|
Riformare
la Costituzione senza tenerne conto?
di
Alessandro Balducci*
Logica (e buon senso) vorrebbero che chiunque proponga di
apportare delle modifiche alla Costituzione repubblicana,
si muova prima di tutto nel rispetto degli stessi principii
costituzionali e delle procedure parlamentari condivise e
decise in tempi non sospetti - soprattutto se chi propone
e’ un esponente del governo che ha giurato sulla Costituzione
al momento del suo insediamento. Non solo perché la Costituzione
rappresenta l’insieme delle “regole del gioco” democratico
ed e’ quindi opportuno che ogni progetto di modifica venga
sottoposto alla piu’ ampia discussione possibile, ma anche
perché chi vuole modificare le regole del gioco, dovrebbe
dimostrare prima di tutto agli altri (e poi anche a se’ stesso)
che quelle regole le conosce: altrimenti chi pretende di “riformare
la Costituzione” rischia, in primis, di perdere credibilita’
di fronte agli occhi dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale,
e poi di combinare dei danni perche’ si trova a decidere su
una materia delicata e fondamentale (la Costituzione) senza
neanche sapere cosa essa sia.
Ci pare che questo sia proprio il caso dell’attuale capo dell’esecutivo
e dei suoi ministri. Per usare una metafora calcistica – visto
che sono appena terminati i mondiali del Brasile – se la Federazione
Italiana Gioco Calcio dovesse proporre (ammesso che ne abbia
effettivamente il potere, visto che le regole del Calcio sono
internazionali e stabilite dall’IFAB e dalla FIFA) che una
partita del campionato italiano di calcio deve durare non
piu’ 90 ma 120 minuti, sarà il caso che senta il parere di
tutte le squadre che giocano il campionato (i partiti) ma
anche delle associazioni sindacali dei calciatori, degli allenatori
e degli arbitri. Magari puo’ succedere che i dirigenti delle
società possano essere anche interessati per motivi di tornaconto
economico (piu’ tempo per la pubblicità in tv, per esempio),
ma che i giocatori e gli arbitri non siano d’accordo per via
dell’eccessivo sforzo fisico che dovrebbero affrontare in
120 minuti di gioco visto che poi in campo scendono loro e
non i presidenti delle società.
Immagino che i giornali sportivi si indignerebbero e sparerebbero
titoli a 8 colonne se i dirigenti della FIGC, per esempio,
andassero a sentire il parere soltanto della squadra che e’
arrivata prima in campionato (il Pd) e di quella arrivata
terza (Forza Italia); sara’ il caso che ascoltino il parere
anche delle altre, tra cui, per esempio, quella arrivata seconda
(Mov. 5 Stelle). E poiche’ si gioca – e’ il caso di dirlo
– con la salute dei calciatori, non farebbe male ascoltare
anche il parere dei medici sportivi (professori universitari
di Diritto ed esperti costituzionalisti), senza liquidare
le opinioni espresse da costoro come “chiacchiere da parrucconi”.
Purtroppo
Renzi (capo del partito che ha vinto le elezioni e capo del
governo) e Berlusconi (capo del partito arrivato terzo ed
in piu’ condannato per evasione fiscale da un Tribunale della
Repubblica) stanno “riformando” la Carta fondamentale come
se fosse “cosa loro”. Ed in piu’ dimostrano, nel perseguire
questo obiettivo, un disprezzo delle procedure e delle regole
condivise e praticate da quando l’Italia, liberatasi dal nazifascismo,
intraprese con la promulgazione della Costituzione e col referendum
monarchia-repubblica, quella strada che l’ha poi portata nel
consesso delle nazioni civili e democratiche.
Rispetto all’esempio – immaginario – del gioco del calcio,
nel caso specifico c’e’ un’ulteriore aggravante: il capo dello
Stato (arbitro imparziale e custode sia della Costituzione
che dell’Unita’ nazionale) ha deciso di scendere in campo
sponsorizzando il governo nel suo progetto di modifica costituzionale,
dimenticando che non spetta ne’ a lui ne’al governo - spetta
semmai al Parlamento - decidere se e con quali tempistiche
modificare la Costituzione. Nel corso della cerimonia del
ventaglio, il capo dello Stato ha anche detto che la stampa
ed i mass-media non devono agitare “spettri di insidie e macchinazioni
di autoritarismo” (e dicendo questo ha fatto sorgere in molti
il sospetto , in modo senz’altro non voluto, che, purtroppo,
quei rischi ci potrebbero essere ). Come ha ricordato Maurizio
Viroli [1] “regola aurea di un buon regime repubblicano vorrebbe
che quando il Parlamento parla, ovvero delibera, il presidente
tace. Il presidente poi potra’ sempre parlare, se lo riterrà
opportuno, all’atto di promulgare o di non promulgare le leggi”.
