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30 gennaio 2023
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Storia di caccia, nemesi e disonore
di Marina Nicoletti

L‘11 gennaio, due cacciatori di Assisi, Davide Piampiano e Piero Fabbri, vanno a fare una battuta di caccia sul monte Subasio in Umbria.
Davide, un giovane di 24 anni, indossa un cappellino con telecamera go-pro, gli serve per pubblicare sui social le scene delle battute di caccia, per far vedere agli amici gli ultimi minuti di agonia dell’animale selvatico appena abbattuto: un cinghiale, una lepre, un fagiano e chissà quale altra povera creatura che chiede solo di poter vivere in pace.

Ad un certo punto accade l’imprevisto: il cacciatore si trasforma, suo malgrado, in preda. L’altro cacciatore, Piero Fabbri di 56 anni e considerato dal giovane come un mentore, quasi un padre, lo ha colpito per sbaglio da una distanza di 40 metri, avendolo scambiato per un cinghiale.

Il colpo è di quelli che lasciano poche speranze. Davide è stato colpito al fegato. Il ragazzo cade a terra e rotola sul fogliame. Nella caduta il cappellino con la telecamera go-pro finisce sul terreno, ma la telecamera continua a registrare e a riprendere tutto quello che accade. Compare Piero Fabbri che capisce di aver fatto un errore madornale ed esclama: “ti ho scambiato per un cinghiale!”.
Il ragazzo agonizzante gli dice “sono morto Piero!”.

A quel punto uno si aspetta che Piero il mentore, quello che viene considerato un secondo padre, lo soccorra, chiami subito il 118 per cercare di salvargli la vita, si dia da fare per tamponare la ferita. Ma non accade nulla di tutto questo. Piero Fabbri, ripresosi dallo shock iniziale, pensa a fare una cosa sola: far scomparire le prove del suo coinvolgimento. Quindi si libera del fucile e del giubbotto, prende il fucile del ragazzo e svuota il caricatore, facendo credere che Davide si sia sparato accidentalmente, a bruciapelo.

Trascorrono 17 minuti, un tempo infinito per Davide che sta morendo e che implora l’amico di soccorrerlo, di non farlo morire. Ma Davide muore, mentre la telecamera conserverà l’orribile scena di un ragazzo che lascia questa terra chiedendo aiuto invano e di un uomo che non mostrerà il minimo segno di empatia, pensando solo a pararsi il culo da eventuali indagini della magistratura.

Chissà se negli ultimi minuti di vita, questo ragazzo che impegnava il tempo libero ad andare a caccia e ad uccidere esseri viventi, avrà compreso quello che si prova a stare dall’altra parte, quando sei un animale selvatico che viene inseguito, braccato, sparato senza pietà, quando sei un cinghiale ferito e i cani ti azzannano centinaia di volte, quando senti le forze che ti abbandonano e vedi il sangue che tinge di rosso il terreno, con la consapevolezza che quello è il tuo sangue.

In quanto al grand’uomo che ha lasciato che un ragazzo di 24 anni morisse, senza muovere un dito per salvarlo, non mi sono meravigliata né del cinismo, né del freddo raziocinio con il quale il vile ha agito. Un cacciatore è un individuo che uccide a sangue freddo creature inermi, è uno che acceca con la sigaretta gli uccellini da richiamo per farli cinguettare più forte, attirando gli altri uccelli.

Quale empatia, quale senso dell’onore può possedere un esemplare del genere, quale sentimento, quale umanità? Quale rispetto per la Vita?

Ancora una volta, episodi del genere dovrebbero indurci a riflettere sul senso dell’esistenza, sul rispetto che dovremmo portare per tutti gli esseri viventi, su quanto sia importante tutelare i boschi, la natura e i nostri fratelli animali. Ci sono tanti modi con cui si può usare un fucile: il tiro a segno, il luna park, i videogiochi, il paintball. Qualsiasi diversivo è possibile, ma che vengano lasciati in pace gli animali, ve ne prego!


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Dossier guerra e pace

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