabile, ammazzando chiunque fosse trovato.

Come noi a Podhum in Croazia due anni prima, il 12 luglio 1942, come noi coi nazisti a Lippa di Elsane (20 km da Podhum) il mese dopo il 30 aprile ’44.

Alla sera del 18 marzo i morti saranno 136. Tra loro 6 bambini in tenera età, 7 ragazzi, 7 donne di cui una prossima alla maternità, 20 anziani di cui uno paralizzato che non riusciva nemmeno a camminare. Uccisi senza pietà.

Un anno dopo, quando le carte girarono, il podestà verrà ucciso da ignoti il 16 marzo ‘45, quale chiara vendetta, assieme alla povera madre Italina Morisi, venuta in suo soccorso. Arturo Mori farà la stessa fine il 25 aprile mentre con altri stava scappando, come un ladro, come qualcun altro, in Svizzera.

Il cap. Von Loeben verrà ucciso dai Russi nelle ultime battaglie della guerra, mentre Poshinger morirà da uomo libero nel 2007. In linea col solito copione, quest’ultimo.

Dell’eccidio ne parla anche Franco Giustolisi (in ‘L’armadio della vergogna), ma per chi volesse approfondire ricordo che venne girato nel 2008 un film, ‘Sopra le nuvole’, interamente recitato dalla gente del posto – Monchio in primis - e dai familiari delle vittime, in particolare.

Mi si dice molto toccante, perché anche dopo una vita non è vero che il dolore passi sempre e si possa facilmente abbandonare. Anche se oramai l’Italia di oggi dimentica quegli anni. Di recente (2020) qualcuno ha definito la Resistenza come ‘la retorica del 25 aprile’.

Ma quella è politica di bassa lega, non realtà.

Ma restano - per me - parole che feriscono.

20 marzo 2023 – 79 anni dopo – Rinaldo Battaglia

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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