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09 gennaio 2010
tutti gli speciali

La Calabria , i media e l'assassinio di un giovane papa'
riceviamo e pubblichiamo

La vita di Giuseppe, un parrucchiere di 24 anni, si è spenta alla fine di una giornata di lavoro, mentre stava tornando a casa in macchina con il figlio di 2 anni ancorato al seggiolino. In una delle strade principali di Reggio Calabria, con il traffico delle ore serali di punta, due persone con casco e in moto si sono accostate alla macchina e lo hanno colpito alla testa incuranti della presenza di un bambino di due anni.

Sembra la scena di un film ambientato nella Chicago degli anni 30 mentre è la cruda realtà di un efferato delitto consumato il 7 gennaio 2011 a Reggio Calabria. La notizia dell'assassinio occupava ieri con grande spazio la prima pagina dei quotidiani calabresi ma era completamente ignorata da grandi quotidiani nazionali come il Corriere della Sera.

Oltre ad essere ignorata da grandi quotidiani nazionali, la notizia è stata rappresentata da giornali e tv locali come un tragico fatto di cronaca che commuove per le modalità e per la giovane età della vittima. Nessun articolo di approfondimento oltre una cronaca netta che evidenzia la situazione pulita di persona incensurata senza contatti con ambienti criminali. E' terribile l'impressione che in alcune parti d'Italia, nei centri cittadini, tra tanti automobilisti che passano e con tante telecamere installate su uffici e negozi, si possa finire così la propria vita, in una pozza di sangue davanti agli occhi del proprio figlio di 2 anni.

Una persona comune, un giovane padre che fa il parrucchiere può essere ucciso per strada e suscitare solo il clamore di prima pagina, per uno o due giorni, di due quotidiani regionali e di alcune emittenti locali ? Il rischio è che l'assassinio possa essere rubricato come uno dei tanti fatti di cronaca tipici del luogo, molti di quali rimangono senza colpevoli.

Un'altra stranezza delle cronache tv e della carta stampata locale è l'accento messo sul fatto che la vittima non avesse contatti con il mondo della criminalità e che quindi, se ne dedurrebbe un rompicapo per gli investigatori. Non si saprebbe, cioè, da dove cominciare a indagare. Sembra che nessun cronista abbia riflettuto sul fatto che la vittima lavorasse come parrucchiere in un centro estetico e quindi a stretto contatto relazionale con un pubblico e con tanti clienti ai quali, solitamente, non si chiede di esibire il certificato del casellario giudiziale nè di dichiarare preliminarmente i loro legami parentali o semplicemente sentimentali con persone appartenenti ad ambienti equivoci.

Giuseppe potrebbe aver ricevuto confidenze delicate provenienti dalla clientela? Oppure, visto il tipo di professione, potrebbe incolpevolmente aver intrecciato amicizie e rapporti con persone a rischio? Credo che in un paese dove il presunto attentato a Milano ad un direttore di giornale ha occupato per giorni e giorni la prima pagina di tutti i quotidiani nazionali e le aperture dei Tg, non sia giusto e comprensibile come la notizia della morte violenta e misteriosa di un parrucchiere di 24 anni nel centro di Reggio Calabria possa essere marginalizzata a fatto di cronaca locale di un giorno senza alcun approfondimento o indignazione mediatica estesa a tutto il territorio nazionale.

Un bambino di 2 anni segnato per tutta la vita, una famiglia distrutta da una barbara esecuzione, una comunità intera turbata dall'insicurezza quotidiana. Sono elementi che meriterebbero una risposta forte delle istituzioni e dei media. Mobilitare le televisioni e i cronisti della carta stampata anche in questo caso potrebbe servire ad incoraggiare i cittadini che hanno visto ma che hanno paura di parlare, potrebbe contribuire alla realizzazione tra i cittadini di un ampio e forte cordone civico di solidarietà e di tutela reciproca.

Sarebbe da augurarsi che anche la trasmissione "Chi l'ha visto" di Federica Sciarelli scendesse con coraggio tra le pieghe martoriate del tessuto sociale reggino per aiutare gli inquirenti ad individuare gli esecutori e i mandanti dell'assassinio di Giuseppe Sorgonà. Sarebbe un modo giusto per dare a quel bambino, seduto sul seggiolino, che ha visto crivellare di colpi il proprio papà, una risposta comunitaria coraggiosa e forte, un abbraccio protettivo, una restituzione di diritto a lui e a tutta l'infanzia del nostro paese di nuova luce e speranza per un futuro libero dalle mafie, dalle violenze e dalle ingiustizie.

Domenico Ciardulli


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