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Massacrato perche' gay : domani targa presso Arcigay
di
Tamara Gallera
Domani,
mercoledì 13 giugno, alle ore 12, presso la sua sede di rappresentanza
di via di San Giovanni in Laterano 10 a Roma, l'Arcigay apporrà
una targa in memoria di Daniel Zamudio, il ventiquattrenne
cileno massacrato per la sua omosessualità il 27 marzo 2012
dopo essere stato aggredito il 3 marzo mentre si recava al
lavoro. Trovato intorno alle quattro del mattino, senza documenti,
nel parco "San Borja", e ricoverato all'ospedale Posta Central,
aveva ferite così gravi a essere tenuto in coma farmacologico.
Il corpo era martoriato e oltre ai segni di percosse presentava
bruciature di sigarette e simboli nazisti tracciati con pezzi
di vetro, una parte dell'orecchio era strappata e una gamba
rotta, si ipotizza a causa di pietrate inferte dall'alto.
La
polizia, nei giorni immediatamente successivi all'aggressione
ferma quattro sospettati: Alejandro Axel Angulo Tapia (26
anni), Raúl Alfonso López Fuentes (25 anni), Patricio Iván
Ahumada Garay (25 anni), e Fabián Alexis Mora (19 anni), già
conosciuti alle forze dell'ordine per atti di violenza. Uno
di loro esprime simpatie neonaziste. Il più giovane degli
aggressori, confessa, nel corso di un interrogatorio, le dinamiche
dell'aggressione con calci, pugni, insulti, una bottiglia
spezzata sulla testa, urina sul corpo. E conferma che gli
aguzzini sapevano che Zamudio era omosessuale e che era stato
svegliato mentre si trovava addormentato su una panchina.
Un
avvocato della difesa, nel corso dell'udienza del 24 maggio
2012, ha chiesto la riesumazione del cadavere del giovane,
indicando come possibile causa della morte la presenza d'un
focolaio batteriologico nell'ospedale in cui il giovane era
ricoverato e rilevando "negligenze" nelle cure mediche. Il
pubblico ministero e il Ministero degli Interni, che agisce
in qualità di procuratore, ha però ricordato alla corte che
Zamudio è morto a causa di una serie di lesioni subite al
cranio e al corpo. La Corte ha quindi respinto la richiesta
di scarcerazione degli imputati anche a causa dell'efferatezza
dell'omicidio di cui sono accusati.
Arcigay
ricorda che Daniel Mauricio Zamudio Vera è diventato
un simbolo, come prima di lui lo statunitense Matthew Shepard,
della lotta a omofobia e transfobia. La morte del giovane
dopo un mese di agonia, e le violenze efferate a cui è stato
sottoposto, hanno suscitato un ampio dibattito e ripetute
manifestazioni pubbliche in Cile (e nel mondo). La sua morte
ha posto con forza l'assenza nel codice penale cileno di una
legge contro omofobia, transfobia e crimini d'odio, al punto
che tale legge è stata infine rapidamente approvata dal Parlamento
del Cile. Anche in Italia la morte di Zamudio ha suscitato
sdegno e grande emozione.
La
targa sarà affissa da Arcigay alla presenza di Ivan Zamudio,
padre di Daniel, di S.E. l’Ambasciatore cileno in Italia Francisco
Javier Godoy Arcaya Oscar, di Paolo Patanè, presidente nazionale
Arcigay e di Rita De Santis, presidentessa Agedo, i genitori
di omosessuali. Hanno confermato la loro presenza alla cerimonia,
tra gli altri, Carlos Cherniak, Ministro Ambasciata Argentina,
Fleur Cowan, addetta culturale Ambasciata americana, Aart
Heering, addetto culturale Ambasciata olandese e l’on. Paola
Concia.
Hanno
espresso il loro sostegno all’iniziativa numerosi cittadini
e cittadine e esponenti delle istituzioni. Anche il presidente
dell'Osservatorio sulla legalità e sui diritti Onlus
ha inviato un messaggio
di condivisione
al presidente dell'Arcigay.
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