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28 luglio 2014
tutti gli speciali

Riformare la Costituzione senza tenerne conto?
di Alessandro Balducci*

Logica (e buon senso) vorrebbero che chiunque proponga di apportare delle modifiche alla Costituzione repubblicana, si muova prima di tutto nel rispetto degli stessi principii costituzionali e delle procedure parlamentari condivise e decise in tempi non sospetti - soprattutto se chi propone e’ un esponente del governo che ha giurato sulla Costituzione al momento del suo insediamento. Non solo perché la Costituzione rappresenta l’insieme delle “regole del gioco” democratico ed e’ quindi opportuno che ogni progetto di modifica venga sottoposto alla piu’ ampia discussione possibile, ma anche perché chi vuole modificare le regole del gioco, dovrebbe dimostrare prima di tutto agli altri (e poi anche a se’ stesso) che quelle regole le conosce: altrimenti chi pretende di “riformare la Costituzione” rischia, in primis, di perdere credibilita’ di fronte agli occhi dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale, e poi di combinare dei danni perche’ si trova a decidere su una materia delicata e fondamentale (la Costituzione) senza neanche sapere cosa essa sia.

Ci pare che questo sia proprio il caso dell’attuale capo dell’esecutivo e dei suoi ministri. Per usare una metafora calcistica – visto che sono appena terminati i mondiali del Brasile – se la Federazione Italiana Gioco Calcio dovesse proporre (ammesso che ne abbia effettivamente il potere, visto che le regole del Calcio sono internazionali e stabilite dall’IFAB e dalla FIFA) che una partita del campionato italiano di calcio deve durare non piu’ 90 ma 120 minuti, sarà il caso che senta il parere di tutte le squadre che giocano il campionato (i partiti) ma anche delle associazioni sindacali dei calciatori, degli allenatori e degli arbitri. Magari puo’ succedere che i dirigenti delle società possano essere anche interessati per motivi di tornaconto economico (piu’ tempo per la pubblicità in tv, per esempio), ma che i giocatori e gli arbitri non siano d’accordo per via dell’eccessivo sforzo fisico che dovrebbero affrontare in 120 minuti di gioco visto che poi in campo scendono loro e non i presidenti delle società.

Immagino che i giornali sportivi si indignerebbero e sparerebbero titoli a 8 colonne se i dirigenti della FIGC, per esempio, andassero a sentire il parere soltanto della squadra che e’ arrivata prima in campionato (il Pd) e di quella arrivata terza (Forza Italia); sara’ il caso che ascoltino il parere anche delle altre, tra cui, per esempio, quella arrivata seconda (Mov. 5 Stelle). E poiche’ si gioca – e’ il caso di dirlo – con la salute dei calciatori, non farebbe male ascoltare anche il parere dei medici sportivi (professori universitari di Diritto ed esperti costituzionalisti), senza liquidare le opinioni espresse da costoro come “chiacchiere da parrucconi”.

Purtroppo Renzi (capo del partito che ha vinto le elezioni e capo del governo) e Berlusconi (capo del partito arrivato terzo ed in piu’ condannato per evasione fiscale da un Tribunale della Repubblica) stanno “riformando” la Carta fondamentale come se fosse “cosa loro”. Ed in piu’ dimostrano, nel perseguire questo obiettivo, un disprezzo delle procedure e delle regole condivise e praticate da quando l’Italia, liberatasi dal nazifascismo, intraprese con la promulgazione della Costituzione e col referendum monarchia-repubblica, quella strada che l’ha poi portata nel consesso delle nazioni civili e democratiche.

Rispetto all’esempio – immaginario – del gioco del calcio, nel caso specifico c’e’ un’ulteriore aggravante: il capo dello Stato (arbitro imparziale e custode sia della Costituzione che dell’Unita’ nazionale) ha deciso di scendere in campo sponsorizzando il governo nel suo progetto di modifica costituzionale, dimenticando che non spetta ne’ a lui ne’al governo - spetta semmai al Parlamento - decidere se e con quali tempistiche modificare la Costituzione. Nel corso della cerimonia del ventaglio, il capo dello Stato ha anche detto che la stampa ed i mass-media non devono agitare “spettri di insidie e macchinazioni di autoritarismo” (e dicendo questo ha fatto sorgere in molti il sospetto , in modo senz’altro non voluto, che, purtroppo, quei rischi ci potrebbero essere ). Come ha ricordato Maurizio Viroli [1] “regola aurea di un buon regime repubblicano vorrebbe che quando il Parlamento parla, ovvero delibera, il presidente tace. Il presidente poi potra’ sempre parlare, se lo riterrà opportuno, all’atto di promulgare o di non promulgare le leggi”.

