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28 febbraio 2023
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Mafia: oggi in tribunale un delitto ancora senza risposte
di Santina Sconza *

Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio, uccisi a Catania il 31 ottobre 1990, delitto eccellente mai risolto.

Alessandro Rovetta fu l'amministratore delegato dell’Acciaieria Megara, la più grande industria siderurgica della Sicilia con sede a Catania. Il 31 ottobre del 1990 fu ucciso con Francesco Vecchio, direttore del personale, con colpi di pistola e mitraglietta mentre, usciti dallo stabilimento, si dirigevano verso il centro di Catania.

Le indagini sugli omicidi furono indirizzate sia verso l'interesse della mafia al finanziamento regionale e acquisizione del controllo dell’azienda, sia sulla gestione dei rapporti con le ditte e le maestranze dell’indotto, ma ancora oggi non si conoscono né gli esecutori né i mandanti.

Il figlio di Francesco Vecchio così scrive sulla sua pagina Facebook: "Martedì 28 febbraio alle 9,30 sarà tenuta l’udienza innanzi al GIP del Tribunale di Catania, dott.ssa Marina Rizza, per decidere in merito all’ennesima richiesta di opposizione alla archiviazione delle indagini sull’omicidio di Francesco Vecchio e di Alessandro Rovetta, archiviazione chiesta ancora una volta dalla Procura di Catania.
Era il 31 ottobre del 1990 quando furono trucidati per mano mafiosa nella zona industriale di Catania, mentre tornavano a casa dopo una giornata di lavoro alle Acciaierie Megara.
Sono trascorsi 32 anni, non c’è ancora una verità giudiziaria, non c’è mai stato un processo. Non riesco a rassegnarmi all’idea che lo Stato possa rinunciare a fare giustizia sull’omicidio di mio padre.
L’affermazione della verità per gli omicidi di mafia è un dovere primario dello Stato ed un diritto irrinunciabile delle vittime e dei loro superstiti!
Io non rinuncerò mai alla mia domanda di giustizia!".

Il suo grido di dolore è simile a quello dei genitori di Attilio Manca, del padre del poliziotto D'Agostino e di tanti parenti delle vittime di mafia.
In Sicilia, che parlino o non parlino i pentiti, molti delitti restano irrisolti, è come se ci fosse una coltre che impedisce di andare oltre, di scoprire la verità e di condannare gli autori e i mandanti degli omicidi.
L'omicidio di Alessandro Rovetta e di Francesco Vecchio resta irrisolto eppure dei pentiti hanno parlato.

Il 31 ottobre alle 19,15 l’automobile viene ritrovata dalla polizia nei pressi del quarto scalo della stazione ferroviaria di Bicocca. All’interno ci sono i corpi senza vita dei due uomini: Vecchio, che era alla guida, viene ritrovato con la testa fuori dal finestrino lato passeggero. Il suo corpo sovrasta quello di Rovetta, ucciso con indosso la cintura di sicurezza. Un particolare, quest’ultimo, insolito, considerate le abitudini dell’uomo.

A Catania pochi sono stati i delitti eccellenti: quello del giornalista Pippo Fava e questo di Rovetta e Vecchio.
Un delitto eccellente compiuto poco tempo dopo la notizia del finanziamento da 60 miliardi di lire che la Regione aveva concesso alla Megara per ristrutturare gli impianti.

Nessuno ha visto nulla, la Procura ha solo la versione di tre pentiti: Maurizio Avola, Giuseppe Ferone e Francesco Squillaci. Ma nessuno dei tre è testimone diretto di quella sera, ciascuno di loro parla per 'sentito dire' o meglio Ferone e Squillaci affermano di aver saputo i dettagli da Mario Buda, fratello di Orazio boss del clan Cappello.
Versioni contrastanti tra di loro: solo Maurizio Avola colloca il delitto all'interno di Cosa Nostra.

Versioni contrastanti che si mescolano ed è difficile capire chi afferma il vero. Squillaci collega il duplice delitto all'omicidio del 1992, compiuto da lui, di Sebastiano Villa, operaio della Acciaieria Megara, pe fare un favore a Nitto Santapaola: "S'ava a fari un favuri o ziu".
L'operaio doveva essere punito perché vicino al clan Sciuto-Tigna, sarebbe stato a conoscenza della progettazione dell'omicidio di Vecchio e Rovetta e non aveva riferito nulla.

Nitto Santapaola non voleva che fossero uccisi Rovetta e Vecchio perché il delitto avrebbe pregiudicato il prosieguo delle estorsioni a danno della Megara, stessa apprensione di Totò Riina e Bernardo Provenzano "perché l'acciaieria Megara era Cosa Nostra".

Un delitto irrisolto, una verità ingarbugliata, un processo che si chiude e si riapre.
Nel 2017, dopo l'ennesima opposizione da parte della famiglia Vecchio, si riapre.
Oggi, 27 febbraio 2023, si richiede l'archiviazione ma ancora una volta la famiglia Vecchio si oppone vuole che giustizia sia fatta.

* Coordinatrice Commissione Mafia e Antimafia dell'Osservatorio


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Dossier mafia e antimafia

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