Reato
di stalking : problematiche nell'era informatica
di
avv. Giuseppe Siniscalchi*
Lo
stalking è reato secondo la previsione dell'art. 612-bis introdotto
nel codice penale dal nostro legislatore con il d.l. 23 febbraio
2009 n. 11 convertito in legge 23 aprile 2009 n. 38. Si
tratta di norma emessa con decreto legge, strumento sempre
più diffuso nel nostro ordinamento e divenuto quasi una regola,
contrariamente all'eccezionalità che dovrebbe caratterizzarlo.
Il richiamo lo faccio per il metodo, a mio giudizio criticabile,
con il quale nel nostro Paese (ed ancora in questi giorni)
continuano ad essere introdotte, in materia di Giustizia,
norme importanti che richiederebbero maggior confronto con
tutte le categorie e parti interessate. Il risultato è la
redazione, spesso, di articoli di legge estremamente lacunosi
e – nel caso in particolare dello stalking – vi è così maggior
rischio di censure di legittimità costituzionale, soprattutto
con riferimento alle valutazioni dei profili soggettivi contenuti
nella norma, come ad esempio il “perdurante stato di ansia
e di paura”, ecc. della vittima dello stalker.
Ciò che potrebbe dar ansia o paura a Tizio non avrebbe alcun
effetto su Caio o su Sempronio in mancanza di criteri univoci
trattandosi di stati soggettivi estremamente variabili da
persona a persona con conseguente indeterminatezza di profili
previsti come elementi costitutivi del reato di cui all'art.
612-bis c.p. Non è semplice conciliare tale previsione con
il principio, cardine del processo penale, di tassatività
della fattispecie e di cui all'art. 25 Cost. Cosicché potrebbe
avvenire quanto già accaduto per l'art. 603 c.p. (plagio),
oggetto di declaratoria di illegittimità costituzionale in
considerazione dell'estrema genericità ed incertezza del profilo
soggettivo a suo tempo indicato quale “totale stato di soggezione”
(v. la sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 1981).
Ciò
premesso, va detto che l'art. 612-bis è norma importante ed
indispensabile per punire condotte censurabili e che solo
di recente è stata introdotta dal nostro legislatore a differenza
di altri ordinamenti che già da tempo avevano, come hanno,
normativa penale al riguardo. Ricordo che altri ordinamenti
(come ad esempio quello austriaco) hanno preferito dare rilevanza
alla condotta dello stalker più che agli stati soggettivi
della vittima onde non incorrere in tali problematiche di
difficile soluzione ed a maggior rischio di profili di illegittimità
costituzionale. Occorre anche dire che non è assolutamente
agevole scrivere una norma in tema di stalking.
Dalla
semplice lettura dell'art. 612-bis c.p. emergono molteplici
profili di indeterminatezza tali da creare molti problemi.
Cosicché non è sempre agevole, talvolta, riconoscere la condotta
delittuosa. Le situazioni attraverso le quali potrebbe ritenersi
integrato il reato non sono classificabili in schemi rigidi
per la loro vastità. Ciò anche in considerazione della circostanza
che condotte, di per sé lecite – se reiterate nel tempo al
punto da determinare nella vittima, ad esempio, “un perdurante
e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un
fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto
o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero
da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini
di vita” – potrebbero costituire il reato di “atti persecutori”
di cui all'art. 612-bis c.p. e cioè il c.d. stalking.
Quest'ultima espressione parrebbe derivare dal linguaggio
tecnico-gergale della caccia e potrebbe tradursi come “pedinamento
furtivo”, “caccia in appostamento”, ecc. Per qualche esempio
di attività di per sé lecita ma che con la ripetizione assidua
nel tempo potrebbe assumere rilevanza penso: al prolungato
e ripetuto invio di mazzi di fiori (in ipotesi crisantemi,
per donna occidentale, o altro) da un ex fidanzato all'ex
fidanzata; all'invio di ripetuti sms e/o telefonate inquietanti
ad ogni ora del giorno e della notte; all'invio di oggetti
(di per sé non particolarmente significativi, come libri,
cioccolatini, ortaggi, ecc.) con frequenza anomala, ecc. Per
alcune pronunzie sarebbero sufficienti anche due soli episodi
ripetuti a breve distanza di tempo in presenza di tutti gli
altri requisiti soggettivi previsti dall'art. 612-bis c.p..