Ma l’attuale presidente sembra piuttosto insensibile alle “regole auree”. Anche il governo sta dando prova di non conoscere abbastanza (o di far finta di non conoscere) le regole (e non solo quelle “auree”) entro le quali dovrebbe svolgersi il percorso di modifica della Costituzione. Vorremmo ricordare all’attuale capo dell’esecutivo che il Parlamento, sede del potere legislativo, ha i suoi regolamenti e le sue procedure che risalgono a tempi di molto precedenti alla sua nomina a primo ministro e che tali regole e procedure sono state stabilite per assicurare che il percorso di costruzione ed approvazione delle leggi, ed in particolare di quelle che modificano la Costituzione, sia il piu’ meditato e condiviso possibile proprio per evitare errori e danni di portata imprevedibile.

Il contingentamento dei tempi, la “tagliola” sugli emendamenti presentati dalle opposizioni e dai dissidenti dei partiti di maggioranza, consegnano all’opinione pubblica l’immagine di uno schieramento di governo piuttosto intollerante ed insofferente alla cultura costituzionale e democratica, non che’ al confronto: per quanto in parte possano essere strumentali e/o dilatori, le proposte e gli emendamenti dell’opposizione devono essere sottoposti a discussione e deliberazione coma prescrive l’art. 72 Cost (“La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale”) e non “contingentati” o “ghigliottinati” secondo i voleri dell’esecutivo.

Se proprio vogliamo, ci sarebbe un’altra motivazione che dovrebbe indurre gli esponenti del governo ad un rispetto puntiglioso delle procedure e dei regolamenti parlamentari. Questo parlamento e’ stato eletto in base ad una legge elettorale – il porcellum - dichiarata incostituzionale con sentenza 01/2014 dalla Consulta. C’e’ chi dice – e qui si puo’ anche discutere ed obiettare – che un Parlamento eletto con una legge elettorale incostituzionale non avrebbe neanche i requisiti per modificare la Costituzione; ma diamo per scontato – anche se non condivisibile - che il Parlamento attuale, seppur eletto con una legge incostituzionale, sia comunque espressione della sovranita’ popolare; i seggi sono stati assegnati in base ad una legge ispirata al sistema maggioritario che premiava la piu’ forte delle minoranze (ma che rimane sempre minoranza nel corpo elettorale) con un numero di deputati spropositato.

Con quel numero abnorme di seggi “la più forte delle minoranze” si trova ad avere la possibilità (il potere) di approvare modifiche della Costituzione nonche’ di eleggere anche gli organi di garanzia come il capo dello Stato – cosa che tra l’altro e’ avvenuta. E’ proprio questo uno degli aspetti piu’ eversivi del “porcellum” che ha convinto la Consulta a dichiararlo incostituzionale. Allora, proprio alla luce di quanto evidenziato, non guasterebbe una maggiore attenzione alle critiche ed ai ragionamenti che provengono dai dissidenti e dalle opposizioni che, nel Parlamento attuale, sono meno rappresentati di quanto dovrebbero.

Non vogliamo in questa sede valutare, per esempio, se sia un bene o un male o se costituisca un pericolo per l’assetto democratico il fatto che il Senato sia composto da eletti dal popolo oppure dagli eletti di secondo grado (altri importanti commentatori si sono espressi gia’ sulla questione [2,6]). Ma certo, se i metodi della maggioranza di governo e del suo “interlocutore preferenziale” sono questi e se questo e’ il loro grado di cultura democratica ed istituzionale allora il rischio di deriva autoritaria c’è.

P.S. C'e' un solo aspetto che per la mia mente limitata non e' ancora chiaro: se le riforme costituzionali potranno entrare in vigore soltanto a partire dalla prossima legislatura che, se il governo godra' di buona salute, comincera' soltanto a partire dal 2018, perche' la maggioranza ha imposto al presidente del Senato la "tagliola" dell'8 agosto del c.a.? Non sarebbe convenuto dedicarsi prima alle misure ed ai provvedimenti economici, visto che l'Europa sta facendo pressioni enormi sull'Italia in tal senso, e discutere di riforme istituzionali in un secondo tempo?

1) M. Viroli, “Il presidente fuori ruolo”, Il Fatto Quotidiano, 15/07/2014
2) A. Burgio, “I pericoli per la democrazia del progetto di Renzi e Berlusconi”, Il Manifesto, 19/07/2014
3) P. Petrini, “Lo strapotere del capo del governo”, libertaegiustizia.it
4) M. Perduca, “Ci vuole un Senato efficiente o efficace?” Huffington post, 13/07/2014
5) A. Giannuli, “La riforma costituzionale di Renzi ed il regime in arrivo”, aldogiannuli.it
6) V. Larcinese, “Se abolire il Senato tocca la divisione dei poteri”, lavoce.info, 04/04/2014

* Coordinatore Commissione "Cittadinanza e Costituzione" del'Osservatorio.


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