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Il nazista "perfetto"
di
Rinaldo Battaglia*
Il 15 marzo 1911 a Lubecca, nel nord della Germania, nasceva Wilhelm Mohnke. Passerà alla storia come uno dei generali di Hitler più fedeli e convinti del verbo nazista. Ma anche banalmente sadico e vigliacco, oltrechè drogato. Un uomo – se così si può definire – privo di regole morali.
In altre parole: il generale nazista tipico. Il nazista perfetto.
Figlio di un falegname, trovò nel nazismo – a cui aderì attivamente giovanissimo, ancora prima dei 20 anni – la soluzione ad una vita di stenti e miserie, generate anche dalla sconfitta tedesca del 1918 che così duramente aveva colpito l’economia della Germania di Weimar.
Fanatico sin dall’inizio, da ‘uomo senza lavoro e futuro’ con una vita totalmente insignificante e anonima, si trovò in breve a 21 anni (1932) promosso al comando della 4a SS Steindarte, un reparto militare di volontari che sarà l’ossatura delle S.S. E sarà uno tra i soli 117 uomini – selezionati per capacità fisiche e profonda convinzione ideologica – scelti per costituire la 1a SS Panzer Division Leibstendarte, che sarà protagonista nell’invasione della Polonia del settembre ’39.
Wilhelm Mohnke sarà al comando di una delle compagnie più sanguinarie e verrà subito decorato con la Croce di Ferro di Seconda Classe e di Prima Classe, per l’alto valore dimostrato in combattimento.
Colpì subito i vertici del nazismo quale militare senza scrupoli e senza remore. Venne così mandato dappertutto e dappertutto lasciò la sua firma, con azioni meschine e al di là di ogni minimale regola di guerra.
Nell’invasione della Francia (1940) - al comando del 2 ° battaglione della Leibstandarte SS Adolf Hitler - presso Wormhout, nei pressi di Dunquerke venne, ad esempio, accusato della fucilazione di 80 prigionieri di guerra inglesi che si erano appena arresi al nemico.
Non sarà la prima né l’unica volta.
Dopo il 6 aprile 1941 a capo del 2° Battaglione della Leibstendarte parteciperà - coi soldati di Mussolini - all’invasione a tradimento della Jugoslavia, usando sulla popolazione civile la massima violenza. Rimasto ferito gravemente ad una gamba, trovò consolazione in un uso sfrenato di morfina, diventandone subito dipendente totalmente.
Dopo un periodo con incarichi amministrativi e di selezione delle truppe, sul finire del 1942 assunse il comando del 26° Reggimento Panzergrenadier SS della Divisione Hitlerjugend, composta dai giovani della Gioventù Hitleriana. Questo Reggimento renderà orgoglioso il Fuhrer quando dopo il D-Day bloccherà per alcune settimane gli Alleati in alcune aree minori della Normandia. Lo SS-Standartenführer Wilhelm Mohnke venne così decorato con la Croce di Cavaliere nel luglio 1944 direttamente da Hitler.
E quando il Fuhrer decise l’offensiva delle Ardenne nell'operazione ‘Wacht am Rhein’ – l’ultima carta del mazzo che gli rimaneva da giocare – nell’inverno ’44 lo scelse contando sulle sue doti militari, strategiche e… sadiche, tanto da esser poi promosso SS-Brigadeführer il 30 gennaio 1945.
Ma un mese prima, il 17 dicembre un gruppo corazzato delle sue Waffen-SS, comandato sul campo dall'obersturmbannführer Joachim Peiper - un suo generale anch’egli noto a Berlino per la spietata efficienza – dopo esser penetrato in profondità nelle linee americane, partendo dal varco di Losheim riuscì a prendere il controllo di una stazione di rifornimento alleata a Bullingen. Subito dopo almeno 68 prigionieri di guerra americani (Usa e Canada) furono fucilati e uccisi vicino a Malmedy dagli uomini di Peiper per ordine diretto – si disse – del gen. Mohnke. Facile a credersi.
Per i nazisti passerà alla storia come ‘l'incursione del Kampfgruppe Peiper’, per gli americani come il massacro vigliacco di Malmedy.
Seguirà l'esecuzione di altri 35 prigionieri di guerra canadesi che avevano attaccato la 12. SS-Panzer-Division "Hitlerjugend" a Fontenay-le-Pesnel.
