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Alla
faccia nostra
di
Rodolfo Roselli*
La crisi finanziaria mondiale ha avuto la conseguenza di far
aprire gli occhi a molte persone che, oggi, e solo oggi ,si
accorgono di aver trascurato d’impegnarsi in politica nel
modo corretto. E’ stata una distrazione che oggi tutti pagano
cara, è una distrazione che ha permesso a personaggi scaltri
di costruire un qualche cosa che loro hanno battezzato col
nome di politica, ma che non ha nulla a che fare con il significato
di questo termine. Personaggi
scaltri ma sciocchi, perché si sono fatti prendere la mano,
illudendosi che la tolleranza di tanta gente fosse consenso,
che i branchi d’attivisti che li osannavano fossero tutto
il popolo, che l’astensionismo crescente fosse pigrizia e
non riprovazione. Coltivando queste illusioni, hanno pensato
d’essere indispensabili, inamovibili, e soprattutto d’imporre
la loro volontà a piacimento ed essere sempre al di sopra
delle regole.
Il vecchio proverbio “vivere e lasciar vivere” ha un senso
se veramente ci si preoccupa di lasciar vivere le persone,
le famiglie, i giovani, perché ben pochi amano essere aggressivi,
e i molti si contentano di poter vivere serenamente e soddisfare
i propri bisogni con buon senso. Ma quando si mette in discussione
la sopravvivenza allora, uomo o animale che sia, per quanto
pacifico, diventa una belva, e riesce a trovare una forza
incredibile per salvarsi. Nessuna sorpresa, perché vivere
per sopravvivere, è comune a qualsiasi essere vivente.
Nessuna
sorpresa dunque se, non solo in Italia, ma in tutti quei paesi
ove la sopravvivenza è messa in discussione, si sia scatenata
una rivolta contro i partiti, contro gli apparati, contro
i poteri forti, contro tutti coloro che avevano fatto credere
di essere capaci, per lo meno, di assicurare questa sopravvivenza.
Guardiamoci da un popolo che diventa una belva, perché chi
non ha usato il buon senso prima, non può pretendere di cercarlo
ora, tra chi oggi ha condotto alla disperazione. E allora
è normale che perfino in Germania, nonostante il benessere,
il consenso popolare cresca verso i Pirati, che in Francia,
Marine le Pen possa costituire una forza minacciosa, che ad
Atene la sinistra estrema abbia successo e che in Spagna,
Olanda, Stati Uniti, si abbiano gli stessi effetti, senza
parlare dei paesi arabi, e inclusi noi, il Movimento 5 stelle.
Il
nocciolo del problema è che i politici non hanno capito la
funzione della politica. Forse sarebbe bene riflettere sul
fatto che non è la politica che crea il benessere di una nazione,
ma in ogni paese sono i talenti e le energie esistenti che,
se valorizzate, possono crearlo , è il lavoro di ogni persona
che, impegnandosi per vivere ,crea ricchezza per se e per
gli altri e determina la famosa crescita e lo sviluppo. Però
la parola chiave è “se valorizzate”, ed è questa la funzione
che dà valore alla politica che deve essere in grado di liberare
queste energie e creare il contesto giusto per esprimerle.
Ed è qui che ha valore la democrazia, non intesa come una
formula, ma come il livello di consenso che indica, realizza,
controlla e ottimizza proprio la base che crea il benessere.
Il benessere di una nazione può essere diverso e magari più
alto rispetto ad un’altra, ma è sbagliato farne un confronto,
perché ogni popolo può raggiungere un suo livello di crescita
commisurato ai mezzi disponibili, un livello congruente con
il consenso. Quindi pensare che la sola politica determini
il benessere è sbagliato, come sbagliato è che questo avvenga
cambiando le leadership, le formule politiche o strumentalizzando
i sistemi elettorali, e l’errore di verifica perché non si
comprende che la politica deve solo accompagnare, facilitare
e guadagnare quel consenso, il quale poi crea spontaneamente
lo sviluppo. Il
politico, inteso come delegato dal popolo, è semplicemente
un pilota che obbedisce a dei comandi per la guida di una
macchina che non ha costruito lui, ma che è stata costruita
da tutti e che lui deve saper solo condurre nel modo giusto.
Oggi
occorre temere sia il popolo disperato che diventa una belva,
sia coloro che approfittandone lo assecondano, perché questa
situazione pur essendo giustificata per accelerare un processo
di cambiamento, può nascondere rischi di evolversi in modo
negativo. Le grandi situazioni di disagio del XX secolo, che
hanno prodotto personaggi come Stalin, Hitler e Mussolini
non sono state determinate da questi, squallidi scarti delle
rispettive società, ma dalla stessa gente che, volendo attuare
il processo di cambiamento, non ha saputo ricondurre la situazione
ad una normalità, cioè alla democrazia. Oggi chi condanna
l’antipolitica fa parte di quello squallido gruppo di personaggi
che difendono i loro privilegi, il loro malcostume, l’arroganza,
l’inefficienza, la corruzione, cercando di demonizzare e screditare
la naturale protesta, che non è antipolitica. E questa ondata
esasperata di protesta non solo è contro i politici di oggi,
ma contro l’esistenza di queste strutture, chiamate partiti,
fondamentalmente sbagliate proprio perché, mai basate sul
consenso, non si sono mai inchinate alla volontà della gente,
anzi quando l’hanno potuta evitare lo hanno fatto sempre con
determinazione e con astuzia.
Dunque
anche oggi, tentando di voltare pagina, si rischia di perdere
libertà e democrazia. Oggi, con la politica dei tecnici, si
continua a sbagliare e non la si costruisce perché s’insiste
nel considerare due soggetti diversi lo stato e il popolo.
