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Legalita'
e diritti : contro la logica dell'abuso
di
Domenico Bilotti
È teoria talmente accetta da non avere più specifici connotati
ideologici. Il disagio sociale crea enorme sofferenza e da
questa sofferenza possono fuoriuscire anche non circoscritti
epifenomeni di extra-legalità. Alcuni di essi possono pure
essere ricondotti sotto l’alveo di una certa meritevolezza
o, comunque sia, di una soglia di giustificabilità che viene
dalla comprensione umana, dall’analisi oggettiva delle condizioni
che favoriscono la asserita devianza o dall’empatia soggettiva
verso le condizioni di dolore e inadeguatezza. Altri, invece,
se sfuggono anche al codice di riconoscimento del parimenti
debole, del parimenti misero, rischiano di risultare problematici
e di diffondere surrettiziamente, più che contrastare energicamente,
le ragioni dell’insoddisfazione montante.
Ad
esempio, vedendo le immagini di apertura della finale di una
Coppa nazionale di calcio, in Italia, sentire di bombe carta
o di sparatorie crea un qualche disagio concettuale. Se ci
sono “tribù” della pratica urbana e suburbana che almeno teoricamente
percorrono una certa prospettiva dello scontro fisico (che
può essere pure pericolosissimo), il giudizio più equilibrato
consisterebbe nel circoscriverle e, soprattutto, nell’essere
certi che le legislazioni più repressive assolutamente non
riescono a contenere la questione, anzi, “spalmano” sulla
generalità degli appassionati delle inibizioni immotivatamente
volte a ridimensionare le ipotesi di dissenso, gli stili di
vita non conformi o le contrapposizioni rispetto allo spettacolo
calcio “monetizzato”.
In
altre parole, si reprime indirettamente anche chi non pratica
la violenza, pure attraverso norme che non sono destinate
specificamente al contrasto della violenza, bensì ad ipotesi
a dir poco collaterali: libertà associative, di movimento,
di manifestazione del pensiero. Ed
altri esempi possono rinvenirsi nell’attualità italiana delle
ultime settimane. Si pensi al fenomeno delle occupazioni,
sbrigativamente definite “abusive”, di “immobili”, per fronteggiare
emergenze abitative socialmente percepite.
È
chiaro che se si adotta un parametro di stretta legalità,
alcune di esse -o la gran parte- sfuggono dal recinto oggettivo
dell’impalcatura amministrativistica (che se non regge all’urto
del bisogno, qualche limite dovrà averlo…). È
chiaro, inoltre, che i settori più sofferenti e malmessi dello
Stato sociale non necessitano né di puntelli riformatori né
di occasionali brecce, ma di ripensamenti complessivi, che
corroborino un tessuto civile altrimenti esausto. Ma è davvero
possibile colpevolizzare o tratteggiare con drammaticità il
fenomeno nella sua interezza, senza riferirsi almeno alla
composizione materiale dei comitati di persone che intendono
sollecitare la riflessione collettiva ed istituzionale su
queste istanze, magari attraverso condotte non condivisibili
o, comunque sia, eterodosse?
Ecco
perché qualunque piattaforma rivendicativa non pare possa
prescindere da una previa asserzione di fondo, che deve, poi,
puntualmente essere validata da un interlocutore istituzionale
(che altrimenti finirebbe per trovarsi in una prospettiva
negativizzante o, addirittura non così raramente, vessatoria):
stare contro la logica dell’abuso.
Quello
che si compie, da parte di chi vive il contesto sofferto delle
condizioni sociali odierne, va letto con le lenti di una previa
giustificabilità sulle necessità o, come si preferisce in
quest’impostazione, incardinato nella effettiva sussistenza
(o meno) di una potenzialità lesiva, avverso quel medesimo
diritto, il cui esercizio può essere sbrigativamente inibito.
L’abuso che si compie da parte di chi detta le norme, vista
l’evidente asimmetria, non può essere tollerato secondo le
medesime logiche: la sproporzione di forze, o, più correttamente,
di attribuzioni, non può diventare attenuante, quand’anche
non la si volesse giudicare da “circostanza aggravante” -il
che non sarebbe del tutto infondato.
Una
critica dell’abuso e della violenza, insomma, come impostazione
mentale e morale, potrebbe essere l’unico stimolo in grado
di fronteggiare con schiettezza, lealtà e la speranza di un
minimo di risultati, i settori della vita italiana (diritti
sociali, proiezioni contestative di alcune libertà politiche,
eccetera) più coinvolti dalle spirali di tensione, di cui
è costellata la nostra attualità. Di questi mesi, di questi
anni.
 
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