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Olocausto: la droga del potere
di
Rinaldo Battaglia*
IL PADRONE DEI BURATTINI
“Fine dell'appassionata recita che si sbriciola.
Sono la sorgente della tua autodistruzione.
Le vene pompano paura, aspirando il più oscuro chiarore,
proseguendo la tua costruzione di morte.
Provami e capirai che ne vuoi di più.
Sei intento a farti uccidere da me.
Vieni a strisciare più in fretta
obbedisci al tuo padrone
la tua vita brucia più veloce
obbedisci al tuo padrone.
Il Padrone dei Burattini sta tirando i tuoi fili,
ingannando la tua mente e distruggendo i tuoi sogni.
Ti ho accecato, non puoi vedere nulla.
Grida il mio nome, perché ti sentirò urlare:
‘Padrone’ ‘Padrone’..”
Quand’ero poco più che ragazzo nel lontano 1986 uscì una canzone che mi ha sempre colpito. Parlava della dipendenza della droga e sui padroni di quei ‘dipendenti’.
In inglese si intitolava ‘Master of Puppets’ ma anche nel mio italiano la traduzione era forte: 'Il padrone dei burattini’.
Era dei Metallica, una band californiana che ha lasciato il segno nella musica e non solo.
Il 31 ottobre di 50 anni prima (nel 1937 per la precisione) una di queste droghe in mano ai loro padroni, veniva ufficialmente brevettata nella Germania di Hitler.
A produrla una casa farmaceutica di Berlino, la Temmler (Temmler Werke GmbH) e a crearla il medico tedesco Fritz Hauschild.
Di nome faceva ‘Pervitin’ ed era derivata dall'efedrina e appartenente alle anfetamine. E come tutte le anfetamine aumentava in chi la assorbiva la fiducia in se stessi, la forte riduzione del dolore agli sforzi fisici, alla fame, alla fatica, alla necessità di dover dormire e soprattutto, soprattutto una forte iperattività e una percezione alterata della realtà circostante.
Era il 1937, si era in Germania.
Poteva Hitler ed il suo regime criminale non sfruttarla?
In breve fu data in uso ai soldati del Terzo Reich: il loro padrone così aveva deciso.
Scriverà in una lettera alla sua famiglia nel 1940, quand’era a Parigi, il giovane caporale nazista Heinrich Theodor Böll:
«Se la prossima settimana passa in fretta come la scorsa va già bene. Mandatemi dell'altro Pervitin appena possibile; mi servirà con tutte queste guardie. E del lardo per arrostire le patate».
Heinrich Boll si salverà dalla catastrofe nazista, verrà fatto prigioniero dagli Alleati e nel dopoguerra si dedicherà alla cultura. Nel 1972 verrà insignito del Nobel per la letteratura.
Come ad Heinrich Theodor Böll, a tutti i soldati tedeschi tra il 1939 e il 1945 vennero distribuite duecento milioni di dosi di Pervitin.
Già dal 1 settembre ’39 ai nazisti della Wehrmacht, impegnati nell’invasione della Polonia, erano distribuite quotidianamente insieme o dentro il cibo.
I generali del Terzo Reich consideravano il ‘Pervitin’ "una sostanza di grande valore militare": permetteva ai soldati di marciare ininterrottamente e donava la capacità di combattere senza sosta, di giorno e di notte, senza sentire il bisogno di dormire.
Li trasformava in automi, in robot. Quello che Hitler cercava. Quello che i 'padroni' volevano.
Si racconta che nel 1940 l’uso del ‘Pervitin’ sia stato decisivo nelle battaglia del Belgio e nella conquista anche di Parigi. Nella campagna di Francia ad esempio l’avanzata nelle Ardenne fu estenuante e durò tre giorni di continue marce per i soldati. Senza pause, senza rallentamenti, senza riposo ma con tanto Pervitin.
