Cassazione
e stupro di gruppo : il solito fraintendimento
di
Rita Guma*
Varie
voci anche di personaggi considerati autorevoli si sono sollevate
contro la sentenza della Corte di Cassazione che, in ottemperanza
alla Costituzione, ha stabilito che quella in carcere non
è l'unica misura cautelare per gli accusati di violenza di
gruppo.
Si
badi bene, la sentenza non dice che chi è riconosciuto definitivamente
colpevole di stupro di gruppo non dovrà andare in carcere,
nè che chi è imputato di tale reato non debba essere condannato
alla limitazione della libertà, ma che chi per la Costituzione
è ancora innocente potrebbe essere tenuto anche solo agli
arresti domiciliari.
La
Cassazione ha fatto riferimento, per la sua decisione, alle
precedenti sentenze della Corte Costituzionale che ha rilevato
"come i limiti di legittimità delle misure cautelari –
(...) – risultino espressi, a fronte del principio di inviolabilità
della libertà personale (art. 13, primo comma, Cost.) – oltre
che dalle riserve di legge e di giurisdizione (art. 13, secondo
e quarto comma, Cost.) – anche e soprattutto dalla presunzione
di non colpevolezza (art. 27, secondo comma, Cost.), a fronte
della quale le restrizioni della libertà personale dell’indagato
o dell’imputato nel corso del procedimento debbono assumere
connotazioni nitidamente differenziate da quelle della pena,
irrogabile solo dopo l’accertamento definitivo della responsabilità".
E' una norma basilare del diritto che era stata scavalcata
dalla legge sulla violenza sessuale sull'onda dell'emotività,
e la sentenza della Cassazione non poteva che essere quella.
La
Consulta pertanto dichiarava l’illegittimità costituzionale
dell’articolo di legge contenuto nelle Misure urgenti in
materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza
sessuale, nonché in tema di atti persecutori dove prevedeva
che "quando sussistono gravi indizi di colpevolezza
in ordine al delitto di cui all’art. 575 del codice penale,
è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano
acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze
cautelari – non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano
acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto,
dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere
soddisfatte con altre misure".
Sbaglia
quindi chi insorge chiedendo interventi superiori o quelli
del Ministro Severino (che nulla può, vista la separazione
dei poteri che per fortuna vige nel nostro Paese e che peraltro
ha invece già pubblicamente dichiarato la sua convinzione
che la misura cautelare in carcere vada prescelta quando proprio
non se ne può fare a meno).
Per capire l'importanza della sentenza, occorre immaginare
di essere uno dei tanti accusati che ingiustamente sono
stati tenuti in carcere prima di essere completamente
scagionati (con prove certe, come quella del DNA), visto che
spesso le prove nei casi di stupro sono solo testimoniali.
Si
spera che nessuno cerchi di giocare sul fraintendimento e
che si tratti solo di lettura superficiale della sentenza.
*
Presidente dell'Osservatorio sulla legalità
e sui diritti Onlus
 
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