Ergastolo
ostativo : a 80 anni e malato di tumore ...
riceviamo
e pubblichiamo
"Là
dove cresce il dolore è terra benedetta. Un giorno o l’altro,
voi tutti riuscirete a capire cosa significa questo".
(Oscar Wilde)
In carcere capita spesso che si possa osservare meglio gli
altri che se stessi. E scrivendo si può essere la voce di
chi non ha neppure più la forza di avere voce. Questa è una
storia vera che nessuno scriverà mai in un giornale e mai
nessuno racconterà in televisione. Questa è una storia vera
che rimarrà prigioniera nelle celle, nei cortili e nelle sezioni
dell’Assassino dei Sogni (il carcere, come lo chiamo io).
Io ci provo a fare evadere questa storia dalle sbarre della
mia cella per farla conoscere aldilà del muro di cinta, al
mondo dei “buoni”.
Questa è la storia di S. L., detenuto nel carcere di Spoleto
in Alta Sicurezza, 80 anni compiuti l’estate scorsa, vecchio
malato e stanco. E destinato con certezza a morire in carcere
perché è stato condannato alla pena dell’ergastolo ostativo
a qualsiasi beneficio, se al suo posto non ci mette un altro.
L’ultima
volta che l’ho visto era questa estate e si muoveva a malapena
nel cortile del carcere con due stampelle sotto le ascelle.
Stava sotto il sole seduto in una panchina di cemento armato
tutto l’orario del passeggio a prendersi l’ultimo sole della
sua vita. Poi un giorno non l’avevo più visto. In seguito
avevo saputo che gli avevano trovato un tumore maligno allo
stomaco e l’avevano trasferito d’urgenza in un centro clinico
carcerario.
Proprio l’altro giorno ho saputo che era ritornato, l’avevano
operato, ma che adesso non riusciva più a camminare e gli
hanno dato una sedia a rotelle. Oggi, da un suo paesano, ho
saputo che per S. L. le disgrazie non sono finite perché gli
hanno applicato un residuo d’isolamento diurno.
A che serve e a chi serve applicare ad un povero vecchio in
fin di vita una misura così sadica e vessatoria? Molti forse
non sanno che l’isolamento diurno è una pena che si dà normalmente
quando si è condannati alla pena dell’ergastolo e che ti costringe
a non fare vita comune con i tuoi compagni.
Che
altro aggiungere, se non che il carcere non dovrebbe essere
uno strumento di tortura, mortificazione, un luogo di violenza
istituzionale e una fabbrica di emarginazione. E se siete
dei credenti, aggiungo solamente che Gesù nelle sue predicazioni
non chiedeva giustizia ma perdono. Visto però i risultati,
credo che Gesù abbia perso solo tempo a venire su questa terra.
Carmelo
Musumeci, Carcere Spoleto
 
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