I soldati della Wehrmacht riuscirono persino a percorrere anche 60 chilometri al giorno senza fermarsi e gli autisti guidarono per giorni e giorni senza dormire, anche nella nebbia fitta.
Scriveva nel 2015 lo storico Norman Ohler nel suo “Tossici. L’arma segreta del Reich. La droga nella Germania nazista":
«Migliaia di soldati conservavano la droga nell’elmetto, o la ricevevano dai medici militari. Poggiavano le pasticche sulla lingua e le ingerivano con un sorso d’acqua. Venti minuti dopo il loro cervello iniziava a subirne gli effetti. All’improvviso la dopamina iniziava a esagerare la percezione dei soldati, mettendoli in uno stato di pura allerta. La notte si illuminava: nessuno avrebbe dormito, le luci erano accese, l’esercito continuava ad avanzare verso il Belgio… Non ci sono state pause – un bombardamento chimico aveva appena colpito i loro cervelli.»
Da allora fu solo un aumentare delle le dosi e un aumentare dei ‘consumatori’: il Pervitin veniva somministrato al naturale, mischiato alla cioccolata. Venivano create delle barrette chiamate “cioccolata dell’aviatore”, che venivano date ai piloti aerei prima di partire verso la Manica. Ma esisteva anche la versione per i carristi chiamata “panzer cioccolata” (“Panzerschokolade”).
In quel periodo di inizio guerra gli stabilimenti della Temmler producevano 833.000 compresse al giorno: l’esercito e la Luftwaffe avevano ordinato 35 milioni di pezzi per sostenere lo ‘sforzo bellico’.
Ma non riguardava solo i soldati.
“Metanfetamine, steroidi e altre sostanze vengono iniettate a Hitler 800 volte in 1349 giorni; prende 1100 pillole. Tanto che Hermann Göring soprannomina il medico personale del Führer, Theo Morell, «il maestro delle punture del Reich». Non senza una punta di sarcasmo: i fedelissimi del Führer non amano il suo medico, ne temono il potere. A quanto pare, a ragione.
Nel 1945 Hitler è ormai un rottame: gli cascano i denti, poco prima della capitolazione, il 17 aprile, minaccia il medico di morte, mangia zucchero per superare le crisi di astinenza. Ma un episodio della sua tossicodipendenza ha anche segnato il destino dell’Italia. Nell’estate del 1943, quando Benito Mussolini sembra voler mollare l’alleato tedesco, Hitler lo raggiunge in Italia. Arriva piegato in due dai mal di stomaco. Morell gli inetta un potentissimo oppioide, l’Eukodal. Il Führer si riprende in un battibaleno, diventa euforico, logorroico. Convince il duce a non mollare. La sera, Morell si appunta nel diario che il Führer ha detto che se Mussolini gli resterà fedele è merito suo.”
Così scriverà Tonia Mastrobuoni su ‘La Stampa’ il 9 settembre 2015.
Nel 1944 si verificò il primo caso documentato di overdose da ‘Pervitin’ quando il caporale finlandese Aimo Allan Koivunen, al servizio dei nazisti contro i sovietici nella regione di Kandalaksha, era impegnato a trasportare una confezione con 30 capsule di Pervitin, fornito dalla Germania alle truppe finlandesi, riservate ovviamente a tutta la sua squadra.
Il 18 marzo i finlandesi vennero attaccati e di Aimo Allan Koivunen si persero le tracce. Era riuscito a salvarsi da solo e a scappare tra il gelo e la fame. Nella notte, per il buio, la paura o chissà cosa ingoiò tutte e 30 le compresse (gli ordini nazisti erano di non assumerne mai oltre 6 al giorno).
Si racconta che si sentì folgorato, carico di energia all’inverosimile e, quando dopo alcuni giorni si svegliò, si ritrovò oltre 100 km da dove era partito.
