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02 febbraio 2012
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Cassazione e stupro di gruppo : il solito fraintendimento
di Rita Guma*

Varie voci anche di personaggi considerati autorevoli si sono sollevate contro la sentenza della Corte di Cassazione che, in ottemperanza alla Costituzione, ha stabilito che quella in carcere non è l'unica misura cautelare per gli accusati di violenza di gruppo.

Si badi bene, la sentenza non dice che chi è riconosciuto definitivamente colpevole di stupro di gruppo non dovrà andare in carcere, nè che chi è imputato di tale reato non debba essere condannato alla limitazione della libertà, ma che chi per la Costituzione è ancora innocente potrebbe essere tenuto anche solo agli arresti domiciliari.

La Cassazione ha fatto riferimento, per la sua decisione, alle precedenti sentenze della Corte Costituzionale che ha rilevato "come i limiti di legittimità delle misure cautelari – (...) – risultino espressi, a fronte del principio di inviolabilità della libertà personale (art. 13, primo comma, Cost.) – oltre che dalle riserve di legge e di giurisdizione (art. 13, secondo e quarto comma, Cost.) – anche e soprattutto dalla presunzione di non colpevolezza (art. 27, secondo comma, Cost.), a fronte della quale le restrizioni della libertà personale dell’indagato o dell’imputato nel corso del procedimento debbono assumere connotazioni nitidamente differenziate da quelle della pena, irrogabile solo dopo l’accertamento definitivo della responsabilità".

E' una norma basilare del diritto che era stata scavalcata dalla legge sulla violenza sessuale sull'onda dell'emotività, e la sentenza della Cassazione non poteva che essere quella.

La Consulta pertanto dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’articolo di legge contenuto nelle Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori dove prevedeva che "quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 575 del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure".

Sbaglia quindi chi insorge chiedendo interventi superiori o quelli del Ministro Severino (che nulla può, vista la separazione dei poteri che per fortuna vige nel nostro Paese e che peraltro ha invece già pubblicamente dichiarato la sua convinzione che la misura cautelare in carcere vada prescelta quando proprio non se ne può fare a meno).

Per capire l'importanza della sentenza, occorre immaginare di essere uno dei tanti accusati che ingiustamente sono stati tenuti in carcere prima di essere completamente scagionati (con prove certe, come quella del DNA), visto che spesso le prove nei casi di stupro sono solo testimoniali.

Si spera che nessuno cerchi di giocare sul fraintendimento e che si tratti solo di lettura superficiale della sentenza.

* Presidente dell'Osservatorio sulla legalità e sui diritti Onlus


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