Che senso ha che un Presidente del Consiglio si affretti a
inchinarsi davanti ai suoi dipendenti dell’Agenzia delle Entrate
e alla società di recupero crediti Equitalia, e non faccia
lo stesso davanti ai suoi datori di lavoro che a Napoli protestavano?
E’ stato un omaggio a chi obbedisce alle regole e alle leggi,
come chi ha obbedito alle leggi razziali o chi ha sparato
in testa alle vittime delle Ardeatine, tutti fedeli servitori
del potere. Un professore di tale calibro dovrebbe ricordare
la saggezza dei senatori romani, e lo ricordo a Lui in latino
perché può comprenderla meglio, “est modus in rebus, sunt
certi denique finis, quos ultra citraque nequit consistere
rectum” cioè “C’è una giusta misura nelle cose, vi sono giusti
confini, al di qua e al di là dei quali non può sussistere
la cosa giusta“.
Che
senso ha che un privato, debitore verso lo stato, subisca
l’uso immediato delle ganasce alla sua auto, e che uno stato,
debitore verso il privato, non le subisca sulle auto istituzionali?
Che senso ha che verso il pubblico esistano leggi, regole,
procedure, tempi, sanzioni a fronte di determinate infrazioni
e le stesse leggi non possono essere applicate dal pubblico
verso la pubblica amministrazione inadempiente, anche arrivando
all’immediata confisca dei beni pubblici? Che senso ha parlare
di uno stato democratico quando le numerose stragi di Ustica,
Bologna, Piazza Fontana e Piazza della Loggia contro vittime
civili sono state insabbiate da funzioni dello stato, spesso
coperte dal segreto di stato, difendendo così lo stato dal
popolo? Un antagonismo orribile.
La
vera democrazia si basa sul rigoroso principio di reciprocità,
la legge eguale per tutti si basa su questo principio, e senza
questo non si può parlare di democrazia. E le conseguenze
di questa carenza sono più pesanti di quanto si possa pensare
e differenziano l’Italia dagli altri paesi che, pur imperfetti,
cercano di applicarlo al meglio. (...) Ma la conseguenza disastrosa
di tutto questo è che lo stato di diritto non esiste più,
che le leggi sono trattate come barzellette e si diffonde
la certezza che ognuno la legge se la può fare a modo suo
avendo i mezzi, gli aiuti, le connivenze e i quattrini per
poterlo fare. E allora questo non è uno stato democratico,
ma è un caos, e lo stato è sempre più visto come uno stato
canaglia nelle mani di delinquenti. Lo stato non sarà più
sentito come un soggetto collettivo ma antagonista e persecutore,
se continuerà ad avere un numero spropositato di leggi e regolamenti,
una in contraddizione con le altre, brodo di coltura dei numerosi
astuti legulei, soffocato da una cultura burocratica invasiva
e ottusa, che deve difendere il suo ruolo privilegiato di
dire sempre l’ultima parola, di una pubblica amministrazione
che lucra sui tempi lunghi delle pratiche e crea nuovi privilegi,
su un sistema fiscale che deve estorcere denaro per principio,
anche quando sbaglia, anche quando viene condannato, anche
quando le spese che subisce superano di gran lunga l’entità
della cifra e quindi costituiscono un danno per lo stato,
dunque non potrà mai definirsi uno stato democratico, ma stupido
e autoritario.
Questa realtà non può che produrre non cittadini ma sudditi
anarcoidi, privi del senso civico e del dovere. (...) Ben
venga dunque oggi lo spontaneismo dei vari movimenti , compreso
il movimento 5 stelle, che aiutino ad inventare qualche cosa
di diverso, ma a patto che tutti siano consapevoli che queste
momentanee invenzioni, siano solo momenti per ristabilire
una normalità veramente democratica. Non si deve commettere
l’errore che per cancellare una pesante burocrazia cronica,ci
si affidi a dei leader che non pratichino il principio di
reciprocità e amino invece diventare despoti assoluti, perché
abbiamo già conosciuto i danni dei vecchi individui del XX
secolo sopra citati. Non dobbiamo andare lontano per ricordare
che Forza Italia e Lega nord, che erano nate per criticare
il teatrino della politica e le liturgie dei congressi di
massa, hanno poi abbandonato questa giusta intenzione, per
scivolare nei vari cerchi magici, e sulle conventions nelle
quali l’unico spazio d’espressione pubblica era rappresentata
dall’inno encomiastico verso il duce, pardon il capo. Non
dobbiamo dimenticare di una sinistra che sembra dedicarsi
solo a cambiare nome alle varie formazioni usando fiori, alberi,
somarelli etc. ma praticando tra i vari signorotti il gioco
dei quattro cantoni. Un circo equestre che non riesce nemmeno
a far ridere.
(...)
Sia i referendum che le ultime elezioni hanno dimostrato,
come da tempo abbiamo sostenuto,che la gente che ragiona con
la propria testa sa reagire, e riesce a cancellare la vergogna
della politica di oggi. Io mi congratulo con tutti, anche
con quelli che con la massiccia e incredibile astensione hanno
dato un segnale molto chiaro, il voto non è gratuito, ma
bisogna guadagnarselo.
Dunque
se oggi si fanno tante cose alla faccia nostra, non dobbiamo
sforzarci di farne altre alla faccia loro, ma impegnarci su
ogni problema a mettere tutti indistintamente la faccia.
*
intervento su Radio Gamma 5 del 23.5.2012 e su Challenger
TV satellitare Sky 922 ogni giorno dal lunedì al venerdì in
diretta dalle ore 19,00
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etica e politica
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