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Giornalismo
e responsabilità
di
Gianluca Amadori*
Rilanciamo le osservazioni di Gianluca Amadori, Presidente
dell'Ordine dei giornalisti del Veneto, importanti per un
giornalismo che informi i cittadini in modo corretto, completo
e tempestivo:
Gentile
collega, vorrei iniziare il 2015 condividendo qualche riflessione
sullo stato dell'informazione e alcuni motivi di preoccupazione
per la progressiva perdita di credibilità e autorevolezza
dei media e del lavoro giornalistico. Mi riferisco in particolare
al fenomeno della crescente spettacolarizzazione dell'informazione
e della sempre meno rigorosa verifica delle notizie. Colpa
certamente dei ritmi di lavoro sempre più frenetici e probabilmente
dei compensi vergognosi con cui viene retribuito il lavoro
giornalistico. Ma non soltanto.
LA
RESPONSABILITA' DEI VERTICI
Su
questi argomenti è necessario avviare un ampio dibattito nell'ambito
della categoria, coinvolgendo i vertici delle redazioni e
delle aziende editoriali. La responsabilità di quanto viene
diffuso e pubblicato è personale e resta in capo a ciascuno
di noi, che su ogni notizia mette la propria faccia, la propria
firma, la propria credibilità. Ma c'è una precisa responsabilità
da parte di chi - nelle redazioni cartacee, radiotelevisive
e web - decide lo spazio e il taglio dei servizi; li titola
valorizzando un aspetto piuttosto che un altro; decide di
"urlare" una locandina o di "montare" una polemica; attribuisce
valore di notizia a pettegolezzi e volgarità; decide di "cavalcare"
l'onda emotiva di un fatto alla caccia di qualche copia o
contatto in più.
CHI
VERIFICA LE NOTIZIE?
Se il giornalismo professionale ha un futuro nel mondo della
comunicazione globale, lo ha nella misura in cui è (sarà)
in grado di offrire qualcosa in più rispetto a ciò che un
qualsiasi altro cittadino può postare su un social network.
Il valore aggiunto giornalistico sta nella verifica, nel riscontro
accurato, nella valutazione del rilievo e dell'interesse pubblico
di tale notizia; nell'opera di correlazione con un contesto
e con altri eventi al fine di fornire al fruitore della notizia
gli strumenti per valutarla e farsi un'opinione la più completa
possibile. Nella correttezza, nella lealtà e buona fede con
cui svolge il proprio lavoro, e dunque nel rispetto delle
norme deontologiche. Che non sono meri divieti, ma principi
che consentono a tutti di lavorare meglio.
TROPPE
BUFALE, CREDIBILITA' AI MINIMI
Il
giornalista ha sempre raccolto notizie e spunti di approfondimento
dalla gente, dal territorio: una volta ciò accadeva prevalentemente
al bar, incontrando le persone per strada, attraverso telefonate
in redazione oppure una lettera o un fax. Oggi molte notizie
arrivano dai social, ma il dovere di verifica e riscontro
è analogo, per evitare le sempre più numerose "bufale"; la
diffusione delle immagini di persone che non hanno nulla a
che vedere con i fatti di cui si sta parlando. La nostra credibilità
oggi è al minimo perché le regole base della professione sembrano
sempre più spesso dimenticate (trascurate?).
NON
FACCIAMO SPETTACOLO
E
cosa dire della scelta delle notizie? Della tendenza ad amplificare
ed esasperare tutto? Fatti che pochi anni fa avrebbero avuto
al massimo spazio in una breve vengono spesso "sparati" a
tutta pagina, magari con richiamo in prima. Per quale motivo
le risorse vengono sempre meno dedicate ad approfondimenti
ed inchieste e sempre di più nell'attività di copia-incolla
di comunicati, ma anche di foto e video?
DIGNITA' CALPESTATA
L'informazione
non può prescindere dal rispetto della dignità della persona.