Per due settimane Koivunen vagò ancora per le foreste della Lapponia, dormendo sotto la neve, nutrendosi di erbe e ghiande. Venne trovato casualmente da un aereo tedesco a 400 km dal luogo della battaglia il 4 aprile ‘44: era vivo, camminava ancora ma pesava solo 43 kg.
L’uso criminale del ‘Pervitin’ colpì anche i nostri IMI.
Nel marzo 1944 un altro medico e chimico tedesco Wolf Kemper e un gruppo di ricercatori nazisti vennero incaricati da Hitler di ‘svilupparlo’ ancora, migliorandone le potenzialità.
Si arrivò così ad un farmaco denominato in sigla ‘D-IX’ e una compressa conteneva: 5 mg di ossicodone (oppiaceo della famiglia dell'eroina), 5 mg di cocaina, e 3 mg di Pervitin.
I test, le prove, gli esperimenti furono attivati nel lager di Sachsenhausen sopra Berlino, lager legato alla Continental che già allora produceva pneumatici per i camion militari.
Un giorno le S.S. coi dirigenti della fabbrica, bloccarono forse 1.000-1.200 prigionieri, tra cui molti italiani, quasi tutti IMI. Fecero indossare loro delle scarpe nuove e degli stivali, pesanti, pesantissimi da destinare un domani all’esercito nazista. La Continental si stava inserendo anche nel comparto ‘scarpe’. Un altro business con cui arricchirsi. Per giorni e giorni i deportati furono tutti costretti a camminare in circolo all’interno del cortile della ‘fabrik’ stessa, senza mai fermarsi, ore su ore. Dovevano percorrere almeno 40 km al giorno con quelle scarpe, per testare la loro efficienza e la tenuta delle suole. Giorni e giorni, settimane e settimane. Anche nei giorni di pioggia, anzi soprattutto nei giorni di pioggia. Dolori immensi ai piedi, piaghe dappertutto. Si vedevano scie di sangue per terra.
L’esperimento si fermò dopo quasi 2 mesi, dopo che le scarpe avevano ‘camminato’ per almeno 2.200 km.
Si racconta che a molti di questi deportati fu somministrato il farmaco sperimentale ‘D-IX’ e fatti marciare, come test, fino a 90 chilometri senza riposo né pause , portando con sé, oltre agli stivali della Continental, uno zaino di 20 chilogrammi.
E l’uso di droghe per ordini e vantaggi dei ‘padroni’ proseguì.
E non solo nell’esercito del Terzo Reich, ovviamente.
In pochi anni da quel 1 ottobre 1937 già alla fine del 1943 gli eserciti dei principali attori in gioco nella Seconda Guerra Mondiale erano tutti - tutti - soggetti al potere delle droghe.
Chi più, chi meno. Chi con nomi in tedesco, chi in inglese o giapponese.
Nella Grande Guerra, su La Somme o sul Carso, si era più poveri e tecnologicamente arretrati, il ‘Pervitin’ allora aveva il nome del cordiale o della grappa che ti davano prima di mandarti all’assalto. E quell’alcool oltre alla gola ti bruciava l’anima e andavi a morire contento. Dopo l’assalto a te restava una tomba sul campo e al tuo ‘generale’ una nuova medaglia sul petto.
Cambiavano i burattini, cambiavano i padroni, non le politiche o le strategie per rendere schiavi – macchine o animali non-pensati - i loro soldati.
E ora crediamo che con l’avanzare della tecnologia moderna nelle terre di Ucraina le cose siano diverse?
"Il padrone dei burattini sta tirando i tuoi fili
ingannando la tua mente e distruggendo i tuoi sogni.
Ti ho accecato, non puoi vedere nulla
Grida il mio nome, perché ti sentirò urlare:
‘Padrone’ ‘Padrone’.”
*31 ottobre 2022 – 85 anni dopo – Rinaldo Battaglia pagine dal prossimo libro 'L’inferno è vuoto'.
 
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