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Lettera
aperta della comunità della pace di Ponte Mammolo
riceviamo
e pubblichiamo
Al
sindaco di Roma Capitale, Ignazio Marino
All’assessore alle politiche sociali e abitative di Roma Capitale,
Francesca Danese
Al prefetto di Roma, Franco Gabrielli
Siamo
i rifugiati eritrei della Comunità della Pace da anni residenti
a Ponte Mammolo (Roma), con la presente, fraternamente salutiamo
tutti augurando pace, serenità, prosperità e sviluppo. Più
di un mese fa, l’11 maggio 2015, a noi residenti in Via delle
Messi D’Oro, Roma, è capitata una cosa del tutto inaudita
ed assurda: il Comune di Roma, con l’appoggio della Prefettura,
ha demolito senza alcun preavviso le case che avevamo costruito
con le nostre mani con tanto sacrificio, fatica e sudore.
Totalmente abbandonati a noi stessi dallo Stato Italiano ci
siamo autorganizzati con la speranza che questa soluzione
precaria fosse soltanto transitoria e favorisse la nostra
reale inclusionesocio-economica ed abitativa.
La Comunità della Pace è nata spontaneamente più di 15 anni
fa e nel tempo si è popolata di persone provenienti da vari
Paesi: alcuni di noi l’hanno vista nascere e modificarsi negli
anni. Eppure, la mattina dell’11 maggio scorso, il Comune
è venuto a distruggere quel poco che avevamo, buttandoci di
nuovo per strada. Non ci hanno neanche permesso di prendere
quella poca roba che avevamo dentro.È proprio strano e disumano!
A seguito di uno sgombero illegale, costretti a spostarci
nel parcheggio antistante, le istituzioni ci hanno negato
qualsiasi forma di aiuto, compreso quello per il soddisfacimento
dei bisogni primari; hanno rifiutato persino di fornirci i
bagni chimici!
Il sostegno è arrivato solo dal quartiere, da privati cittadini,
da associazioni e centri sociali. Arrivati in Italia, costretti
a lasciare il nostro Paese da una dittatura che sta continuando
a calpestare i diritti del nostro popolo, ci aspettavamo una
vita migliore, un trattamento diverso, più umano e libero.
Invece, stiamo amaramente subendo delle ingiustizie ed un
trattamento poco cortese. Ed è per questo motivo, per richiamare
alle proprie responsabilità lo Stato Italiano ed in modo particolare,il
Comune di Roma, che abbiamo deciso di scrivere questa nostra
lettera.
Pertanto,
UMILMENTE CHIEDIAMO AL COMUNE DI ROMA E AL GOVERNO ITALIANO
1) Un trattamento umano e una soluzione abitativa autonoma.
Siamo delle persone, non siamo dei numeri. Abbiamo una storia
e una dignità da conservare. Quindi, per favore, trattateci
nel rispetto delle leggi italiane ed internazionali e dei
diritti umani;
2)
La soluzione dei problemi legati al rinnovo dei nostri permessi
di soggiorno. Senza un indirizzo di residenza, le questure
negano il nostro diritto al rinnovo del permesso di soggiorno,
in questo modo il Comune di Roma, la Questura e la Prefettura
creano gravi conseguenze sullo stato legale della nostra presenza
in Italia impedendoci di fatto l’accesso a diritti fondamentali.
Senza la possibilità di trovare un lavoro, non possiamo permetterci
di prendere le case in affitto, saremo obbligati quindi ad
essere dei senza fissa dimora.
Come
fare per avere una residenza? Chi deve darci questo indirizzo
fisso? Perché lo Stato Italiano e il Comune di Roma ci hanno
abbandonato in balia di nessuno? Dovremmo sposare la mala
vita per vivere? No! Siamo venuti in Italia, a Roma, in cerca
di una vita dignitosa. Stiamo gridando ad alta voce rivendicando
il nostro diritto ad una vita libera ed autonoma!
14 Giugno 2015
I rifugiati eritrei della Comunità della Pace di Ponte Mammolo
a Roma
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