Il che non significa censurare le notizie. Significa scriverle
con attenzione, ricordandosi sempre che dietro ogni storia
ci sono persone, emozioni, affetti, dolori. Vite vere, non
fiction televisiva. Le leggi, le regole della professione
e la giurisprudenza sanciscono la piena e ampia libertà di
cronaca e di critica, a patto che il fatto sia vero (non verosimile...),
che vi sia interesse pubblico e che la notizia sia scritta
con continenza, nel rispetto del principio dell'essenzialità
e delle altre norme a tutela della privacy. In particolare
quando riguardano minori, soggetti deboli, nonché la sfera
sessuale e della salute delle persone. Oppure quando fanno
riferimento ad elementi che caratterizzano sul piano etnico,
razziale, religioso, sociale (che so, rom, magrebino, musulmano,
ex carcerato, gay, epilettico ecc), anche per evitare sentimenti
di ostilità generalizzata nei confronti di interi popoli o
categorie o gruppi. L’odio diffuso attraverso i media ha contribuito
ad un tragico genocidio in Ruanda, solo per fare un recente
esempio.
SUICIDI,
PIU' CAUTELA PER EVITARE EMULAZIONI
Un tema delicato è quello dei suicidi. Numerose ricerche dell'Organizzazione
mondiale della sanità confermano l'esistenza di una stretta
correlazione tra la pubblicazione di notizie di suicidi e
un aumento del numero degli stessi. L'effetto emulazione esiste
ed è concreto: non possiamo far finta di nulla. Dobbiamo farcene
carico e operare con senso di responsabilità, ricordandoci
che più si scrive di casi di suicidio, più persone decidono
di togliersi la vita. Ci sono casi di interesse pubblico e
molti altri che non ne hanno, ai quali senza motivo viene
dedicato ampio spazio, per di più con dovizia di particolari
sulle modalità con cui la vittima di turno ha deciso di togliersi
la vita.
L'interesse
pubblico e l'essenzialità dell'informazione in casi come questi
devono essere la regola. E comunque, se il giornalista ritiene
di non poter non dare la notizia, perché non si cerca di affrontare
il tema in modo "costruttivo", intervistando un esperto in
grado di fornire possibili vie d'uscita al disagio, invece
di occuparsi delle modalità con cui è stato stretto un cappio
al collo? Le ricerche scientifiche spiegano che non c'è mai
una causa univoca (crisi aziendale o delusione amorosa): le
semplificazioni contribuiscono soltanto ad alimentare l'effetto
emulativo. Per rendersene conto è sufficiente leggere i giornali:
quasi sempre, dopo un titolo! a tutta pagina, nei giorni successivi
è una triste catena di altri suicidi.
CIASCUNO
DI NOI PUO' FARE MOLTO
Non
sempre è facile, travolti come siamo dai frenetici ritmi della
cronaca. Ma ciascuno di noi può fare molto, nello svolgimento
del lavoro quotidiano, per fermare l'attuale deriva che avrà
l'effetto di continuare a far perdere ulteriori copie e audience
ai media. Cosa che, evidentemente, editori e direttori non
hanno ancora capito, impegnati come sono a rincorrere i clic
ad ogni costo su Internet, abbassando progressivamente il
livello dell'informazione e svendendo la professionalità dei
giornalisti.
INFORMAZIONE COMPRATA
Un'ultima
riflessione riguarda la preoccupante, crescente commistione
tra pubblicità e informazione. La pubblicità, il marketing
non vanno demonizzati, tanto meno in una fase di grave crisi.
L'unica strada per difendere il lavoro giornalistico, per
distinguerlo dalle "marchette" è la trasparenza. La netta
divisione tra ciò che è lavoro giornalistico e ciò che è "comperato",
sponsorizzato. Anche su questo fronte la responsabilità principale
è dei vertici, ma ciascuno di noi può fare tanto, nel suo
piccolo, per rendere migliore l'informazione e per fornire
un servizio onesto ai cittadini.
*
si ringrazia Guido Columba, Presidente Unione Nazionale Cronisti
Italiani
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