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12 giugno 2012
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Massacrato perche' gay : domani targa presso Arcigay
di Tamara Gallera

Domani, mercoledì 13 giugno, alle ore 12, presso la sua sede di rappresentanza di via di San Giovanni in Laterano 10 a Roma, l'Arcigay apporrà una targa in memoria di Daniel Zamudio, il ventiquattrenne cileno massacrato per la sua omosessualità il 27 marzo 2012 dopo essere stato aggredito il 3 marzo mentre si recava al lavoro. Trovato intorno alle quattro del mattino, senza documenti, nel parco "San Borja", e ricoverato all'ospedale Posta Central, aveva ferite così gravi a essere tenuto in coma farmacologico. Il corpo era martoriato e oltre ai segni di percosse presentava bruciature di sigarette e simboli nazisti tracciati con pezzi di vetro, una parte dell'orecchio era strappata e una gamba rotta, si ipotizza a causa di pietrate inferte dall'alto.

La polizia, nei giorni immediatamente successivi all'aggressione ferma quattro sospettati: Alejandro Axel Angulo Tapia (26 anni), Raúl Alfonso López Fuentes (25 anni), Patricio Iván Ahumada Garay (25 anni), e Fabián Alexis Mora (19 anni), già conosciuti alle forze dell'ordine per atti di violenza. Uno di loro esprime simpatie neonaziste. Il più giovane degli aggressori, confessa, nel corso di un interrogatorio, le dinamiche dell'aggressione con calci, pugni, insulti, una bottiglia spezzata sulla testa, urina sul corpo. E conferma che gli aguzzini sapevano che Zamudio era omosessuale e che era stato svegliato mentre si trovava addormentato su una panchina.

Un avvocato della difesa, nel corso dell'udienza del 24 maggio 2012, ha chiesto la riesumazione del cadavere del giovane, indicando come possibile causa della morte la presenza d'un focolaio batteriologico nell'ospedale in cui il giovane era ricoverato e rilevando "negligenze" nelle cure mediche. Il pubblico ministero e il Ministero degli Interni, che agisce in qualità di procuratore, ha però ricordato alla corte che Zamudio è morto a causa di una serie di lesioni subite al cranio e al corpo. La Corte ha quindi respinto la richiesta di scarcerazione degli imputati anche a causa dell'efferatezza dell'omicidio di cui sono accusati.

Arcigay ricorda che Daniel Mauricio Zamudio Vera è diventato un simbolo, come prima di lui lo statunitense Matthew Shepard, della lotta a omofobia e transfobia. La morte del giovane dopo un mese di agonia, e le violenze efferate a cui è stato sottoposto, hanno suscitato un ampio dibattito e ripetute manifestazioni pubbliche in Cile (e nel mondo). La sua morte ha posto con forza l'assenza nel codice penale cileno di una legge contro omofobia, transfobia e crimini d'odio, al punto che tale legge è stata infine rapidamente approvata dal Parlamento del Cile. Anche in Italia la morte di Zamudio ha suscitato sdegno e grande emozione.

La targa sarà affissa da Arcigay alla presenza di Ivan Zamudio, padre di Daniel, di S.E. l’Ambasciatore cileno in Italia Francisco Javier Godoy Arcaya Oscar, di Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay e di Rita De Santis, presidentessa Agedo, i genitori di omosessuali. Hanno confermato la loro presenza alla cerimonia, tra gli altri, Carlos Cherniak, Ministro Ambasciata Argentina, Fleur Cowan, addetta culturale Ambasciata americana, Aart Heering, addetto culturale Ambasciata olandese e l’on. Paola Concia.

Hanno espresso il loro sostegno all’iniziativa numerosi cittadini e cittadine e esponenti delle istituzioni. Anche il presidente dell'Osservatorio sulla legalità e sui diritti Onlus ha inviato un messaggio di condivisione al presidente dell'Arcigay.


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