Cassazione
: abbandono del tetto coniugale e addebito della separazione
di
avv. Mattero Santini*
Con
ordinanza n. 4540 del 24 febbraio 2011, i Giudici della Corte
Cassazione affermavano che in presenza di "giusta causa" nell'allontanamento
dalla casa coniugale di uno dei coniugi, non vi fossero i
presupposti per l'addebito della separazione.
Si
ritiene che tale comportamento, non costituisse di per sé
motivo di addebito, essendo invece necessario verificare se
esso fosse l'effetto dell'intollerabilità del rapporto oppure
la causa. Così il giudice, caso per caso, era chiamato ad
effettuare una valutazione la quale lasciava un ampio margine
di discrezionalità in ordine all'eventuale "scriminante" per
il coniuge allontanatosi.
Ad esempio, si è ritenuto ricompreso nel concetto di "giusta
causa", il coniuge che si allontana a seguito di una stabile
relazione extraconiugale dell'altro o il coniuge che subisce
ripetuti atti di violenza dall'altro.
La questione va pertanto esaminata sotto il profilo dell'ampiezza
delle scriminanti in presenza delle quali, un comportamento
di per sé illegittimo e motivo di addebito della separazione,
viene considerato legittimo.
Ciò
premesso, appare evidente che se di scriminanti si tratta,
debba farsi riferimento ad un principio generale affermato
dalla normativa e ribadito più volte dalla Giurisprudenza;
e cioè che l'allontanamento dalla residenza familiare, ove
attuato unilateralmente dal coniuge, e cioè senza il consenso
dell'altro coniuge, di per sé costituisce violazione di un
obbligo matrimoniale e conseguentemente causa di addebito
della separazione poiché porta all'impossibilità della coabitazione,
obbligo e presupposto stesso di un rapporto matrimoniale.
Si è sostenuto in Giurisprudenza che se la frattura del rapporto
coniugale è precedente all'allontanamento dall'abitazione,
della quale pertanto non poteva essere stato causa, l'addebitabilità
della separazione al coniuge che si allontani deve essere
esclusa senza necessità di verificare ulteriormente se il
comportamento dell'altro coniuge costituisca violazione dei
suoi doveri coniugali.
A
parere del sottoscritto, il criterio sopracitato è troppo
generico e soprattutto rimesso a valutazioni soggettive che
prestano il fianco ad un ampissimo margine di discrezionalità
da parte dei giudici di merito, con il rischio attuale di
valutazioni difformi da tribunale a tribunale in ordine a
situazioni pressoché identiche. Ritengo che sia necessario
un quid pluris affinché un comportamento codificato come "illegittimo"
e fonte di conseguenze giuridiche rilevanti anche sotto il
profilo patrimoniale (addebito della separazione), possa ritenersi
ammissibile e giustificato.
Si tratta quindi di valutare con il massimo rigore possibile
le situazioni in presenza delle quali l'allontanamento unilateralmente
determinato dall'abitazione coniugale possa ritenersi giustificato.
In particolare, incomberà sul coniuge che si è allontanato
l'onere della prova circa l'esistenza di quel giustificato
motivo che, rendendo oggettivamente intollerabile il protrarsi
della convivenza, ha legittimato il comportamento.
La
Cassazione Civile, con sentenza numero 2059 del 14.02.2012,
ha stabilito che l'abbandono del tetto coniugale prima della
domanda di separazione e senza una valida ragione fa scattare
automaticamente l'addebito. A maggior ragione se il coniuge
che ha reciso la coabitazione lo ha fatto per intraprendere
una convivenza more uxorio.
Infatti,
il coniuge, il quale provi che l'altro ha volontariamente
e definitivamente abbandonato la residenza familiare senza
aver proposto domanda di separazione personale, non deve ulteriormente
provare l'incidenza causale di quel comportamento illecito
sulla crisi del matrimonio, implicando esso la cessazione
della convivenza e degli obblighi ad essa connaturati, e gravando
sull'altra parte l'onere di offrire la prova contraria, che
quel comportamento fosse giustificato dalla preesistenza di
una situazione d'intollerabilità della coabitazione, nonostante
l'assenza della giusta causa prevista dall'art. 146 cpv. c.c..
Ovviamente,
in presenza di accordo tra le parti o nel caso in cui la parte
o le parti abbiano proceduto al deposito di un ricorso per
separazione, l'allontanamento dalla casa coniugale non rappresenta
motivo di addebito della separazione. In problema si pone
pertanto solo con riferimento alla valutazione del comportamento
del coniuge che si allontana adducendo l'esistenza di situazioni
talmente gravi da rendere intollerabile la prosecuzione della
convivenza e non una generica e non motivata "intollerabilità".
*Presidente
Nazionale Centro Nazionale Studi e Ricerche sul Diritto della
Famiglia e dei Minori
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