Ma è con la battaglia di Berlino nell’aprile-maggio 1945 che dette il meglio del suo peggio. Wilhelm Mohnke venne scelto per comandare la Guardia delle SS, formata appositamente per proteggere la vita di Hitler. Assunse così il pieno comando di un Kampfgruppe (un gruppo di combattimento), dipendente direttamente dal gen. Weidling (altre uomo di fiducia di Hitler, sanguinario ancora più di Mohnke), forte di nove battaglioni, inclusi i resti delle Divisioni Nordland (composta da volontari norvegesi) e Charlemagne (composta da volontari francesi).
Berlino, come scriverà più tardi ne ’I leoni morti’, lo storico francese premiato dall’Académie Française, Maurice-Yvan Sicard , “non era più difesa che da resti di unità spossate, aventi già subito perdite spaventose: resti del 57° Corpo Blindato del Generale Weidling; resti della 18a e 20a Panzergrenadier Division della Wermacht; resti, infine, della Divisione SS Nordland. Ossia al massimo seimila uomini, compreso il Battaglione della Charlemagne.
A questi seimila soldati vi era da aggiungere la Guardia della Cancelleria ed alcune unità del Deposito della 1a Divisione SS Leibstendarte Adolf Hitler, agli ordini del Generale Wilhelm Monke. E ancora le truppe eterogenee della Milizia Popolare, la Gioventù Hitleriana di Arthur Axmann, vecchi agenti di polizia in pensione, artiglieri della Flak, cadetti, marinai, pompieri, il personale a terra dell’aviazione, i genieri addetti ai servizi sedentari, il personale subalterno dei Ministeri, profughi e lavoratori stranieri”.
Gli storici affermano che le forze di Mohnke e di Helmuth Weidling erano composte in tutto da 85.000 uomini: dovevano bloccare l'esercito russo che consisteva in 1,5 milioni di soldati, tutti desiderosi di vendicarsi di quanto subìto dal 22 giugno 1941 e con le bave alla bocca.
Erano in 85.000 e vennero tutti mandati al macello per salvare il bunker del Fuhrer: pochissimi si salveranno.
Quando 2 giorni dopo la morte di Hitler, il generale Helmuth Weidling, il 2 maggio, firmò la resa senza condizioni come richiesto dal generale Vasilij Cujkov, anche Wilhelm Monke venne fatto prigioniero assieme ad un gruppo minuscolo di soldati scampati alla battaglia.
Tutti gli altri erano stati sacrificati inutilmente, se non per vana gloria personale o per un criminale fanatismo ideologico.
Lo SS-Standartenführer Wilhelm Mohnke si farà 6 anni di campo di prigionia a Voikovo, in Russia e 4 anni di isolamento nel campo di Lubjanka, venendo rilasciato dopo la morte di Stalin. E fu per lui una fortuna: se fosse stato preso prigioniero dagli Alleati, difficilmente non sarebbe stato giustiziato solo in ricordo di Wormhout e di Malmedy. Per i Russi era un nazista normale, non avevano conosciuto direttamente le sue doti criminali. Ben diverso per gli altri.
Il 10 ottobre 1955 ritornò nella sua Germania e si trasferì Barsbuttel, nella Germania Occidentale, uscendo totalmente di scena, riprendendo la vita insignificante ed anonima vissuta fino all’incontro col verbo nazista e guadagnandosi da vivere come commerciante di camion e rimorchi.
Nessuno gli chiese più nulla, nessuno di lui seppe più nulla fino alla sua morte avvenuta a Damp il 6 agosto 2001. Aveva da poco superato i 90 anni.
A dire il vero gli inglesi, soprattutto grazie ad un membro del parlamento, quale Jeff Rooker, nel 1988 cercarono di attivare un processo per i suoi crimini di guerra, ma senza trovare molti sostegni e soprattutto, dopo oltre 40 anni, prove sufficienti.
Durante il Ventennio del Duce era in voga da noi lo slogan “libro e moschetto fascista perfetto”, quale sintesi di come l'ideale ragazzo fascista doveva crescere, abbinando lo studio (libro) alle attività pre-militari (moschetto). Era quello il modello dell'uomo fascista a cui tendere. Quello avrei dovuto essere anch’io se fossi nato solo 20 anni prima.
Parafrasando possiamo dire che Wilhelm Mohnke bene rappresentava l'ideale del generale nazista: strafatto di morfina e privo di rispetto.
Il nazista perfetto.
* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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