Ma l’attuale presidente sembra piuttosto insensibile alle
“regole auree”. Anche il governo sta dando prova di non conoscere
abbastanza (o di far finta di non conoscere) le regole (e
non solo quelle “auree”) entro le quali dovrebbe svolgersi
il percorso di modifica della Costituzione. Vorremmo ricordare
all’attuale capo dell’esecutivo che il Parlamento, sede del
potere legislativo, ha i suoi regolamenti e le sue procedure
che risalgono a tempi di molto precedenti alla sua nomina
a primo ministro e che tali regole e procedure sono state
stabilite per assicurare che il percorso di costruzione ed
approvazione delle leggi, ed in particolare di quelle che
modificano la Costituzione, sia il piu’ meditato e condiviso
possibile proprio per evitare errori e danni di portata imprevedibile.
Il
contingentamento dei tempi, la “tagliola” sugli emendamenti
presentati dalle opposizioni e dai dissidenti dei partiti
di maggioranza, consegnano all’opinione pubblica l’immagine
di uno schieramento di governo piuttosto intollerante ed insofferente
alla cultura costituzionale e democratica, non che’ al confronto:
per quanto in parte possano essere strumentali e/o dilatori,
le proposte e gli emendamenti dell’opposizione devono essere
sottoposti a discussione e deliberazione coma prescrive l’art.
72 Cost (“La procedura normale di esame e di approvazione
diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni
di legge in materia costituzionale ed elettorale”) e non “contingentati”
o “ghigliottinati” secondo i voleri dell’esecutivo.
Se
proprio vogliamo, ci sarebbe un’altra motivazione che dovrebbe
indurre gli esponenti del governo ad un rispetto puntiglioso
delle procedure e dei regolamenti parlamentari. Questo parlamento
e’ stato eletto in base ad una legge elettorale – il porcellum
- dichiarata incostituzionale con sentenza 01/2014 dalla Consulta.
C’e’ chi dice – e qui si puo’ anche discutere ed obiettare
– che un Parlamento eletto con una legge elettorale incostituzionale
non avrebbe neanche i requisiti per modificare la Costituzione;
ma diamo per scontato – anche se non condivisibile - che il
Parlamento attuale, seppur eletto con una legge incostituzionale,
sia comunque espressione della sovranita’ popolare; i seggi
sono stati assegnati in base ad una legge ispirata al sistema
maggioritario che premiava la piu’ forte delle minoranze (ma
che rimane sempre minoranza nel corpo elettorale) con un numero
di deputati spropositato.
Con
quel numero abnorme di seggi “la più forte delle minoranze”
si trova ad avere la possibilità (il potere) di approvare
modifiche della Costituzione nonche’ di eleggere anche gli
organi di garanzia come il capo dello Stato – cosa che tra
l’altro e’ avvenuta. E’ proprio questo uno degli aspetti piu’
eversivi del “porcellum” che ha convinto la Consulta a dichiararlo
incostituzionale. Allora, proprio alla luce di quanto evidenziato,
non guasterebbe una maggiore attenzione alle critiche ed ai
ragionamenti che provengono dai dissidenti e dalle opposizioni
che, nel Parlamento attuale, sono meno rappresentati di quanto
dovrebbero.
Non
vogliamo in questa sede valutare, per esempio, se sia un bene
o un male o se costituisca un pericolo per l’assetto democratico
il fatto che il Senato sia composto da eletti dal popolo oppure
dagli eletti di secondo grado (altri importanti commentatori
si sono espressi gia’ sulla questione [2,6]). Ma certo, se
i metodi della maggioranza di governo e del suo “interlocutore
preferenziale” sono questi e se questo e’ il loro grado di
cultura democratica ed istituzionale allora il rischio di
deriva autoritaria c’è.
P.S.
C'e' un solo aspetto che per la mia mente limitata non e'
ancora chiaro: se le riforme costituzionali potranno entrare
in vigore soltanto a partire dalla prossima legislatura che,
se il governo godra' di buona salute, comincera' soltanto
a partire dal 2018, perche' la maggioranza ha imposto al presidente
del Senato la "tagliola" dell'8 agosto del c.a.? Non sarebbe
convenuto dedicarsi prima alle misure ed ai provvedimenti
economici, visto che l'Europa sta facendo pressioni enormi
sull'Italia in tal senso, e discutere di riforme istituzionali
in un secondo tempo?
1)
M. Viroli, “Il presidente fuori ruolo”, Il Fatto Quotidiano,
15/07/2014
2) A. Burgio, “I pericoli per la democrazia del progetto di
Renzi e Berlusconi”, Il Manifesto, 19/07/2014
3) P. Petrini, “Lo strapotere del capo del governo”, libertaegiustizia.it
4) M. Perduca, “Ci vuole un Senato efficiente o efficace?”
Huffington post, 13/07/2014
5) A. Giannuli, “La riforma costituzionale di Renzi ed il
regime in arrivo”, aldogiannuli.it
6) V. Larcinese, “Se abolire il Senato tocca la divisione
dei poteri”, lavoce.info, 04/04/2014
*
Coordinatore Commissione "Cittadinanza e Costituzione"
del'Osservatorio.
Dossier
etica e politica
|
|