Sulla base di dati raccolti all'esito di recenti conferenze
svoltesi in Milano (alle quali farò cenno infra) risulta che
la maggior parte delle vittime del reato di stalking parrebbe
essere di sesso femminile. Il 55% dei casi riguarderebbe le
relazioni di coppia, il 25% questioni condominiali e 15% circa
casi sui luoghi di lavoro, scuola ed università. Sulla base
di dati esposti dal P.M. dott. Forno in occasione della conferenza
del 23 marzo 2011 – organizzata dall'Osservatorio sulla legalità
e sui diritti Onlus – le archiviazioni sui 574 fascicoli pervenuti
presso la procura della Repubblica di Milano nell'anno 1°
luglio 2009 – 30 giugno 2010 sono state 113; nell'ultimo periodo
su 750 denunce le archiviazioni sono state 210. Ciò significa
che vi sono molte denunce infondate, così come, al contrario,
vi sono pure casi gravissimi e che talvolta sfociano in condotte
violente costituendo il preludio di violenze sessuali, omicidi,
ecc.
Ecco
perché occorre massima cautela, attenzione e competenza per
riconoscere la condotta delittuosa ed a tal fine parrebbe
mostrare efficacia la misura preventiva dell'ammonimento adottabile
dal Questore nei confronti di eventuali malintenzionati. In
tali casi parrebbe utile ed auspicabile un'attività di tipo
mediatorio da parte degli organi di P.G. al fine di verificare
se fosse possibile il superamento delle problematiche oggetto
di eventuali denunce. Ritengo sia molto importante, per la
fattispecie di stalking, insistere sulla prevenzione ed attività
degli organi di P.G.
La
condotta di “atti persecutori”, tipica dello stalker, vede
oggi, a fronte delle nuove tecnologie, il notevole ampliarsi
di scelta delle tecniche persecutorie. Desta molta preoccupazione,
nell'attuale era informatica, la diffusione del c.d. fenomeno
di cyberstalking (persecuzione attraverso l'uso della rete,
social network, ecc., ad esempio).
Si pone in tutta la sua drammaticità il problema di soluzioni
il più possibile univoche, soprattutto con riferimento alla
“giurisdizione e competenza” e cioè alla individuazione del
luogo ove la persona offesa possa far valere, con efficacia,
il suo diritto di vivere in tranquillità, al riparo da atti
persecutori. Con
la rete il c.d. principio di “territorialità” mostra tutte
le sue incertezze trattandosi di fenomeno globale, privo di
confini.
Su
tali temi – in considerazione del limitato tempo a disposizione
in questa occasione – faccio rinvio ai convegni del 26
marzo 2011 ed 11
e 12 novembre 2011 organizzati con lodevole impegno da
parte dell'indipendente Osservatorio sulla legalità e sui
diritti Onlus, presieduto dalla dott.ssa Rita Guma e di cui
sono Coordinatore della Commissione per il cybercrime.
Per
quanto riguarda l'e-mail segnalo una pronunzia della Corte
di cassazione (la n. 24510/2010) che – seppur con riferimento
al reato di molestie ex art. 660 c.p. - ha escluso la sussistenza
del reato nell'ipotesi di utilizzo della posta elettronica
considerata come “mezzo di comunicazione asincrono” che non
comporterebbe “un'interazione immediata, o quasi, tra il mittente
ed il destinatario” non permettendo pertanto un'intrusione
diretta nella sfera del destinatario a differenza del telefono
o sms.
Non
è detto che tale orientamento potrà valere anche per lo stalking
in considerazione della diversità degli elementi costitutivi
di quest'ultimo reato rispetto alla minaccia. Occorrerà, a
mio giudizio, verificare caso per caso se, ad esempio, ripetute
mail di contenuto non idilliaco possano o meno determinare
nel destinatario la situazione soggettiva (stato d'ansia,
paura, ecc.) di cui all'art. 612-bis c.p.
Anche
per quanto riguarda la fattispecie di atti persecutori attraverso
il noto social network (Facebook) vi è già casistica giurisprudenziale
e penso sia nota a tutti, ad esempio, la sentenza emessa dalla
Corte di cassazione (n. 32404 del 30 agosto 2010) con la quale
i Giudici hanno confermato la custodia cautelare per atti
persecutori nei confronti di un uomo che molestava la sua
ex compagna diffondendo proiezioni di filmati, messaggi e
foto imbarazzanti, ecc.
Con
il notevole ampliamento di tali forme di comunicazione diffusissime
e che riguardano ormai milioni di utenti è prevedibile un
aumento esponenziale di problematiche con le quali anche gli
operatori del mondo del diritto dovranno sempre più confrontarsi
per la ricerca di soluzioni equilibrate.
*
coordinatore
della Commissione Cybercrime dell'Osservatorio, abstract
della relazione tenuta in occasione della conviviale del 24
gennaio 2012 presso il Rotary club Visconteo di Milano, palazzo
Bocconi
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