La
Calabria , i media e l'assassinio di un giovane papa'
riceviamo
e pubblichiamo
La vita di Giuseppe, un parrucchiere di 24 anni, si è spenta
alla fine di una giornata di lavoro, mentre stava tornando
a casa in macchina con il figlio di 2 anni ancorato al seggiolino.
In una delle strade principali di Reggio Calabria, con il
traffico delle ore serali di punta, due persone con casco
e in moto si sono accostate alla macchina e lo hanno colpito
alla testa incuranti della presenza di un bambino di due anni.
Sembra
la scena di un film ambientato nella Chicago degli anni 30
mentre è la cruda realtà di un efferato delitto consumato
il 7 gennaio 2011 a Reggio Calabria. La notizia dell'assassinio
occupava ieri con grande spazio la prima pagina dei quotidiani
calabresi ma era completamente ignorata da grandi quotidiani
nazionali come il Corriere della Sera.
Oltre
ad essere ignorata da grandi quotidiani nazionali, la notizia
è stata rappresentata da giornali e tv locali come un tragico
fatto di cronaca che commuove per le modalità e per la giovane
età della vittima. Nessun articolo di approfondimento oltre
una cronaca netta che evidenzia la situazione pulita di persona
incensurata senza contatti con ambienti criminali. E' terribile
l'impressione che in alcune parti d'Italia, nei centri cittadini,
tra tanti automobilisti che passano e con tante telecamere
installate su uffici e negozi, si possa finire così la propria
vita, in una pozza di sangue davanti agli occhi del proprio
figlio di 2 anni.
Una
persona comune, un giovane padre che fa il parrucchiere può
essere ucciso per strada e suscitare solo il clamore di prima
pagina, per uno o due giorni, di due quotidiani regionali
e di alcune emittenti locali ? Il rischio è che l'assassinio
possa essere rubricato come uno dei tanti fatti di cronaca
tipici del luogo, molti di quali rimangono senza colpevoli.
Un'altra stranezza delle cronache tv e della carta stampata
locale è l'accento messo sul fatto che la vittima non avesse
contatti con il mondo della criminalità e che quindi, se ne
dedurrebbe un rompicapo per gli investigatori. Non si saprebbe,
cioè, da dove cominciare a indagare. Sembra che nessun cronista
abbia riflettuto sul fatto che la vittima lavorasse come parrucchiere
in un centro estetico e quindi a stretto contatto relazionale
con un pubblico e con tanti clienti ai quali, solitamente,
non si chiede di esibire il certificato del casellario giudiziale
nè di dichiarare preliminarmente i loro legami parentali o
semplicemente sentimentali con persone appartenenti ad ambienti
equivoci.
Giuseppe
potrebbe aver ricevuto confidenze delicate provenienti dalla
clientela? Oppure, visto il tipo di professione, potrebbe
incolpevolmente aver intrecciato amicizie e rapporti con persone
a rischio? Credo che in un paese dove il presunto attentato
a Milano ad un direttore di giornale ha occupato per giorni
e giorni la prima pagina di tutti i quotidiani nazionali e
le aperture dei Tg, non sia giusto e comprensibile come la
notizia della morte violenta e misteriosa di un parrucchiere
di 24 anni nel centro di Reggio Calabria possa essere marginalizzata
a fatto di cronaca locale di un giorno senza alcun approfondimento
o indignazione mediatica estesa a tutto il territorio nazionale.
Un bambino di 2 anni segnato per tutta la vita, una famiglia
distrutta da una barbara esecuzione, una comunità intera turbata
dall'insicurezza quotidiana. Sono elementi che meriterebbero
una risposta forte delle istituzioni e dei media. Mobilitare
le televisioni e i cronisti della carta stampata anche in
questo caso potrebbe servire ad incoraggiare i cittadini che
hanno visto ma che hanno paura di parlare, potrebbe contribuire
alla realizzazione tra i cittadini di un ampio e forte cordone
civico di solidarietà e di tutela reciproca.
Sarebbe da augurarsi che anche la trasmissione "Chi l'ha visto"
di Federica Sciarelli scendesse con coraggio tra le pieghe
martoriate del tessuto sociale reggino per aiutare gli inquirenti
ad individuare gli esecutori e i mandanti dell'assassinio
di Giuseppe Sorgonà. Sarebbe un modo giusto per dare a quel
bambino, seduto sul seggiolino, che ha visto crivellare di
colpi il proprio papà, una risposta comunitaria coraggiosa
e forte, un abbraccio protettivo, una restituzione di diritto
a lui e a tutta l'infanzia del nostro paese di nuova luce
e speranza per un futuro libero dalle mafie, dalle violenze
e dalle ingiustizie.
Domenico
Ciardulli
 
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