Condanna
Corte Diritti: siamo un paese con diritti umani e civili a
rischio?
di
Alessandro Balducci*
La recente sentenza della Corte europea dei diritti umani
di Strasburgo, seguita ad un ricorso da parte di una delle
vittime dei pestaggi, ha stabilito che quanto compiuto dalle
forze dell’ordine italiane nell’irruzione alla Diaz il 21
luglio 2001 “deve essere qualificato come tortura”. La Corte
ha condannato l’Italia non solo per quanto fatto ad uno dei
manifestanti, ma anche perché non ha una legislazione adeguata
a punire il reato di tortura.
Tale sentenza – un vero e proprio “schiaffo” giuridico e normativo
al nostro Paese – rende giustizia alle vittime delle violenze
commessi da alcuni reparti delle Forze dell’ordine in occasione
del G8. Ma diciamo anche che, senza ombra di dubbio, le vittime
non meno importanti del comportamento incivile e dei reati
commessi da quegli agenti e funzionari di Polizia in quei
drammatici giorni – e che probabilmente non meritano più di
indossare la divisa - sono proprio gli uomini e le donne delle
Forze dell’ordine italiane tutte che lavorano con abnegazione
ed in silenzio tutti i giorni ed a rischio della propria vita
alla difesa della legalità e della sicurezza dei Cittadini.
Nel
contempo però la sentenza di condanna della Cedu costringe
a fare alcune riflessioni sullo stato e la salute dei Diritti
dei Cittadini nel nostro paese, che vanno al di la’ del giusto
riconoscimento delle ragioni delle vittime delle violenze
alla scuola Diaz. Colpisce innanzitutto il fatto che il paese
in cui è nato il garantismo e che ha dato i natali a Cesare
Beccaria - che fu tra i primi a condannare l’uso sistematico
della tortura ritenendola non solo disumana e degradante ,
ma anche non funzionale all’opera di repressione del crimine
- non si sia ancora dotato di uno strumento legislativo e
penale al pari delle altre nazioni europee; e questo non solo
nonostante Beccaria, ma nonostante il fatto che l’Italia abbia
ratificato la Convenzione Onu contro la tortura: non ieri,
bensi’ 25 anni fa!
La
grave barbarie giuridica costituita dalla mancanza del reato
di tortura ha costretto i pm che si occupavano delle indagini
sulle violenze alla Diaz e a Bolzaneto ad applicare gli unici
strumenti disponibili che il Codice Penale mette a disposizione,
e cioe’ l’uso degli articoli che puniscono non la tortura,
ovviamente, ma le lesioni (semplici ed aggravate).
Il
problema e’ che, come spesso accade, i processi per questo
tipo di reati hanno dei tempi di prescrizione brevi se commisurati
con la lunghezza “normale” dei procedimenti giudiziari in
Italia nei quali la prescrizione si interrompe – altra barbarie
giuridica – solo alla fine dell’ultimo grado di giudizio (sentenza
della Suprema Corte) e non alla fine del processo di primo
grado o addirittura all’inizio delle indagini come nella stragrande
maggioranza degli altri paesi civili. Per
questo motivo il processo agli autori delle violenze sui manifestanti
durante l’assalto alla scuola Diaz, conclusosi con il sigillo
definitivo della Cassazione nel 2012, ha confermato le condanne
emesse in sede di Corte d’Appello ma che riguardavano i reati
di falso aggravato e non di lesioni ormai prescritti.
C’è
un’altra considerazione che la dice lunga sul falso garantismo
che anima la classe politica italiana. Sottolineo il termine
“falso garantismo” perche’ non si puo’ in altro modo definire
l’abnorme produzione legislativa a parole orientata a difendere
i diritti dei Cittadini contro gli errori giudiziari ma in
realtà motivata dalla necessità della classe politica più
corrotta dell’Occidente di assicurarsi l’impunità per i reati
commessi dai suoi screditati esponenti. Garantismo ancora
più ipocrita se si pensa che il governo Renzi ha impiegato
neanche un anno a partorire una inutile e nefasta legge sulla
responsabilità civile dei magistrati (mentre in realtà la
legge c’era già: legge Vassalli) mentre si è “svegliato” solo
ora per ricordarsi della necessità di uno straccio di legge
sulla tortura.
La
verita’ e’ che alla classe politica italiana, occupata a dilapidare
il patrimonio pubblico e le tasse dei Cittadini-contribuenti,
non importa un bel nulla dei diritti delle persone, del garantismo,
di Cesare Beccaria e di Enzo Tortora. Gli esponenti della
casta hanno a cuore soltanto la difesa dei loro diritti e
l’impunita’ per le loro malefatte in un modello di giustizia
amministrata alla moda del Marchese del Grillo magistralmente
interpretato dal grande Albertone: “Io so’ io, e voi nun sete
un cazzo!” Gli altri si prendano pure le botte e le manganellate
alla Diaz o a Bolzaneto, o muoiano sotto custodia, come Cucchi
o Aldrovandi senza uno straccio di processo (alla faccia della
pena di morte formalmente abolita).
*
Coordinatore Commissione "Cittadinanza e Costituzione"
del'Osservatorio.
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