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12 aprile 2015
tutti gli speciali

Condanna Corte Diritti: siamo un paese con diritti umani e civili a rischio?
di Alessandro Balducci*

La recente sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, seguita ad un ricorso da parte di una delle vittime dei pestaggi, ha stabilito che quanto compiuto dalle forze dell’ordine italiane nell’irruzione alla Diaz il 21 luglio 2001 “deve essere qualificato come tortura”. La Corte ha condannato l’Italia non solo per quanto fatto ad uno dei manifestanti, ma anche perché non ha una legislazione adeguata a punire il reato di tortura.

Tale sentenza – un vero e proprio “schiaffo” giuridico e normativo al nostro Paese – rende giustizia alle vittime delle violenze commessi da alcuni reparti delle Forze dell’ordine in occasione del G8. Ma diciamo anche che, senza ombra di dubbio, le vittime non meno importanti del comportamento incivile e dei reati commessi da quegli agenti e funzionari di Polizia in quei drammatici giorni – e che probabilmente non meritano più di indossare la divisa - sono proprio gli uomini e le donne delle Forze dell’ordine italiane tutte che lavorano con abnegazione ed in silenzio tutti i giorni ed a rischio della propria vita alla difesa della legalità e della sicurezza dei Cittadini.

Nel contempo però la sentenza di condanna della Cedu costringe a fare alcune riflessioni sullo stato e la salute dei Diritti dei Cittadini nel nostro paese, che vanno al di la’ del giusto riconoscimento delle ragioni delle vittime delle violenze alla scuola Diaz. Colpisce innanzitutto il fatto che il paese in cui è nato il garantismo e che ha dato i natali a Cesare Beccaria - che fu tra i primi a condannare l’uso sistematico della tortura ritenendola non solo disumana e degradante , ma anche non funzionale all’opera di repressione del crimine - non si sia ancora dotato di uno strumento legislativo e penale al pari delle altre nazioni europee; e questo non solo nonostante Beccaria, ma nonostante il fatto che l’Italia abbia ratificato la Convenzione Onu contro la tortura: non ieri, bensi’ 25 anni fa!

La grave barbarie giuridica costituita dalla mancanza del reato di tortura ha costretto i pm che si occupavano delle indagini sulle violenze alla Diaz e a Bolzaneto ad applicare gli unici strumenti disponibili che il Codice Penale mette a disposizione, e cioe’ l’uso degli articoli che puniscono non la tortura, ovviamente, ma le lesioni (semplici ed aggravate).

Il problema e’ che, come spesso accade, i processi per questo tipo di reati hanno dei tempi di prescrizione brevi se commisurati con la lunghezza “normale” dei procedimenti giudiziari in Italia nei quali la prescrizione si interrompe – altra barbarie giuridica – solo alla fine dell’ultimo grado di giudizio (sentenza della Suprema Corte) e non alla fine del processo di primo grado o addirittura all’inizio delle indagini come nella stragrande maggioranza degli altri paesi civili. Per questo motivo il processo agli autori delle violenze sui manifestanti durante l’assalto alla scuola Diaz, conclusosi con il sigillo definitivo della Cassazione nel 2012, ha confermato le condanne emesse in sede di Corte d’Appello ma che riguardavano i reati di falso aggravato e non di lesioni ormai prescritti.

C’è un’altra considerazione che la dice lunga sul falso garantismo che anima la classe politica italiana. Sottolineo il termine “falso garantismo” perche’ non si puo’ in altro modo definire l’abnorme produzione legislativa a parole orientata a difendere i diritti dei Cittadini contro gli errori giudiziari ma in realtà motivata dalla necessità della classe politica più corrotta dell’Occidente di assicurarsi l’impunità per i reati commessi dai suoi screditati esponenti. Garantismo ancora più ipocrita se si pensa che il governo Renzi ha impiegato neanche un anno a partorire una inutile e nefasta legge sulla responsabilità civile dei magistrati (mentre in realtà la legge c’era già: legge Vassalli) mentre si è “svegliato” solo ora per ricordarsi della necessità di uno straccio di legge sulla tortura.

La verita’ e’ che alla classe politica italiana, occupata a dilapidare il patrimonio pubblico e le tasse dei Cittadini-contribuenti, non importa un bel nulla dei diritti delle persone, del garantismo, di Cesare Beccaria e di Enzo Tortora. Gli esponenti della casta hanno a cuore soltanto la difesa dei loro diritti e l’impunita’ per le loro malefatte in un modello di giustizia amministrata alla moda del Marchese del Grillo magistralmente interpretato dal grande Albertone: “Io so’ io, e voi nun sete un cazzo!” Gli altri si prendano pure le botte e le manganellate alla Diaz o a Bolzaneto, o muoiano sotto custodia, come Cucchi o Aldrovandi senza uno straccio di processo (alla faccia della pena di morte formalmente abolita).

* Coordinatore Commissione "Cittadinanza e Costituzione" del'Osservatorio.


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