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Renzi
premier fra scuola e TAV
riceviamo
e pubblichiamo
“Faccio notare al governo nazionale che in tempi di crisi
l’idea di investire un miliardo e rotti in questa opera, fra
tunnel e stazione, che non serve a nulla non è una buona idea.
L’Alta velocità a Firenze c’è già e i treni veloci qui già
si fermano. Perché se hanno un miliardo di euro da buttare
via in questo modo non lo mettono sulla scuola?”. Con
queste parole Matteo Renzi sindaco di Firenze stroncava quattro
anni fa, era il giugno 2010, il progetto di stazione faraonica
TAV sotto il centro di Firenze, patrimonio mondiale UNESCO
dell’Umanità.
Cinque
anni prima, a novembre 2005, Matteo Renzi presidente della
Provincia di Firenze aveva organizzato a Palazzo Medici Riccardi
con TAV SpA una mostra celebrativa dal titolo “Firenze Bologna:
Sotto e Sopra l’Appennino”, proprio mentre nel Tribunale di
Firenze si celebrava il processo per i danni ambientali che
la TAV, quella TAV, aveva causato alle acque e al territorio
di Siti incontaminati classificati “di Importanza Comunitaria”,
sotto e sopra quell’Appennino. “Un’opera comunque straordinaria”,
scriveva Renzi nell’opuscolo di presentazione della mostra,
dove “i momenti difficili hanno però visto sempre in prima
linea le istituzioni, a partire dalla Provincia di Firenze,
in un ruolo di tutela dei diritti e dei legittimi interessi
delle popolazioni interessate dai lavori, dell’ambiente e
del territorio”. Si è appena riaperto, sulle conseguenze
di quella cantierizzazione, un nuovo processo di appello a
Firenze.
Ad
agosto 2011, infine, Matteo Renzi sindaco di Firenze monetizzava
la resa della città alla TAV: il definitivo ok alla stazione
faraonica e al doppio sottoattraversamento contro-falda in
cambio di 80 milioni pubblici cash promessi (quanti arrivati?)
a Palazzo Vecchio. Lo stesso giorno si perfezionava l’ultimo
atto – maturato nei colloqui di Arcore - della cessione da
parte del Comune di Firenze allo Stato della più grande e
prestigiosa scuola media superiore della Toscana, l’ITI “Leonardo
da Vinci”: il definitivo smantellamento di un’esperienza centenaria
di autonomia gestionale, di organici stabili e collaudati,
di continuità didattica, fucina di generazioni di tecnici
di avanguardia, avveniva dietro richiesta esplicita al ministro
Gelmini da parte di chi ciò nonostante sosteneva (e ancora
sostiene?) che la spesa sulla scuola non è un costo ma un
investimento (!).
Domanda:
chi è l’uomo politico che giura oggi al Colle dichiarando
guerra agli sprechi e ai carrozzoni?
È il politico che ha celebrato i fasti nefasti della cantierizzazione
TAV del Mugello?
È
il politico che ha consegnato il sottosuolo di Firenze a una
mega-talpa poi bloccata, ancor prima di iniziare a operare,
dalla Direzione Distrettuale Antimafia, e a conci poi giudicati
dalla magistratura pericolosamente taroccati, anch’essi sequestrati
a gennaio 2013?
O
è piuttosto i sindaco indignado del 2010, che il miliardo
e rotti di denaro pubblico (iniziali) per la TAV fiorentina
avrebbe preferito vederli investiti, mettiamo, nella scuola?
Idra
auspica che la versione premier 2014 assomigli a quella dell’indignado
2010. A Renzi pervenuto al governo nazionale Idra fa notare
quello che lui stesso ha dichiarato da sindaco. E cioè che
“in tempi di crisi l’idea di investire un miliardo e rotti
in questa opera, fra tunnel e stazione, che non serve a nulla
non è una buona idea. Perché se hanno un miliardo di euro
da buttare via in questo modo non lo mettono sulla scuola?”
Di
più. La TAV rischia di ingoiare non uno, ma parecchi miliardi
e rotti di euro, se allarghiamo lo sguardo al resto d‘Italia.
Un investimento capital ultra-intensive e labour ultra-saving:
esattamente il contrario di quello che occorre all’economia.
Dalle sponde dell’Arno Idra lancia dunque l’ennesimo appello
a chiudere per sempre e su tutto il territorio nazionale,
dall’alto di Palazzo Chigi, il delirante incubo erariale TAV:
dalla Val di Susa a Genova, al Trentino, a Trieste, a Napoli,
a Bari. Adesso Renzi versione 2010 ne ha facoltà. Sono, e
sono sempre state altre le priorità morali e materiali del
Paese con cui ripartire, se davvero si intende cambiare verso:
da L’Aquila a Modena, dalle montagne (che franano) alle pianure
(che si allagano), dalla scuola (indecente nell’edilizia e
nell’organizzazione) al patrimonio culturale (mesta cenerentola,
e dovrebbe esser regina!).
Associazione
di volontariato Idra
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