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06 marzo 2012
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Cassazione : non è resistenza a pubblico ufficiale se protesta successiva ai fatti
di Annalisa Gasparre*

Reclamare contro le Forze dell’Ordine in una situazione che appare quale sopraffazione gratuitamente violenta di un terzo individuo non costituisce resistenza a pubblico ufficiale, neppure se la protesta contro l’atto già compiuto è corposa.

Cassazione penale, sez. VI, sent. n. 4691 del 02/02/2012 dep. 03/02/2012 Pres. A.S. Agrò

L’imputato era stato ritenuto responsabile del delitto di resistenza a pubblico ufficiale, per aver contestato verbalmente l’opportunità di ammanettare una giovane donna, asserendo che tale misura che le Forze dell’Ordine avevano posto in essere fosse del tutto sproporzionata in riferimento alla situazione quale appariva.

In primo grado, veniva riconosciuta l’attenuante di aver agito per particolari valori morali e sociali, connotando implicitamente l’intervento di finalità civica. La Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.

Rileva la Suprema Corte che già nella sentenza impugnata – che ha annotato gli accertamenti di merito come emersi nel processo – l’imputato era intervenuto “dopo che gli agenti avevano provveduto ad ammanettare la giovane donna”.

A tale dato temporale – che già depone per l’insussistenza del fatto, atteso che il reato si configura con il dolo specifico di impedire il compimento di un atto da parte del pubblico ufficiale –, si aggiunge l’avvenuto riconoscimento delle attenuanti concesse, di talché se ne desume che l’intervento dell’imputato “fosse stato determinato da quella che, a un soggetto all’oscuro della situazione anteatta, doveva apparire una sopraffazione gratuitamente violenta in danno di una persona debole”.

Conclude la Corte affermando come la condotta dell’imputato non possa ritenersi sorretta da una “volontà di ostacolare un atto di ufficio, ma da quello di protestare, sia pure in maniera corposa, contro un atto già compiuto”.

* Coordinatrice della Commissione "Cassazione penale" dell'Osservatorio


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La sentenza

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