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Donne
: quotidianita' della sofferenza
di
Vincenzo Andraous*
Se ne stava lì in un angolo della stanza, rannicchiata addosso
alla parete, come volesse occupare uno spazio invisibile.
Una signora con i capelli argentati, una donna esile, fragile,
improvvisamente sola.
Mentre l'accompagnavo da persone amiche disponibili ad accoglierla
per la notte, mi raccontava una storia incredibile, ma tragicamente
reale. Ogni tanto le succede di scappare da casa, attraverso
i campi raggiunge la città, per recarsi al pronto soccorso:
le accade di non riuscire a muovere le braccia, né piegarsi,
o respirare bene. Ogni tanto succede che la testa le ciondola
sul collo, svuotata di ogni pensiero, le gambe oppongono resistenza,
non c'è più sincronia tra dire e fare, neppure nello sperare
che le cose possano cambiare. Ogni tanto il marito la colpisce
forte, la offende e la spintona, per il lavoro che non c'è
più, per la malattia sopraggiunta, per lo sfratto imminente.
Le percosse e le umiliazioni la fanno morire un po' di più:
"No, non denuncio mio marito, perché se lo scopre mi ammazza
stavolta, no, non lo denuncio mai, a che servirebbe, rimarrebbe
in quella casa, ed io a rischiare di più". Guardo quella signora
e mi vengono in mente le reiterate sensibilizzazioni a chiamare
il numero verde, gratuito ed efficiente a difesa di chi non
sa più a che santo votarsi per sopravvivere, se, al diritto
di vivere, è negato l’accesso.
Frasi
fatte, luoghi comuni, gli scudi levati al grido "la violenza
sulle donne non ha più scuse". A questa donna hanno sollecitato
"lo denunci signora, lo denunci, e poi vada via subito dal
paese", ma lei mi dice: "Dove vado io, cosa faccio io?". Incredibile,
chi ha ragione ed è vittima, deve trovare il coraggio di denunciare,
nella certezza di finire in strada, a perdere ulteriormente
dignità e fiducia negli altri, senza risposte a propria tutela,
se non quella di un consiglio ad abbandonare casa e andare
lontano, dove e come ha poca importanza, perché di fondi non
ce ne sono, il paese non offre lavoro, nonostante i decreti,
le nuove normative, la legge è quella che è.
Una
donna presa a calci, rifiutata e calpestata, è solamente il
frutto di una errata concezione morale, di valori culturali
che soccombono ai pugni sferrati dai pregiudizi, si tratta
semplicemente di vittime ammutolite dalla consapevolezza di
rappresentare poco più di un fattaccio privato, anche quando
la bestemmia burocratica è spogliata nella sua menzogna, dall’efferatezza
dei dati esponenziali che indicano in migliaia le donne colpite
dai sassi psicologici, fisici, sessuali.
Mentre
scende dall’auto e la portano nella sua stanza, ho come un
magone, ma non è il risultato della compassione, della partecipazione
emotiva - solidale verso chi vede martoriati i propri diritti
fondamentali. Il groppo in gola è lì per l’impotenza a intervenire
ai fianchi di infamie come queste, che accadono nell’indifferenza
e nell’incapacità di porre termine a una delle ingiustizie
più miserabili che aggredisce sempre le persone più deboli
e indifese. Ogni tanto la signora è costretta a ricorrere
alle cure mediche, a negare l’evidente, a chiedere aiuto e
vederselo negato, ogni anno ci sono le ricorrenze, le feste,
le coreografie delle pari opportunità, sull’uguaglianza e
sulla diversità, sulle quote rosa.
Ogni
anno, ci sono pure le mimose che dovrebbero rammentare, a
ciascuno, di rispettare le donne. Non solamente qualche volta
l’anno.
*
responsabile dei servizi interni della Casa del Giovane
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